giovedì 29 novembre 2007

Benigni agli italiani "Parleremo d'amore"


L'attore toscano invita il pubblico a seguirlo il 29 novembre su RaiUno nella serata-evento "Il quinto dell'Inferno", in diretta dalle 20:30

"CARI Italiani, con immensa allegria e col cuore che cinguetta come un fringuello appena nato, il ventinove novembre in diretta su RaiUno staremo un paio d'ore insieme a parlare del regalo più bello che ci è cascato addosso. Dobbiamo capire cos'è l'amore. Ne tracceremo la storia. Dal primo libro della Genesi, all'ultimo libro di Bruno Vespa, dalla lettera di pace di San Paolo ai Corinzi, 'per quante cose io assuma in mio conto, se non ho l'amore io non sono nulla', alla lettera di scuse di Berlusconi a sua moglie, 'E dai Vero', stai buona, so' bagattelle', dalla rottura della pace tra Greci e Troiani secondo Omero, 'causa ne fu la divina femminilità di una donna', alla recente rottura della pace tra An e Forza Italia secondo Vittorio Feltri, 'la causa è una sola, problemi di gnocca'". Il ritorno in tv per l'attore toscano dall'ormai lontana e indimenticabile serata del 23 dicembre 2002, quella di L'ultimo del Paradiso, che tenne inchiodati alla tv 12 milioni 687 mila spettatori con il 45,48% di share. Senza contare, negli anni recenti, le folle oceaniche accorse nelle piazze e nei teatri italiani per applaudirlo nel suo TuttoDante, oltre cento repliche in quarantotto città e più di un milione di spettatori.
Una serata-evento, quella del 29 novembre, che culminerà nella lettura del Canto di Paolo e Francesca, ma durante la quale Benigni affronterà sì l'amore ma pure il sesso, "il motore del mondo", percorrendolo "nei suoi aspetti più estremi, dalla libidine sfrenata alla totale repressione, insomma da Casanova a Sandro Bondi". E la politica, "da Voltaire, 'non sono d'accordo con quello che dici ma sono pronto a morire purché tu lo dica', a Berlusconi, 'Chi vota a sinistra è un coglione'". "Parleremo della grandezza dell'Italia - continua Benigni nella sua lettera - per capire che cosa abbiamo fatto di bello per meritare città come Milano, Firenze, Roma dove sono nati uomini come Manzoni, Michelangelo, Cesare, e cosa abbiamo fatto per meritare città come Arcore, Ceppaloni, Montenero di Bisaccia e... non mi ricordo dove è nato Buttiglione".

E poi, naturalmente, "lasceremo parlare Dante, ci faremo dire da lui cos'è quella nostalgia dell'infinito, quella ventata di annientamento che ci precipita addosso quando ci si innamora e smantella tutta la nostra vita, quella sensazione felice, pericolosa e rara che unisce sensualità e tenerezza e ci rende immortali". "Ce lo faremo dire da lui - conclude Benigni - con parole antiche e commoventi che hanno attraversato i secoli per posarsi sulle nostre labbra. Nulla di solenne, semplicemente la bellezza. A giovedì".


(28 novembre 2007)

lunedì 26 novembre 2007

Fumetti e moda

Fumetti di moda

di Eleonora Attolico

Milo Manara disegna per Chanel, J. Scott Campbell per la Hogan. Nelle campagne pubblicitarie scoppia la mania dei comics: cataloghi, magliette, orologi e gadget si popolano di supereroi

La campagna Hogan

I fumetti stanno diventando un efficace veicolo di marketing? Sembra di sì a giudicare dalla profusione di campagne pubblicitarie ma anche dalle promozioni infarcite di personaggi disegnati su cataloghi, magliette, orologi, gadget e chi più ne ha più ne metta.

Una coppia fumettara azzeccata sembra essere quella formata da Milo Manara e Shalom Harlow. Chanel, infatti, ha chiesto al maestro di raffigurare la topmodel per la nuova linea beauty Précision Beauté Initiale. La scelta di Shalom non è casuale, compirà tra pochi giorni 34 anni ed è una musa ideale per promuovere una nuova gamma di prodotti dedicata alle trentenni. Il catalogo è quasi un'opera d?arte, un oggetto da tenere in salotto, dove la Venere di Manara appare in tailleur, in bicicletta, in blue jeans, intenta a struccarsi e a riposare in veranda. Sexy ma vestita, sensuale e provocante.

Altro fan del fumetto è Emanuele della Valle, figlio di Diego, che ha ingaggiato il disegnatore di Los Angeles J.Scott Campbell per la Hogan. E così, durante la presentazione a Milano della collezione primavera-estate 2008, è stato regalato agli invitati un pieghevole patinato e coloratissimo. Si tratta di una spy story che racconta le avventure di tre agenti segrete in giro per il mondo, dalla Giamaica a Panarea passando per Londra, Hong Kong Capetown. In ogni striscia le protagoniste indossano borsette e scarpe Hogan.

In grande spolvero anche le Super-eroine alla Wonder Woman e dintorni. Il Costume Institute del Metropolitan Museum di New York ha in programma dal 7 maggio al 1 settembre 2008 una mostra, voluta da Giorgio Armani, intitolata 'Superheroes, Fashion and Fantasy' dove saranno esposti costumi di scena, abiti di alta moda e sportswear dedicati ai vari personaggi.

Dal museo al negozio senza passare dal via. Le 'Catwoman' ad esempio piacciono a Fornarina. L'azienda di Civitanova Marche ha lanciato una T shirt dedicata alla nemica di Batman. Per promuovere le collezioni a fumetti, a fine settembre, ha organizzato uno spettacolo multisensoriale a Milano in via Mecenate con varie installazioni, una delle quali, era proprio dedicata alla Catwoman della Warner Bros.

Le pre-teenager italiane hanno la mania delle bambole modaiole. Lo sa bene Calzedonia che, in collaborazione con Giochi Preziosi, non solo ha vestito di autoreggenti, francesine e calze colorate le 'Hi Glamm Dolls' ma ha anche voluto ideare un fumetto che rispetti per filo e per segno il profilo di queste 5 pupattole. Il magazine è reperibile nei negozi Calzedonia ed è stato tradotto anche in francese e spagnolo.

Qualcuno si è anche voluto ricordare dei 40 anni di Corto Maltese. È il caso della Swatch che, per festeggiare il compleanno del marinaio di Hugo Pratt (1927-1995) ha realizzato due orologi. Uno in edizione limitata è in bianco e nero, l'altro raffigura Corto in pantaloni chiari, gilet rosso, cravatta allentata, giacca da capitano sbottonata e berretto.

(12 novembre 2007)

domenica 25 novembre 2007

Ancora mafia

Whisky, sigari e rolex... i vecchi simboli della nuova mafia
di Riccardo Marra

All'interno del bunker del boss Lo Piccolo la polizia ha scoperto uno scenario che ricorda da vicino le scene de Il Padrino di Ford Coppola. Tra gli altri oggetti: immagini sacre, pizzini ed un decalogo del buon mafioso

- Dossier: Mafia e antimafia, la parola allo storico

Dopo i primi giorni di grande confusione, sono state condotte ieri le ispezioni all’interno del covo del boss mafioso Salvatore Lo Piccolo, arrestato lunedi a Giardinello (Palermo) nel bel mezzo di una riunione decisionale con il figlio Sandro ed altri due uomini d’onore. Il bunker nel quale il barone di Cosa Nostra ha trascorso l’ultimo periodo dei suoi lunghi venticinque anni di latitanza, setacciato dagli investigatori, ha portato alla luce un vero tesoro di materiale, pizzini (che il boss aveva tentato invano di gettare nel water all’arrivo della polizia), ma soprattutto ha rispolverato un aspetto concettuale che pareva roba solo da libri di storia: la Mafia come filosofia di vita e come costruzione simbolica da imparare e impartire.

Così dopo la Bibbia ed i messaggi criptati di Provenzano, è stata una grande sorpresa scoprire che, assieme alla montagna di “nomi” venuta fuori tra gli appunti del barone Lo Piccolo, gli investigatori hanno rinvenuto un vero e proprio “decalogo del buon mafioso” probabilmente battuto a macchina dal boss stesso. La lista di regole da rispettare, trovata in mezzo alle tante carte di Lo Piccolo e divisa puntigliosamente in dieci punti, rispecchia esattamente tutto ciò che è lo stereotipo del mafioso e del suo modello di vita:

1)Non ci si può presentare da soli a un altro amico nostro, se non è un terzo a farlo
2)Non si guardano mogli di amici nostri
3)Non si fanno comparati con gli sbirri
4)Non si frequentano nè taverne nè circoli
5)Si ha il dovere in qualsiasi momento di essere disponibile a Cosa nostra. Anche se c'è la moglie che sta per partorire
6)Si rispettano in maniera categorica gli appuntamenti
7)Si ci deve portare rispetto alla moglie
8)Quando si è chiamati a sapere qualcosa si dovrà dire la verità
9)Non ci si può appropriare di soldi che sono di altri e di altre famiglie
10)Niente affiliazione per chi ha un parente stretto nelle varie forze dell'ordine, oppure chi ha tradimenti sentimentali in famiglia, o chi ha un comportamento pessimo e che non tiene ai valori morali


E, così, alla luce di questi precisi, ma anche improbabili precetti c’è da domandarsi se la mafia sia davvero poi così cambiata da tempi vetusti in cui i mafiosi giravano in abiti gessati, fumavano sigari, sorseggiavano buon whisky, avevano al polso costosi orologi d’oro ed erano sedicenti religiosi. Anche perché, se poi si aggiunge che nel buco di Giardinello dove concertavano i Lo Piccolo - alle cui pareti erano appese una serie di icone sacre - sono state trovate bottiglie di Chivas, di Jack Daniel’s, scatole di sigari cubani e nazionali, oltre al succitato "decalogo", allora il dubbio si fa più insistente.

Non c’è più da ironizzare, insomma, di fronte alla rappresentazione convenzionale e manieristica che nel mondo si ha della mafia. Non c’è più nulla da correggere quando un amico straniero ci balbetta di una mafia fatta di lupare, “famigghie”, collane d’oro e di padrini alla Vito Corleone.

Portano gli stessi vestiti, adorano gli stessi “vuoti santini”, partecipano allo stesso teatrino allegorico, insomma, quelli della vecchia mafia “verticale” con questi della nuova mafia “orizzontale” del nuovo secolo. Vivono della modernità dei processi economico politici, ma rimangono arcaici nelle movenze e nella loro immagine, questi nuovi picciotti.

E dunque esistono ancora i bravi di una volta che erano “guai a toccargli la madre o la moglie”?

Sembra di sì, ma comunque lo scopriremo al prossimo pizzino.


(08 novembre 2007)


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venerdì 23 novembre 2007

Pornoprof

E c'è anche chi propone un contributo economico per eventuali «spese legali»

«Anna mitica. Siamo nel Medioevo»
Il popolo della rete difende la pornoprof

Nel forum di Madameweb, l'insegnante sospesa per i suoi video a luci rosse, messaggi di solidarietà e sostegno

Un fermo immagine del video su You Tube (Ansa)
MILANO - «Anna è mitica» ma del resto «in un italia con il vaticano in casa cosa ci dovevamo aspettare?». Poi la denuncia: «siamo in pieno medioevo». In fondo «non stiamo parlando di pedofolia, ma di sesso tra persone adulte e consenzienti. Non c'è nessun reato, un provvedimento disciplinare di sospensione dal posto di lavoro é un atto grave». Dal forum di Madameweb. Di questo tenore, ma non solo (ce ne sono anche di più piccanti che elogiano le capacità amatorie della bella prof di Pordenone) e assai numerosi i messaggi di «appoggio e solidarietà» ad Anna Ciriani, l'insegnante, meglio nota come pornoprof, di San Vito al Tagliamento, sospesa dopo che il video a luci rosse che l'avvenente insegnante ha girato alla Fiera dell'eros di Berlino.

«CONTRIBUTO PER ANNA» - Per i forumisti sostenitori dell'audace prof tutto quello che sta succedendo è «vergognoso!!». «Anna dicci tu cosa dobbiamo fare e lo faremo... » scrive uno dei suoi sostenitori, mentre un altro suggerisce «Anna dovrebbe appellarsi contro la decisione, con un formale ricorso». E c'è pure chi propone di «protestare ... scrivere mail all'autore del provvedimento» e chi addirittura si dice «disposto ad offrire un contributo economico per sostenere eventuali spese legali» invitando contemporaneamente «tutti i frequentatori di questo forum a fare altrettanto. Un gesto simile sarebbe anche un bello schiaffo al falso moralismo ed all' ipocrisia della dirigenza scolastica regionale».

«DOVEVA EVITARE DI SBANDIERARE I VIDEO» - Messaggi di sostegno, manifestazioni di speranza, in qualche caso («vedrete che sicuramente il giudice darà ragione ad Anna e il provvedimento verrà revocato, posso scommetterci anche un miliardo di euro...questo provvedimento non ha nessuna giustificazione oggettiva dal punto di vista giuridico. E' carta straccia) ma soprattutto ritagli di un mondo giovanile che fa riflettere. Un ultimo esempio? La teoria di uno degli amici forumisti della pornoprof che scrive: «Quello che fa anna nella sua vita privata sono ka... suoi. Ma se inizia a PUBBLICARE su internet ciò che fa nella vita privata questa non sarà più tale ed è inevitabile che prima o poi si scontri con la sua sfera lavorativa». E fin qui potrebbe quasi sembrare una voce fuori dal coro. Ma poi si aggiunge: «Se considerate poi che non lavora in uno stanzino chiuso ma in una scuola media dove i ragazzini passano la maggior parte del loro tempo sui siti che mettono in mostra le prodezze della loro professoressa...è inevitabile che perda tutta la propria autorevolezza, indispensabile al suo ruolo. In buona sostanza anke se fa la prof può praticare tutti i tipi di sesso che desidera ma dovrebbe evitar di sbandierarli a destra e a manca...».


23 novembre 2007

mercoledì 21 novembre 2007

Se una notte d’autunno un viaggiatore

Se una notte d’autunno un viaggiatore
di Andrea Deioma

Una carrozza come tante, sulla linea ferroviaria Catania-Roma. Un viaggio normale, con compagni di scompartimento come tanti altri. Passeggeri diversi per passaporto e colore della pelle. Divisi dalla diffidenza. Accomunati dalla stessa paura.



Giusy fa fatica a portare il trolley. Fortuna che c’è suo padre in stazione. È lui che l’aiuta a salire nella carrozza 06. Giunta nel proprio scompartimento vede che tre dei sei posti sono occupati da stranieri, probabilmente marocchini o tunisini. La ragazza, dando le spalle a quelli che saranno i suoi compagni di viaggio, guarda suo padre. In quegli occhi preoccupazione. Lancia una tenera richiesta d’aiuto. Un grido d’allarme col silenziatore. Suo padre cerca di rassicurarla con un tiepido sorriso, ma dentro di lei c’è un’ansia tremenda. Maledetto aereo al completo, ci fosse almeno un poliziotto in ogni treno notturno! Per sondare la situazione l’uomo, barba incolta e cappello ben conficcato in testa, entra nell’angusto spazio avvertendo un’aria pesante. Chiede la destinazione dei tre, ma non capiscono una sola parola. Ci si aiuta a gesti e mostrando i biglietti. Ancora timidi sorrisi, stavolta da parte dei viaggiatori magrebini.


Il treno 1938 Bellini parte puntuale dalla stazione centrale di Catania. Qualcuno è contento che non si tratti dell’834 Freccia del Sud, soprannominato “Feccia del Sud”, per le scarse quanto leggendarie condizioni igieniche. I viaggiatori già scommettono sul ritardo che porterà all’arrivo. Sono le 22.05 quando il fischio del capotreno conferma la partenza dell’Espresso poco prima annunciata dalla metallica voce preregistrata degli speaker in stazione.


Le carrozze con cuccette e altre sistemazioni letto partono semi-vuote. La maggior parte dei passeggeri stanotte è in seconda classe. Scomodi e semplici posti a sedere. Proprio quando al viaggio in treno erano stati diagnosticati pochi anni di vita a seguito del calo delle tariffe aeree, ecco che le carrozze, che già col loro nome evocano lunghe traversate ottocentesche, continuano magicamente a riempirsi, forse ancora più di prima, impiegando grosso modo lo stesso tempo per giungere a destinazione. A scegliere questo mezzo di trasporto sono ancora in molti. Gli aereofobi proprio non ce la fanno a salire su un mezzo che per una strana formula matematico-fisica riesce a vincere la forza di gravità. Folta la schiera degli squattrinati che scelgono il posto a sedere piuttosto che una cuccetta: Giusy è tra i pendolari d’amore. Il suo ragazzo, prossimo alla laurea, vive poco al di fuori del raccordo anulare di Roma con la propria famiglia. La ragazza fissa il finestrino mentre, soffocate dall’oscurità, le ombre dei paesi costieri del Messinese scorrono velocemente. A Giusy, che sfoglia mentalmente la sua storia d’amore, scappa un timido sorriso. Torna in sé accorgendosi di non essere sola nello scompartimento. Un uomo molto distinto, salito sul treno a Giardini Naxos, sta dinanzi a lei e, alzando gli occhi dalla Bibbia che ha in mano, ricambia il sorriso; ma dallo sguardo della ragazza si accorge subito dell’equivoco.



Ancor prima di raggiungere lo Stretto lo scompartimento è al completo. Con Giusy, i tre extracomunitari e l’uomo di Chiesa, c’è anche un ragazzo di Acireale che però non resta mai seduto. Marco fuma nevroticamente una sigaretta dopo l’altra con la testa fuori dal finestrino del corridoio. Superate le prime prove psico-attitudinali e di cultura generale, spera di passare le prove fisiche che si terranno nel casermone di Tor di Quinto a Roma.


Per gli extra-comunitari viaggiare in treno è una scelta obbligata, vuoi per il prezzo (la maggior parte delle volte più basso di quello di un aereo), vuoi perché viaggiare in treno significa (per chi teme la legge) spostarsi senza controlli e senza il rischio di essere rintracciabili: il biglietto non è nominativo e il controllore si accontenta di visionarlo senza indagare oltre sul possessore.


Di comune accordo si decide di spegnere le luci dello scompartimento. I tre amici di colore appoggiano la decisione annuendo. Nel buio sei occhi spiccano più degli altri. Giusy si impressiona e, stringendo la borsetta tra le mani e il giaccone, cerca di addormentarsi. Marco, finite le sigarette, ha preso posto e sonno quasi nello stesso istante, non prima di aver controllato che i lucchetti del borsone fossero ben chiusi e aver dato un’occhiata fulminante a quei tre che non lo convincono tanto. Il ragazzo tiene la gamba destra adiacente alla porta dello scompartimento per controllare che nessuno entri o esca da quel posto.


Verso le undici e mezza si arriva a Messina. Solo dopo la mezzanotte il treno riparte per il porto dove verrà spezzettato in tre o quattro parti per essere inghiottito dalla pancia del traghetto. Durante la traversata nessuno dei sei sale sul ponte. Preferiscono restare con i bagagli. Una volta riassemblato, il treno riparte. Adesso si può prendere finalmente sonno, quello profondo. La prossima stazione è Napoli, soste tecniche escluse.


Nel cuore della notte la porta dello scompartimento si apre di colpo: i controllori non badano mai all’ora. Il sonno viene ripreso a fatica da tutti. La porta dello scompartimento si apre nuovamente, stavolta lentamente, stavolta non è il controllore. Si affaccia un ragazzo di colore, due denti storti e capelli arruffati. Nel buio più totale viene sorpreso da Marco che lo spinge fuori con la stessa gamba che sorvegliava l’entrata e gli grida “Che cazzo vuoi ladro di merda? Tornatene al tuo paese prima che ti gonfio!” Accorre il capotreno che chiede spiegazioni. Il ragazzo maltrattato si chiama Cristian. Suo padre è nato in Senegal. Sua madre è romana de Roma. “Ma guarda te ’sto ’nfame! Stavo solo a cercà ’n posto!” Marco neanche si sogna di chiedere scusa. Per lui sono tutti della stessa pasta, tutti venuti a rubargli il lavoro.


A Napoli scendono molti nigeriani. Vanno probabilmente ad incontrare i loro fornitori di merce marcata contraffatta. La luce del giorno comincia a varcare la linea dell’orizzonte, portando un po’ di tranquillità nello scompartimento. Dopo la mezza zuffa in piena notte nessuno ha preso più sonno. I tre magrebini con la paura di subire aggressioni. I tre italiani con quella di essere derubati.


(13 novembre 2007)

martedì 20 novembre 2007

un po' di cucina?

bucatini

Bucatini all'amatriciana

Ingredienti:

600 g di bucatini;
100 g di guanciale magro;
5 o 6 pomodorini da sugo;
1 cipollotto;
1 cucchiaio di olio extravergine di oliva;
1 pezzetto di peperoncino;
70 g di pecorino grattugiato;
sale.
N.B. La ricetta originale non prevede la cipolla ma un sugo fatto solo di pomodori san marzano o pelati. Essenziale il guanciale.

Procedimento:
Lavate con cura, i pomodori tagliateli a metà e spellateli.
Privateli dei semi, per quanto è possibile, e tagliateli a filetti.
Tagliate finemente la cipolla.
Tagliate il guanciale a dadini utilizzando un coltello molto affilato e dalla lama non seghettata: in tal modo eviterete di sfilacciarlo.
Mettete il guanciale in una padella con l’olio extravergine di oliva e lasciatelo rosolare a fuoco medio, finchè si sarà dorato in modo uniforme. Togliete il guanciale, fatelo sgocciolare ben bene e tenetelo da parte.
Versate nel fondo di cottura del guanciale il cipollotto tritato e il peperoncino. Lasciate rosolare per qualche minuto,quindi unite i filetti di pomodoro.
Salate moderatamente e continuate la cottura per circa 10 minuti. Alla fine eliminate il peperoncino, unite il guanciale e fate cuocere ancora 5 minuti.
Lessate i bucatini al dente in abbondate acqua salata. Scolate la pasta e versatela in una terrina piuttosto capace.
Conditela prima con il pecorino grattugiato e poi con il sugo all’amatriciana. Servite i bucatini ben caldi.

Preparazione: 10 min.
Cottura: 30 min.
Difficoltà: facile

E ora, un consiglio...

Er medico m'ha detto

« Commenda caro, è duopo che lo dica
ma l'italiano, escluso il proletario,
pappa tre volte più del necessario,
sottoponendo il cuore a 'na fatica.

Di fame, creda, non si muore mica,
piuttosto accade tutto l'incontrario,
e chi vol diventare centenario
deve evità perfino la mollica.

Perciò m'ascolti, segua il mio dettame;
io quando siedo a tavola non m'empio
e m'alzo sempre avendo ancora fame! »

Embè quanno che ar medico ce credi,
bisogna daje retta:mò, presempio,
l'urtimo piatto me lo magno in piedi
!

(Aldo Fabrizi)

lunedì 19 novembre 2007

un film contro lo sfruttamento dei bambini


Rosso Malpelo

Un film che riattualizza una novella dello scrittore siciliano Giovanni Verga per denunciare lo sfruttamento del lavoro minorile. Esce lunedì nelle sale Rosso Malpelo, per la regia di Pasquale Scimeca.

Vedi trailer.


La pellicola racconta la storia di Rosso Malpelo (così chiamato per il colore dei suoi capelli) un bambino povero, costretto a lavorare in miniera col padre. Un giorno suo padre muore, schiacciato sotto una frana nella galleria, e Malpelo rimane solo. Sua madre si risposa e va a vivere in un altro paese. La sorella anche lei se ne va col suo fidanzato e la casa viene chiusa. In miniera lavorano tanti altri bambini, ma ce n’è uno a cui Malpelo vuole un po’ di bene: Ranocchio. Ma Ranocchio, che alla miniera non era abituato, ben presto si ammala. Malpelo, che in cuor suo non è proprio cattivo, se lo carica sulle spalle e lo riporta in paese dalla madre, così almeno potrà morire in pace. Adesso è completamente solo, e quando il padrone della miniera (un ingegnere attaccato ai soldi e al profitto) lo manda a lavorare in una galleria lontana e pericolosa, lui ci va, tanto, pensa: “io sono Malpelo, e se muoio nessuno mi cerca”.

Girato in Sicilia, in provincia di Enna, proprio nei luoghi dove c’era il più grande bacino europeo per l’estrazione dello zolfo, il film affronta il tema dello sfruttamento del lavoro minorile, che ancora oggi riguarda nel mondo 218 milioni di bambini. E di questi, circa un milione trascorre l’infanzia in miniera.

Il film sarà proiettato in cento istituti scolastici italiani: il ricavato dei biglietti andrà a costituire un fondo presso la Banca Etica che servirà ad adottare i più piccoli in due comuni boliviani, Atocha e Cotagaita, nella regione mineraria del Potosì, dove ancora molti minori lavorano nelle gallerie.

sabato 17 novembre 2007

attenti alla lingua!


No al suicidio dell’italiano

di Magdi Allam

Aiuto, stiamo «suicidando» la lingua italiana! Dalla pubblica amministrazione alla scuola, dalla sanità alla giustizia, dalla religione alla sicurezza, dal lavoro alla pubblicità, ci affanniamo a persuadere le menti e a conquistare gli animi degli immigrati comunicando con decine di idiomi diversi, mobilitando un esercito di mediatori linguistico-culturali, anziché chiedere ed esigere che siano degli ospiti— che accogliamo dando loro l'opportunità di migliorare la loro condizione di vita — a conoscere e a dialogare nella nostra lingua nazionale.

Oltretutto, se ci pensiamo bene, l'italiano è la certezza che ci è rimasta di un'identità collettiva vilipesa e tradita dal rischio di estinzione a causa delle conseguenze letali del morbo del multiculturalismo sul piano della perdita dei valori comuni e condivisi. In un mondo in cui siamo soltanto noi a parlarlo e che ci ha già declassato a idioma di serie B, se siamo noi stessi a relativizzarne il valore all'interno stesso dell'Italia mettendolo sullo stesso piano di decine di lingue straniere, la sua morte certa sarà ancora più precoce dell'inevitabile tracollo demografico di una popolazione autoctona a tasso di natalità zero. Nonè una scoperta assolutamal'apparire sui tram milanesi della pubblicità della Kinder Ferrero in inglese, spagnolo e arabo ci costringe a una rinnovata riflessione.

Come interpretare il fatto che la parlamentare di An, Daniela Santanchè, decida di far pubblicare un manifesto a pagamento con una scritta in arabo che recita «Imparate l'italiano e sarete più sicuri dei vostri diritti, dei vostri doveri e del posto che vi spetta nella nostra Patria»? Perché in uno Stato che si rispetti un privato cittadino si accolla l'onere anche finanziario di esortare lo straniero a imparare la lingua nazionale? Non dovrebbe essere una prerogativa e un dovere del governo e delle istituzioni affermare la centralità dell'italiano? Evidentemente non è così visto che non solo non si ritiene che l'immigrato debba conoscere la nostra lingua, ma ci si rifiuta per ragioni ideologiche di prendere in considerazione tale ipotesi.

Tutt'al più si offre l'opportunità all'immigrato di imparare l'italiano, come è nei piani del ministro della Solidarietà sociale Paolo Ferrero, ma a condizione che sia lui a decidere se, quando e come accettare. E' stato il ministro dell'Interno Giuliano Amato, lo scorso 11 ottobre, a formalizzare il rifiuto del governo a chiedere all'immigrato di conoscere l'italiano. L'ha fatto con una battuta: «Se a mia zia fosse stato chiesto di recitare l'Oxford Dictionary quando sbarcò a Staten Island, probabilmente sarebbe stata respinta dagli Usa e rispedita in Sicilia a fare la fame perché, a quei tempi, lei e tanti altri emigranti parlavano a stento l'italiano». E questa è stata la sua conclusione: «Ciò che non hanno chiesto a mia zia non intendo chiederlo agli immigrati che arrivano in Italia». Il discorso di fondo è una esplicita opzione per una società multiculturalista in cui vengono relativizzate le identità, le culture, le religioni e le lingue.

In quell'occasione Amato ha presentato raggiante un opuscolo «In Italia in regola », tradotto in sette lingue straniere e stampato in un milione di copie. Iniziative simili sono state fatte da diversi ministeri che interagiscono con gli immigrati. Ebbene se lo Stato investe milioni di euro per tradurre le regole comuni e riuscire a comunicarle a chi risiede nello stesso spazio territoriale, significa che ha fallito in partenza perché non ha compreso che solo condividendo la lingua nazionale, in aggiunta ai valori e alla cultura, potrà iniziare il percorso per una costruttiva integrazione. L'investimento deve essere fatto non per rincorrere le lingue dei nostri ospiti,ma per vincolare l'ospite a conoscere la nostra lingua. Deve essere un obbligo, non un optional.

Non c'è poi da sorprenderci se al tradimento dell'italiano in patria si accompagna l'abbandono totale della sorte della lingua nazionale all'estero, concedendo spiccioli alla Società Dante Alighieri (solo 1,7 milioni di euro contro i 300 milioni del Goethe Institut) e assottigliando sempre più i finanziamenti agli istituti di cultura italiani nel mondo (17,5 milioni di euro nel 2006). Ecco perché è ridicolo che ci si scandalizzi se l'Unione Europea e le Nazioni Unite declassificano l'italiano. Ma se non ci crediamo noi stessi al valore della nostra lingua e l'abbiamo trasformata nel simbolo di un suicidio nazionale, perché dovrebbero riabilitarla e riesumarla gli stranieri?

24 ottobre 2007

venerdì 16 novembre 2007

Effetto serra, gli esperti Onu pessimisti

Domani la presentazione della bozza dell'Ipcc, il comitato intergovernativo "Le attività umane possono portare a cambiamenti senza ritorno"

Effetto serra, gli esperti Onu pessimisti "Ormai potrebbe essere irreversibile"




Effetto serra, gli esperti Onu pessimisti
"Ormai potrebbe essere irreversibile"

VALENCIA - Rischiano di rivelarsi "irreversibili" l'effetto-serra e, più in generale, le conseguenze del surriscaldamento globale del pianeta: è l'allarme lanciato dall'Ipcc, il Comintato Intergovernativo sui Mutamenti Climatici, nella bozza di rapporto in via di completamento dopo un'approfondita analisi dei dati relativi all'impatto del fenomeno.

Come riferito dal capo della delegazione francese, Marc Gillet, i contenuti del documento, che dovrà fornire ai governi nazionali le linee-guida in materia per gli anni a venire, sono stati in linea di massima approvati dagli esperti internazionali dell'Ipcc, riuniti a Valencia, dopo un'intera notte di trattative. "Le attività umane potrebbero condurre a cambiamenti del clima improvvisi o irreversibili", recita il testo concordato. L'ente scientifico, quest'anno co-assegnatario del premio Nobel per la Pace insieme all'ex vice presidente americano Al Gore, è stato istituito nel '98 su iniziativa di due agenzie specializzate dell'Onu: l'Organizzazione Meteorologica Mondiale, o Wmo, e l'Unep, il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo.

La relazione sarà ufficialmente adottata domani nella località iberica; seguirà una conferenza stampa cui parteciperà lo stesso segretario generale del Palazzo di Vetro, Ban Ki-moon.

(16 novembre 2007)

mercoledì 14 novembre 2007

Lasciata con una e-mail ne fa un'opera d'arte

Così finisce una storia d'amore
la lettera diventa un'opera d'arte


di CONCITA DE GREGORIO
La lettera è una qualunque lettera d'addio, se si può dire qualunque di un congedo. Breve, una paginetta. Lui è garbato, formalmente ineccepibile, apparentemente addolorato. È colto, inoltre. Un uomo che sa usare le pause e gli a capo. Uno scrittore, forse. Di certo uno che lavora con le parole. Il repertorio è classico, si direbbe un'antologia. "Avrei preferito parlarti a voce, infine ti scrivo". "Non ti ho mai mentito e non comincerò a farlo oggi”. Alcune specifiche di questa storia, poi l'inevitabile "ti ho amata nel mio modo e continuerò a farlo, non cesserò di portarti con me". La chiusura, infine. "Avrei preferito che le cose andassero diversamente". Le ultime quattro parole. "Abbi cura di te".


"Take care of yourself, prenez soin de vous, cuidate mucho". È qui, è sull'incongruenza emotiva di una frase che ha le sembianze di una premura che Sophie Calle costruisce la sua opera d'arte. Calle è un'artista tra le più amate del nostro tempo. Un'icona della modernità, una Louise Bourgeois del nuovo secolo. La Francia le ha affidato il padiglione di quest'ultima Biennale di Venezia: lei lo ha dedicato a raccontare come finisce un amore. Ha proiettato i video (guarda lo speciale interattivo) di molte delle 107 donne che leggono la mail di addio del suo amante: celebri e sconosciute, Jeanne Moreau e una studentessa di scuola media, Luciana Littizzetto e una cartomante, Victoria Abril e una stella dell'Opera. Un avvocato, una psicanalista, Laurie Anderson, una scrittrice di parole crociate, una campionessa di tiro con la carabina. A ciascuna ha chiesto cosa significa abbi cura di te, come si fa ad averne, come si affronta e come si supera il vuoto spaventoso dell'assenza? Ciascuna ha risposto nel suo modo: con un referto, con una canzone, con un gioco. La mostra, a Venezia - "Take care of yourself" - è stata visitata da migliaia di persone, è ancora lì fino a fine novembre.

lunedì 12 novembre 2007

la pausini vince

Las Vegas, la cantante italiana si aggiudica l'Oscar per la musica latina. Premiata per l'album "Yo canto", giudicato il migliore pop femminile

A Laura Pausini il Grammy latino
"Dedico il premio a Pavarotti"

La scorsa settimana anche il suo terzo World Music Award: "Sono latina dalla testa ai piedi, molto orgogliosa"




A Laura Pausini il Grammy latino: "Dedico il premio a Pavarotti""
Laura Pausini premiata a Las Vegas

LAS VEGAS - Con "Yo canto" Laura Pausini ha vinto il Latin Grammy per il miglior album pop femminile. L'artista romagnola, che ha cantato in duetto con Andrea Bocelli, ha ricordato Luciano Pavarotti al momento di ritirare il premio.

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E' un momento d'oro per la cantante, che continua a mietere successi internazionali ed è sempre più famosa all'estero: dopo aver ricevuto la settimana scorsa a Montecarlo il suo terzo World Music Award, Laura ha sbancato anche Las Vegas conquistando l'equivalente dell'Oscar della musica latinoamericana.

La Pausini ha celebrato questo nuovo successo con un commosso ricordo di Luciano Pavarotti, a due mesi dalla scomparsa del maestro, e ha detto di sentirsi sempre più un'interprete "latina". "E' stata un'avventura incredibile essere amata e riconosciuta dalla comunità latinoamericana da quando avevo 20 anni - ha raccontato - ora ne ho 33 e mi sento latina dalla testa ai piedi, sono molto orgogliosa di questo premio". Lo scorso anno la Pausini era diventata la prima cantante italiana a vincere un Grammy con il miglior album pop latino andato al suo "Escucha".

L'edizione di quest'anno del premio è stata dominata dal merengue e dalla bachata del dominicano Juan Luis Guerra, che ha portato a casa cinque statuette con la sua band 440. Anche Portorico sugli scudi con due premi ciascuno per il gruppo Calle 13 e per Ricky Martin. Manu Chao ha vinto per la migliore canzone alternativa con "Me Llaman Calle". Fra gli altri premiati anche il brasiliano Caetano Veloso con "Ce", miglior album di un cantante e cantautore e migliore canzone, sempre da quell'album.

(9 novembre 2007)

domenica 11 novembre 2007

un po' di ansia? guardiamo la tv...

Uno studio promosso da Meta Comunicazione con un pool di 60 psicoterapeuti analizza gli eccessi dei vari tipi di trasmissione, causa di stress nei telespettatori

"La televisione fa venire l'ansia"
Psicologi accusano Talk show e Tg

Ma hanno toni esagerati e allarmistici anche i programmi sportivi, di servizio e i reality



"La televisione fa venire l'ansia "Psicologi accusano Talk show e Tg"

MILANO - Guardare la televisione provoca ansia: lo sostiene uno studio promosso da Meta Comunicazione e realizzato in collaborazione con un pool di 60 psicologi e psicoterapeuti. Sotto accusa toni concitati, annunciatori che sembrano lanciare allarmi bomba, termini super allarmistici. Lo studio ha analizzato, per un periodo di 4 settimane, i contenuti, i toni e il lessico utilizzato in diverse tipologie di trasmissioni.

Il primo degli elementi sotto accusa è costituito dai temi trattati, che rappresentano la causa più evidente dell'ansia e dello stress che sempre di più si associano al piccolo schermo, come sottolinea il 63% degli intervistati. Scandali, efferati delitti, accuse e litigi che minano ogni fiducia nei confronti della politica e dell'economia del paese: sono solo alcune delle tematiche che quotidianamente vengono evidenziate in Tv.

Ma per l'84% degli esperti non sono solo gli argomenti di cui si parla a generare questo clima: a contribuire a far sentire il telespettatore letteralmente accerchiato è il modo in cui si parla di qualsiasi argomento, da quello più scottante a quello più tranquillo e leggero. Sotto accusa, infatti l'allarmismo (58%), ormai utilizzati in ogni tipo di trasmissione, dalle news ai contenitori di costume.

A questo si aggiungono poi i toni dei diversi servizi: a qualsiasi ora del giorno, infatti, anche quelli più normali vengono annunciati come se si stesse dando la notizia di una meteora che sta per colpire la terra. Insomma per il 51% i toni isterici che ormai dominano nel piccolo schermo rappresentano una delle maggiori cause dell'ansia che sempre più spesso prende chi resta troppo tempo davanti alla Tv.

Di conseguenza, il piccolo schermo sta perdendo la funzione di intrattenere, come dice il 34%, ma anche, sotto certi aspetti quella di informare (27%): il continuare ad utilizzare certi toni rischia di far mettere sullo stesso piano notizie e temi di importanza diversa, causando alla lunga una sorta di atarassia dell'informazione, dove il modo in cui viene data una notizia diventa più pregnante della notizia stessa.

Di fatto per il 63% degli intervistati la Tv sta sempre più diventando una fonte di stress (anche dal punto di vista acustico), genera ansia (55%) e aggressività (49%), ma fa venire anche l'idea di essere continuamente fregati (43%), tanto che si sta sviluppando una sorta di sindrome da accerchiamento, che rischia di avere conseguenze anche sulla vita quotidiana (43%).

Sicuramente in una sorta di classifica del grado di ansia catodica i Talk show sono al primo posto, come sottolinea il 58% degli esperti e conferma l'analisi dei programmi andati in onda nelle ultime 4 settimane. In media, infatti, ogni 6 minuti di messa in onda vengono utilizzati toni e termini che alzano il livello di ansia e aggressività, oltre al fatto che gli stessi temi trattati bombardano lo spettatore con tutto ciò che di più stressante avviene quotidianamente, che si tratti di politica, di scandali o di fatti di cronaca nera.

Subito dietro ai Talk show ci sono naturalmente i telegiornali (52%): sicuramente gli argomenti ansiogeni sono più concentrati, ma i toni e il lessico utilizzato sono più controllati e meno allarmistici (in media si raggiungono alti livelli di stress ogni 12 minuti).

Lo stesso vale per le trasmissioni sportive, dove l'ansia catodica sembra la costante per cercare di fidelizzare gli spettatori (45%, con i picchi di ansia catodica che hanno una frequenza media di uno ogni 15 minuti).
Seguono le trasmissioni di servizio, dove si vogliono tutelare i consumatori o dirimere controversie (41%, con i picchi di ansia catodica che hanno una frequenza media di uno ogni 20 minuti).

Ma ad essere messe sotto accusa sono anche le trasmissioni di costume e di puro intrattenimento come i contenitori pomeridiani (38%, dove i toni e gli atteggiamenti di conduttori e partecipanti fanno impennare il livello d'ansia in media ogni 21 minuti).

Seguono i reality (36%), che seguono lo stesso principio delle trasmissioni sportive e dove i toni e gli atteggiamenti di conduttori e partecipanti fanno impennare il livello d'ansia in media ogni 24 minuti.

(28 ottobre 2007)

immigrati a scuola

Ormai un terzo degli oltre 400mila iscritti all'educazione per adulti non sono italiani, moltissimi i romeni. Ma l'Italia è ancora indietro nella Ue

Di sera a scuola si parla straniero: boom di immigrati ai corsi per adulti

di SALVO INTRAVAIA



Di sera a scuola si parla straniero boom di immigrati ai corsi per adulti.

Valanga di stranieri nei corsi di istruzione serali e pomeridiani. In pochi anni, gli iscritti di nazionalità non italiana nei Ctp (i Centri territoriali permanenti per l'educazione degli adulti) e nei corsi serali, funzionanti presso le scuole medie e superiori, sono quadruplicati. Tanto da costituire, oggi, una delle voci più importanti nel bilancio demografico delle scuole destinate agli adulti che vogliono recuperare il tempo perduto e acquisire nuove competenze da spendere nel mondo del lavoro. Ma non solo. Scuole in cui possono iscriversi anche i giovani rimasti indietro negli studi e i tantissimi stranieri che intendono imparare a leggere e scrivere correttamente la lingua del paese ospitante e acquisire un titolo di studio.

Sono marocchini, cinesi e romeni i più assidui frequentatori. E, soprattutto, donne. Un trend in netto contrasto con gli alunni delle scuole ancora a maggioranza maschile. In totale, nel 2005/2006, gli stranieri che hanno frequentato corsi pomeridiani e serali sono stati quasi 128 mila, circa un terzo dei 425 mila alunni dell'Educazione per gli adulti. Per comprendere la dimensione del fenomeno basta portare due esempi. Nelle scuole materne, elementari, medie e superiori italiane gli alunni stranieri costituiscono il 5,6 per cento. E ancora. "Alla fine degli anni 90 la struttura demografica dell'utenza Eda era composta quasi esclusivamente da cittadini italiani", cita lo stesso rapporto che conclude: "Le imponenti dimensioni del fenomeno inducono a ritenere che in futuro vi saranno ulteriori aperture".

Fino ad oggi, i Centri per l'educazione degli adulti annessi a scuole medie o superiori hanno garantito un'offerta formativa differenziata in relazione alle esigenze degli utenti. E cioè: Corsi di alfabetizzazione culturale di scuola primaria, Corsi di scuola secondaria di primo grado, Corsi a favore di cittadini stranieri per l'integrazione linguistica e sociale, Corsi brevi modulari di alfabetizzazione funzionale e Percorsi di studio finalizzati al conseguimento del diploma di istruzione superiore. La maggior parte degli stranieri (il 56 per cento) frequenta i corsi pensati appositamente per loro, ma la restante parte si cimenta nella conquista di un diploma di terza medie e di scuola superiore.

L'interessante quadro emerge dalle statistiche predisposte pochi giorni fa dal ministero della Pubblica istruzione in occasione della pubblicazione del decreto che riorganizza l'istruzione per Adulti in Italia. Il provvedimento a firma del ministro, Giuseppe Fioroni, prevede tra le altre cose il conferimento dell'autonomia scolastica ai "Centri provinciale per l'istruzione degli adulti" che scatterà a partire dall'anno scolastico 2008/2009.

L'indagine ministeriale fornisce l'identikit degli alunni che frequentano i corsi pomeridiani e serali e uno spaccato abbastanza completo dell'attuale distribuzione sul territorio dei Centri per l'istruzione degli adulti e dei corsi che vi si svolgono. Attualmente l'Italia è una delle ultime nazioni europee nella classifica degli iscritti nei corsi per adulti (di età compresa fra i 25 e i 64 anni): uno dei cinque indicatori presi in esame dalla strategia di Lisbona nel 2000 per trasformare quella europea nella "economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale".

(10 novembre 2007)

domenica 4 novembre 2007

nuovo accesso per i prof italiani

Un emendamento alla Finanziaria prevede concorsi biennali"
Percorso universitario di 3/4 anni, poi un anno di tirocinio e due di prova

"Professori più giovani e stop al precariato"
Cambiano le regole per l'accesso alle cattedre

Ora il ministro Fioroni dovrà produrre il regolamento di attuazione della norma
di SALVO INTRAVAIA



"Professori più giovani e stop al precariato"

Cambiano le regole per l'accesso alla cattedra e tramontano le graduatorie dei precari della scuola. Da ora in poi, l'accesso all'insegnamento avverrà soltanto per mezzo di concorsi pubblici. La rivoluzione sul reclutamento e la formazione iniziale del personale docente è ancora all'inizio ma ieri ha segnato un primo importante passo in avanti. La Commissione bilancio del Senato ha approvato un emendamento alla legge Finanziaria che fissa, per l'assunzione dei futuri insegnanti, "concorsi ordinari con cadenza biennale". I particolari del percorso che porterà i giovani dalle aule scolastiche alla cattedra saranno contenuti in un regolamento che verrà scritto dal ministro della Pubblica istruzione, Giuseppe Fioroni. Attualmente, anche se non sono mai state applicate, le norme in vigore per la formazione e il reclutamento dei nuovi docenti sono quelle lasciate in eredità dal precedente esecutivo. Norme che saranno cancellate dalla Finanziaria 2008.

Con la nuova procedura il governo conta di centrare tre obiettivi: superare il precariato, reclutare insegnanti giovani e motivati e, soprattutto, persone che siano attrezzate per insegnare. Ma come? Con tutta probabilità per sedere in cattedra occorrerà frequentare un percorso universitario triennale/quadriennale a numero chiuso e, successivamente, acquisire una specializzazione biennale con "forte componente di tirocinio". Saranno riformate le Ssis (le Scuole di specializzazione per insegnamento secondario) e il numero dei futuri insegnanti sarà programmato in relazione al fabbisogno della scuola italiana. I posti disponibili dipenderanno dalle previsioni sul turn-over e sul trend della popolazione scolastica oltre che da una quota "fisiologica" di cattedre a tempo determinato: 30/40 mila al massimo.

Per coloro che, dopo l'intero percorso di studi, otterranno l'abilitazione all'insegnamento sarà la volta del concorso pubblico e, novità assoluta, dell'assunzione a tempo determinato (per uno/due anni) in cui verrà testata la capacità di insegnare. Solo dopo avere superato la prova della cattedra scatterà l'assunzione a tempo indeterminato. Niente più, quindi, anni e anni di precariato prima di acciuffare la cattedra. Il purgatorio dell'insegnante in futuro dovrebbe contare un anno di tirocinio e due anni di "prova".

Con questo meccanismo, dal diploma delle scuole superiori all'insegnamento potrebbero passare 8/10 anni al massimo. Con professori pronti per entrare in classe a 29/30 anni. Questa rivoluzione sul reclutamento dovrebbe anche consentire al nostro Paese di recuperare il gap con gli altri partner europei che annoverano insegnanti ben più giovani dei nostri. Le novità in cantiere saranno accompagnate dalla certezza dei concorsi pubblici: ogni due anni, appunto. "Occorre cadenzare i concorsi a cattedra - spiega Mariangela Bastico, viceministro della Pubblica istruzione - per dare certezze ai giovani. Ma non solo. La scuola italiana ha bisogno di immettere in ruolo insegnanti giovani, con elevate capacità didattiche e motivati. E prima ancora eliminare il precariato: non è possibile, dopo una trafila lunga ed estenuante, aspettare vent'anni prima di essere assunti".

Attualmente, per insegnare alla media o al superiore, occorre studiare cinque anni all'università e successivamente specializzarsi per due anni. Solo dopo sette anni si diventa precari e si comincia un viaggio in quella specie di inferno dantesco che è il mondo delle supplenze. Girone dal quale si esce attorno ai 40 anni, quando con un po' di fortuna si acciuffa l'immissione in ruolo. Inoltre, la maggior parte dei docenti italiani in servizio, compresi quelli reclutati l'estate scorsa, non ha avuto quasi nessun contatto con la "didattica". Metà proviene dalle graduatorie permanenti (ora ad esaurimento) e l'altra metà dai concorsi a cattedre.

I primi, dopo la laurea o il diploma, si sono sobbarcati anni di precariato imparando sul campo a "trasmettere le nozioni", a "tenere alta l'attenzione della classe" e "individualizzare l'insegnamento". I vincitori dei concorsi, in parecchi casi, non hanno potuto fare neppure questa palestra: si sono ritrovati in cattedra senza nessuna esperienza dopo avere superato uno scritto e un orale. Ma in ambedue i casi nessuno ha insegnato ai docenti le "strategie" più adatte per fare imparare agli alunni i concetti, le regole (anche della semplice convivenza civile) e per sviluppare le competenze. Per sopperire a questa carenza, otto anni fa, sono state "inventate" le Ssis che hanno affiancato, non sostituito, gli altri modi per ottenere l'abilitazione all'insegnamento. Ma non sembra abbiano dato i risultati sperati.

(2 novembre 2007)

giovedì 1 novembre 2007

Giubba rossa italiano

LE GIUBBE ROSSE PARLANO ITALIANO
Giuliano Zaccardeli è il capo della mitica polizia canadese


Giuliano Zaccardelli è ormai entrato nella leggenda, nato 53 anni fa a Prezza in Abruzzo, dal 2000 è il comandante delle mitiche Giubbe Rosse canadesi, la più famosa polizia a cavallo del mondo.

Il commissario Zaccardelli, soprannominato Zack, è nato nel piccolo paesino di Prezza e immigrato nel Canada a Montreal con la sua famiglia all'età di sette anni. ”Il dover pensare a me stesso, crescere a Montreal come immigrante ha avuto un grande effetto sul mio futuro, sulla mia carriera e sulla persona che sono diventato”.

Da ragazzo consegnava i giornali e quando era studente trascorreva i fine settimana al lavoro, conscio del fatto di essere un immigrato e consapevole che lo studio era uno strumento essenziale per emergere nella società del paese che l’aveva accolto.

All’inizio degli studi non aveva idea della strada che lo avrebbe condotto nelle Giubbe Rosse, era appassionato di storia, scienze sociali e arti liberali. I primi risultati scolastici non furono però incoraggianti e gli fu consigliato di iscriversi ad una scuola commerciale.

Questa apparente battuta d'arresto fu cruciale nel portare Zaccardelli alla sua attuale posizione. “E’ risultata essere una delle cose migliori che mi sia accaduta nella mia vita, perché in quel periodo le Giubbe Rosse cercavano personale con quella preparazione per contrastare la malavita dei colletti bianchi”.

“Sono stato attratto dall’uniforme e dal concetto di servire e di assumermi una responsabilità sociale, così mi sono arruolato nel 1970”.

La carriera di Giuliano Zaccardelli nelle Giubbe Rosse è stata in costante ascesa, segnata con dalle promozioni e dalle responsabilità sempre crescenti. L’inzio ad Alberta dove ha trascorso quattro anni con le funzioni di sorveglianza generale.

Nel 1974 è stato trasferito alla sezione commerciale del crimine di Toronto, dove le Giubbe Rosse stavano studiando il crimine organizzato italiano.

“L’andare a Toronto è stato molto utile alla mia carriera. Mi sono reso utile ai colleghi per la mia conoscenza dell’italiano, ma mi ha anche dato l'occasione per dimostrare determinate abilità e competenze nel campo del crimine dei colletti bianchi, lavorando nel centro finanziario del Canada.

I suoi successi non sono passati inosservati e Zaccardelli è stato trasferito in 1981 alla sezione crimini commerciali di Calgary, dove ha servito come capo degli investigatori. Cinque anni più tardi, è stato nominato ufficiale superiore ad Ottawa con l’incarico dell'immigrazione. Si sono poi susseguite altre promozioni sino a aiutante commissario nel 1995 e vice commissario delegato nel 1998.

Il 2 settembre 2000, Giuliano Zaccardelli è stato nominato quale ventesimo commissario delle Giubbe Rosse avendo le giuste qualità per guidare la forza nazionale della polizia del Canada.
Come commissario, Zaccardelli è responsabile di 22.000 poliziotti suddivisi in quattro sedi regionali, 14 divisioni e 750 delegazioni. Al primo posto c’è la lotta al terrorismo ed al crimine organizzato.

“Quella è gente che non va a dormire alle nove di sera – dice Zack- ci sono organizzazioni criminali molto specializzate che operano su scala mondiale e sono una preoccupazione enorme per tutti noi, non solo in Canada, ma in tutto il mondo. Per questo occorre la massima collaborazione a livello globale. Le tecnologie sofisticate e la possibilità di spostarsi velocemente, favoriscono i terroristi e le organizzazioni criminali, per questo occorre essere capaci di risposte rapide ed efficienti”.

La sua idea è particolarmente radicale, sostiene infatti che il crimine va sradicato e per questo sottolinea come sia cambiato il modo di operare delle Giubbe Rosse che oggi sfruttano l’intelligence per prevenire più che per reprimere a fatti avvenuti perché “quando il crimine è stato commesso è ben poca soddisfazione agguantare il colpevole”.

Impegnatissimo a reprimere il crimine ed a partecipare a meeting internazionali di polizia, fortunatamente, Giuliano Maccarelli è un uomo che sa mantenere un grande equilibrio tra la vita professionale e quella privata:Ama andare a cavallo (come potrebbe altrimenti essere una Giubba Rossa?) e giocare a golf. Smette di lavorare alla come può e si gode la vita; in fondo è pur sempre un italiano.