mercoledì 22 dicembre 2010

I NAVIGLI MILANESI



I Navigli a Milano, antico porto fluviale, sono una proposta da visitare nella città della moda italiana. Sotto un'informazione tratta dalla Wikipedia.

Milano come Venezia? Un servizio pubblico di linea, per i giorni festivi

I Navigli sono un sistema di canali irrigui e navigabili, con baricentro Milano, che metteva in comunicazione il lago Maggiore, quello di Como e il basso Ticino aprendo al capoluogo lombardo le vie della Svizzera e dell'Europa nordoccidentale, dei Grigioni e dell'Europa nordorientale e, infine, quella del Po verso il mare. Col regime regolare delle acque dei navigli si irrigarono e resero produttive vastissime aree, collegandosi con l'opera di bonifica iniziata dai monaci delle abbazie a sud della città già nel X secolo. La costruzione dell'intero sistema è durata dal XII al XIX secolo. La Cerchia dei Navigli, o fossa interna, rappresentava la "cerniera" cittadina che consentiva il funzionamento del sistema nel suo complesso.


L'imbocco del laghetto di Santo Stefano, accanto alla Ca' Granda, nel 1870

Navigli è anche il nome del triangolo di Milano delimitato dal Naviglio Grande e dal naviglio Pavese che ha come vertice la darsena di porta Ticinese e che copre una buona parte del quadrante sudoccidentale della città.

I navigli che fanno parte del sistema dei Navigli milanesi sono:

Nelle vicinanze della città transitano altri due canali importanti:

che hanno rispettivamente origine dall'Adda e dal Ticino.

Per sapere di più

In riva ai navigli oltre a ristoranti e locali d'ozio possiamo anche trovare un mercatino delle pulci con bancarelle con tanto di roba vecchia e oggetti svariatissimi. Guardate il video.

lunedì 20 dicembre 2010

GIOCO FOTOGRAFICO

Sotto potete vedere diverse fotografie riguardanti una zona d'Italia. Ci sono due film e le corrispondenti città in cui si girarono, due vulcani, un tempio antico, un mulino a vento e un piatto della gastronomia locale.

Ecco i vulcani, quali sono i loro nomi?


Ecco gli indizi per i film e le città, nel secondo caso si son girati tanti film e anche la fiction del Commissario Montalbano.

Il primo film ottenne un Oscar e si girò un questo paese.



Sopra un'immagine del secondo film, sotto lo stesso posto nella realtà.


Chi creò il celeberrimo commissario che mangiava in questa trattoria?




















A pochi chilometri di questo mulino, in una città celebre per il vino e Garibaldi,















mangiai uno squisito..
















E infine il tempio di...

Buona ricerca!!!

E...

martedì 14 dicembre 2010

ROMANZO STORICO DI ECO

umberto eco

Il cimitero di Praga l'ultimo romanzo di Umberto Eco, è stato presentato ieri dal semiologo italiano a Madrid. Si tratta di un’avvincente romanzo storico sullo sfondo della Praga del XIX secolo, tra intrighi, idee rivoluzionarie, spie e lotte per far pendere a proprio favore l’instabile bilancia del potere dell’epoca.



I lettori sperano in un ritorno alle origini per il noto intellettuale italiano, che con capolavori come Il nome della rosa e Il pendolo di Focault ha portato questioni storiche e filologiche di primaria importanza fuori dalle biblioteche e dalle università per farli entrare nelle case di tutti. Il cimitero di Praga arriva sei anni dopo l’ultimo lavoro di Eco, La misteriosa fiamma della Regina Loana, incentrato sul legame tra la memoria individuale e quella collettiva. Ma forse ai lettori più affezionati è mancato il pathos dei primi romanzi, il che giustifica l’enorme aspettativa intorno alla nuova fatica dell’autore.

Da noi l'autore italiano ha parlato della politica del suo paese y della situazione del mondo. Ha dichiarato, tra altro, che "Berlusconi è uno zombi, molto pericoloso" e che attorno a noi ci sono tante falsificazioni. Lo scrittore ha anche criticato Il Vaticano che ha fatto che vendesse 100.000 copie in più della suo ultimo romazo. Opinioni autorevoli e sempre geniali da considerare al di là della presentazione di un'opera letteraria.


domenica 12 dicembre 2010

VIAGGIANDO CON TABUCCHI


Tabucchi: "I miei mondi da scoprire"

Mario De Santis


Intervista allo scrittore, che in "Viaggi e altri viaggi" traccia una mappa ideale tra letteratura e geografia. "Ma la cosa più importante sono le persone che si incontrano"

QUALCOSA hanno in comune l'Australia e Mumbai, il Jardin des Plantes di Parigi e la Cappadocia, Creta e Washington. Sono alcuni dei luoghi richiamati nella mappa ideale e singolare disegnata da Antonio Tabucchi. Che ha molto viaggiato e molto dei suoi viaggi ha raccontato. Scoperte, bellezze e differenze che ritroviamo in Viaggi e altri viaggi (Feltrinelli), in cui l'autore mette insieme i luoghi visitati e le parole, non solo le sue, che li hanno descritti. Lisbona e Pessoa. L'Egitto di Ungaretti. L'Amazzonia e Il ventre dell'universo. Tutto narrato da chi, come lui, dice di muoversi "portando con sé due caratteristiche della cultura contadina: la diffidenza e la curiosità".

Antonio Tabucchi, a che cosa è legata la sua prima esperienza di viaggio?
"A un mio zio che da Pisa mi portava in gita a Firenze, in treno. Ero bambino, un'avventura totale. Il viaggio verso la grande città, poter andare a zonzo, i musei, i dipinti che per me erano opere stupefacenti, più grandi di quanto siano realmente. Di fronte al Cristo di Cimabue rimasi annichilito".

Viaggi e scrittura. In che modo si intrecciano nella sua vita?
"Io non ho mai viaggiato per scrivere. A volte porto con me un taccuino ma altre non ho scritto nulla. Però i luoghi sono prepotenti. Ti restano addosso come certi odori e ne viene assorbita anche la scrittura. E' il materiale reale delle cose, io la chiamo la crosta del mondo, ha una sua forza che s'impone sui pensieri. La descrizione prende il sopravvento anche sull'ego dello scrittore".


Un esempio che le è caro: in che modo arrivò a scoprire il Portogallo?
"Ero studente a Parigi. Dopo il liceo, spinto da mio padre, andai alla Sorbona come auditore libero. Per vivere facevo il lavapiatti. In un negozio alla Gare de Lyon vidi un piccolo libro, un po' usurato. Mi serviva qualcosa per passare il tempo in treno e quello costava poco. Il titolo era Bureau de Tabac, lo aprii e vidi che era di poesie. Sulla sinistra una lingua che non conoscevo, sulla destra la traduzione francese. Era la prima traduzione in assoluto di Fernando Pessoa, fatta da un certo Pierre Hourcade, addetto culturale dell'ambasciata di Francia a Lisbona negli anni Trenta. In quella poesia meravigliosa ci cascai dentro e pensai: come mi piacerebbe imparare la lingua di quel poeta. Tornato in Italia mi iscrissi a Lettere e scoprii che c'era un corso di Lingua e letteratura portoghese. Ebbi ottimi voti, vinsi una borsa di studio e mi dissero: vuoi andare in Portogallo? Così partii. Era il 1965".

Che paese scoprì, all'epoca?
"Un paese chiuso, che aveva voltato le spalle all'Europa, soffocato dalla dittatura. Ebbi l'incarico di portare qualche lettera a poeti e scrittori che vivevano da perseguitati. Diventai loro amico. Mi affascinò quel paese che aveva avuto un rinascimento straordinario, circumnavigato il mondo, conquistato terre e ricchezze e ora era ridotto così. Ma attenzione: se fu un libro a portarmi in Portogallo, la letteratura non è sufficiente a farci restare. Per quello, ci vogliono le persone".

Lei a volte ha viaggiato spinto da un libro, oggi prima di partire si consultano guide dettagliatissime. E' meglio limitarsi alle atmosfere, magari vaghe, di un romanzo, o documentarsi prima?
"Si può usare uno scrittore come un tour operator. Si va a Buenos Aires e si vede solo la città di Borges o a Dublino quella di Joyce. Se si riesce a fare la commistione tra il viaggio letterario e quello concreto, delle persone e della storia di un paese è meglio, c'è il materiale e l'immaginario come dicevano Cesarani e De Federicis nel loro manuale. Ecco, Bloom cammina per la città e beve una birra? Beviamola anche noi, una birra...".

Si chiamano viaggi ma di fatto è turismo, un'esperienza predefinita che si acquista a pacchetto chiuso...
"Il turismo è un'altra cosa ma del resto siamo tutti turisti. Anche in quel caso c'è un mondo da osservare. A Cancun mi sono trovato per sbaglio in un hotel di comitive tedesche e americane. Alla fine ho scritto di loro, più che del Messico che avevo intorno. Molti, come Chatwin, avevano cercato sentieri non battuti ma da almeno vent'anni è impossibile trovare posti nuovi. Ma basta stare un po' attenti e si possono scoprire cose che altri non hanno visto. In un viaggio, la cosa più importante sono le persone che si incontrano. Se si fa finta di non vederle e si osservano solo i paesaggi, è finita. Se si scambiano anche poche parole, ogni viaggio è diverso e si esce dal preconfezionato.



C'è un luogo dove non è stato mai e dove pensa di andare?
"C'è ma temo di non farcela fisicamente. Più che una località, è una precisa tipologia di luogo: mi piacerebbe visitare gli osservatori astronomici in alta quota per conoscere le persone che stanno lì per mesi a guardare l'universo di fronte alle montagne. Ce n'è uno in Perù, sulle Ande, a 4-5 mila metri d'altezza. Mi piacerebbe capire che cosa pensa una persona che sta isolata per mesi a guardare le stelle".

Prendiamo l'archetipo dei viaggi e della letteratura per eccellenza: l'Odissea. Un viaggio è tale anche perché c'è un' Itaca dove si deve tornare. Lei viaggia, vive a Parigi e Lisbona. Qual è la sua Itaca?
"Aveva ragione Kavafis nella sua poesia Itaca: il viaggio conta in sé e non va comparato a Itaca perché poi, quando si torna, ci sia annoia. Io invece credo che il "nostos", la nostalgia del ritorno, quello che Dante definisce per il suo Ulisse "il desìo", lo struggimento per il ritorno, sia un sentimento utile. La mia Itaca è la Toscana. Mi trovo bene anche a vivere altrove ma non credo ad affermazioni tipo "la mia casa è il mondo". I latini dicevano "ubi bene ibi patria" ed è vero, però c'è un posto che uno sente suo. C'è un verso di Rilke che cito nel libro, è nei Sonetti a Orfeo, si rivolge all'aria e dice: "aria, mi riconosci tu che conoscevi le cose che una volta erano mie?".

Quando torna in Italia, la osserva da straniero?
"Credo che uno scrittore sia sempre un viaggiatore straniero perché il suo occhio da osservatore si pone da fuori, estraniato. E' inevitabile che io, essendo scrittore, sia anche un osservatore".

In che modo osserva, allora, l'Italia di oggi, quella - al di là della classe politica - berlusconiana? Si riconosce in questo Paese?
"C'è una stampa internazionale molto critica verso Berlusconi e ora stiamo scoprendo anche il giudizio delle diplomazie nei documenti riservati, la mia voce critica sarebbe minima rispetto a tutto ciò. Quanto al Paese, credo che uno scrittore debba essere sempre critico, si critica un paese perché lo si ama, si vorrebbe fosse migliore. Verso Berlusconi sono sempre stato molto critico, da quando è apparso: un figurino milionario percepito come un clown ovunque si vada. Parlano di lui e dell'Italia e sghignazzano, questo fa male, da italiano, è umiliante. Anche alla Germania è capitata la stessa cosa, era il paese di Goethe e della filosofia e in pochi anni si è trasformato nel paese di Hitler. I modelli peggiori sono quelli facilmente imitabili e funzionano, quelli migliori hanno bisogno di sforzo e cultura. La civiltà è fatta di sforzo, altrimenti se si lascia tutto all'istinto, il peggio prevale".



Visto che cita Goethe, l'autore del Viaggio in Italia, un'esperienza come quella quella del Grand Tour che ha formato le coscienze europee dell'epoca, chiudiamo con una analogia: oggi dove si dovrebbe fare il Grand Tour per formare le coscienze dei giovani?
"Quanto all'educazione al bello, ci sono certe opere dell'umanità miracolosamente conservate e un nuovo Grand Tour potrebbe cominciare dalle piramidi d'Egitto. Per la coscienza, però, bisogna andare nei paesi più poveri dei nostri. Credo ci sia molto da imparare e da riflettere nel paragone fra la nostra ricchezza e quelle privazioni. Lo stesso vale per i Paesi in cui c'è stata la guerra. Certo, non è un bel tour, sono esperienze negative, forti, non hanno a che fare con la cultura e l'arte come per il Grand Tour di due secoli fa. Ma lì un giovane imparerebbe molto".

Da: la Repubblica.it 12/11/2010

venerdì 3 dicembre 2010

SUCCESSONE ALL'EOI

Mercoledì, il Prof. Luca Di Dio, Università Ca' Foscari di Venezia e Scuola EDULINGUA, ebbe un grande successo, nella sua 2ª presenza (la prima fu nel 2007) all'EOI di Gandia.


Il prof Di Dio in un momento del suo intervento

L'interesse della sua conferenza "L'Italia dei dialetti" riuscì a riempire per prima volta la SUM della nostra EOI.


Gli assistenti alla conferenza.


Si Canta.

Gli allievi furono presto cattivati dall'allegria comunicativa del docente italiano che alle parole ed i mezzi visivi unì delle canzoni tradizionali rappresentative dei dialetti italiani, sempre accompagnato dalla chitarra. Fu un percorso fresco e molto apprezzato dagli studenti.

Il famoso applauso in bocca.

La seconda parte dell'evento fu una multitudinaria cena con pizza e chitarra della quale però siamo in attesa di ricevere qualche fotografia.


Il gruppo NB1 delle 17

Per quelli che siate interessati la EDULINGUA è una Scuola di italiano per stranieri che ha sede a Castelraimondo, nelle Marche. Potete informarvi presso il Dipartimento d'Italiano dell'EOI.

sabato 20 novembre 2010

L’ITALIA DEI DIALETTI

Da non perdere!!!




Il Prof.LUCA DI DIO insegnante di lingua e cultura italiana in Italia, collaboratore dell’Università di Venezia (Master Itals) e la Scuola EDULINGUA -Laboratorio di Lingua e Cultura Italiane- di Castelraimondo ci offriranno un percorso nella storia della lingua italiana nelle sue varietà regionali attraverso le canzoni.

Presso la nostra EOI di Gandia
, mercoledì 1 DICEMBRE. Ore 19.00

Alla fine della lezione andiamo insieme alla pizzeria L'ANTICA C/ Madrid 20, Gandia, per una CENA ALL'ITALIANA: PIZZA E CHITARRA



Ingresso libero

martedì 9 novembre 2010

VIENI VIA CON ME: NUOVO PROGRAMMA SU RAITRE

Benigni, Saviano, la macchina del fango
E' "Vieni via con me", ritratto dell'Italia

Su RaiTre la prima puntata di "Vieni via con me", con Fabio Fazio e lo scrittore. Che nel suo primo intervento spiega il meccanismo della diffamazione, cita il caso Boffo, Caldoro e la casa di Montecarlo e mette in guardia, "un conto è la privacy, un altro è scegliere le proprie amiche da cadidare, un'altra finire nelle mani di estorsori: questo smette di essere privacy e diventa condizionamento della cosa pubblica"

di ALESSANDRA VITALI

ROMA - Se, come dice Roberto Saviano 1, "nella televisione italiana il diritto a parlare lo conquisti con gli ascolti", tutto fa pensare che meriti una rubrica quotidiana su una rete Rai. Perché - ma sarà lo share a parlare, ferma restando l'insondabilità dei gusti del pubblico italiano - c'è motivo di credere che la prima puntata di Vieni via con me - spazio faticosamente conquistato su RaiTre dopo le contrarietà di viale Mazzini e le polemiche - di pubblico ne abbia conquistato parecchio.

La leggerezza di Fabio Fazio - co-conduttore insieme all'autore di Gomorra - che elenca "le prostitute che lavoravano a Pompei prima dell'eruzione, quelle colte e raffinate che si vendevano per influenzare i clienti potenti che gestivano la politica, poi è crollato tutto ma il crollo continua ancora adesso"; la linearità con cui lo stesso Saviano illustra il meccanismo della macchina del fango - Boffo, Cosentino, la casa di Montecarlo, anche Giovanni Falcone -; l'ironia coraggiosa con cui Nichi Vendola sciorina ventisette modi per dire omosessuale (gli elenchi sono uno dei perni del programma) ma pure le drammatiche forme di "espiazione" loro riservate; Roberto Benigni che travolge trascina e infine emoziona cantandola, la canzone che dà il titolo al programma, Vieni via con me; Claudio Abbado che difende la cultura dai tagli perché "è come l'acqua, come la vita".

VIDEO: L'INTERVENTO DI SAVIANO 2

VIDEO: L'ELENCO DI VENDOLA
3

CONSIGLIATO: VIDEO: BENIGNI CANTA BERLUSCONI 4

Il Paese, gli elenchi, la gente comune. Tre punti dai quali il programma parte per un viaggio in Italia attraverso incognite, antinomie, incertezze ma pure prospettive, aspirazioni, speranze. Quelle di una signora di 88 anni - è l'attrice Angela Finocchiaro a leggere una sua lettera - che prende 500 euro di pensione e dice di aver lottato una vita per un'Italia più giusta "e ancora spero di vederla"; quelle di una giovane precaria che fa la lista di tutti i lavori che ha fatto per pagarsi l'università; quelle di una suora che vuole la moschea a Torino e spiega perché.

Che avrebbe parlato della macchina del fango, Saviano lo aveva annunciato su Repubblica 5. Il meccanismo che "mette a rischio la democrazia". Che "arriva a infamare una persona che si pone contro certi poteri". Boffo, Caldoro, Fini e la casa di Montecarlo. Articolato e elementare: "Parte da fatti minuscoli della tua vita privata che vengono usati contro di te. Stai per scrivere un articolo e pensi 'domani mi attaccheranno' su cose che non hanno niente a che vedere con la vita pubblica, lo faranno con il tuo privato e ti costringeranno a difenderti. Allora prima di metterti a scrivere ci pensi. E vuol dire che si è incrinata la libertà di espressione". La differenza "fra inchiesta e diffamazione: l'inchiesta si fonda su una quantità abnorme di informazioni, quelle che i giornalisti sognano di avere per approfondire, la diffamazione usa un solo elemento e lo costruisce contro la persona che prende di mira. Ti compromettono con l'obiettivo di dire 'siamo tutti uguali'. Tutti egualmente sporchi. Invece - continua Saviano - la forza della democrazia è la molteplicità. Le differenze. Quelle che la macchina del fango non vuole che il cittadino veda. La privacy, ad esempio: è sacra. Ma una cosa è la privacy, un'altra è scegliere le proprie amiche da candidare, un'altra è finire nelle mani degli estorsori: quella smette di essere privacy e inizia a essere condizionamento della cosa pubblica. E può essere crimine". Ai giovani, in particolare, si rivolge perché ascoltino "la storia di una persona che è riuscita a resistere a una macchina del fango gigantesca: Giovanni Falcone".

L'elenco, si diceva, un'anima del programma. Nichi Vendola spiazza con il suo. Il governatore poeta pronuncia ventisette modi per dire omosessuale. Invertito e buzzarone, pederasta e cripto-checca, burrone, arruso, bucaiolo e via così. Il coraggio dell'ironia. Che diventa dramma quando il leader di Sinistra e Libertà elenca le possibili "espiazioni" dell'omosessualità: evirato, deportato nei lager e nei gulag, confinato, ricoverato in manicomio, stuprato per punizione. E ancora, le classificazioni dell'omosessualità nella vita pubblica: "crimine", "disordine", "pulsione di morte", "sporcizia", "peccato". Allora, conclude Fazio citando la battuta di Silvio Berlusconi, "è molto meglio guardare le belle ragazze che essere gay?". Replica Vendola: "E' molto meglio essere felici".

Non è vero che l'attesa è tutta per Benigni, come si dice sempre in circostanze come questa. L'attesa, stavolta, è per tutti i protagonisti della serata. E anche Benigni non tradisce le aspettative. Il materiale che l'attualità recente gli ha fornito è roba che sta tutta nelle sue corde. Le escort che sarebbero una vendetta della mafia - l'ha detto Berlusconi a proposito della vicenda Ruby - e le sue guardie del corpo che ne scovano in ogni angolo della sua casa, rientrando, alla sera. L'opposizione che insiste, "Berlusconi si può battere solo sul piano politico" e allora "ci vuole una ragazza del Pd", l'invocazione a Rosy Bindi, "tu gli garbi, dai una foto a Fede e ti intrufoli, gli dici che sei maggiorenne, e se t'arrestano basta che dici che sei la suocera di Zapatero". Ironia anche sulle polemiche di qualche settimana fa, legate ai compensi degli ospiti del programma e anche al suo cachet (alla fine l'attore ha partecipato a titolo gratuito), "sono d'accordo a venir gratis, la Rai ha bisogno di soldi, però Masi non fare scherzi: a un semaforo quando ho abbassato il vetro un polacco mi ha riconosciuto e mi ha dato un euro..".

Poi, mentre sullo sfondo campeggiano le immagini del crollo di Pompei, un altro elenco tocca al maestro Claudio Abbado - ultimo ospite -, quello delle ragioni per cui bisogna difendere la cultura contro i tagli del governo. Perché "arricchisce sempre, è contro la volgarità e permette di distinguere tra bene e male, è lo strumento per giudicare chi ci governa ed è libertà, di espressione e parola. Con la cultura si sconfigge il disagio sociale delle persone perché è riscatto dalla povertà". Ma soprattutto "la cultura è un bene comune e primario, come l'acqua. Ed è come la vita. E la vita è bella".

Da: la Repubblica.it 8 novembre 2010)

mercoledì 3 novembre 2010

CRISI E DEMOGRAFIA

Meno nascite e più immigrati. La "rivoluzione demografica" con la valigia

Sarà l'immigrazione a salvare l'Occidente dal declino economico? I gesuiti della "Civiltà Cattolica" sono fiduciosi. Il banchiere vaticano Gotti Tedeschi è scettico. Cronaca di una disputa sul futuro del mondo. E sul controllo della natalità

di Sandro Magister



ROMA, 29 ottobre 2010 – Per il professor Ettore Gotti Tedeschi, economista e banchiere, presidente dell'Istituto per le Opere di Religione, la banca del Vaticano, la causa prima della crisi economica dell'Occidente è il crollo della natalità.

Gotti Tedeschi sostiene questa tesi da tempo, con molto vigore. E la argomenta in frequenti conferenze ed articoli su "L'Osservatore Romano".

Alcuni continuano però a pensare che a bloccare lo sviluppo economico non sia la diminuzione ma l'aumento incontrollato delle nascite. Uno dei più accesi propagandisti di questa tesi neomalthusiana è un celebre professore di scienza della politica, con cattedra per molti anni a New York, il professor Giovanni Sartori, editorialista di spicco del maggior quotidiano italiano, il "Corriere della Sera", dalle cui colonne attacca ripetutamente la Chiesa cattolica in quanto paladina di "una crescita demografica dissennata", foriera solo di disastri.

Le due tesi sono opposte e del tutto inconciliabili.
www.chiesa.espressionlinne.it
Pau e Grazia NI 2 EOI Gandia
Noi pensiamo che la Chiesa cattolica abbia
sempre cercato un argomento per sostenere la sua politica di non controllo della nascita, e adesso la crisi economica diventa una giustificazione delle sue tesi. Per la Chiesa sembra che gli immigranti siano gli unici a seguire le sue regole e che i loro bambini salverano il nostro mondo occidentale.

martedì 26 ottobre 2010

Mafia, catturato il boss superlatitante Gerlandino Messina

Preso a Favara. L'operazione è stata portata a termine dagli uomini del Gis (gruppo di intervento speciale) dei carabinieri. Berlusconi: "Successo senza precedenti del governo"

Agrigento, 23 ottobre 2010 - Catturato a Favara (Agrigento) il superlatitante di mafia Gerlandino Messina, 38 anni, di Porto Empedocle, nell’elenco dei latitanti di massima pericolosità del ministero dell’Interno. L'operazione è stata portata a termine dagli uomini del Gis (gruppo di intervento speciale) dei carabinieri.

Gerlandino Messina era un fantasma da oltre dieci anni. Nato a Porto Empedocle nel 1972, è figlio dello storico capomafia agrigentino Giuseppe Messina. Ricercato dal 1999, sulla sua testa pende una condanna per associazione mafiosa. La sua scalata al vertice della mafia agrigentina inizia nel 1986, dopo l’uccisione del padre. La carriera all’interno dei ranghi di Cosa nostra, culminata nel 2003 con il comando su tutta la provincia di Agrigento, fu favorita anche dal beneplacito espresso verso la sua posizione di Bernardo Provenzano.

Dal 2 febbraio 2001 erano state diramate le ricerche in capo internazionale. L’ascesa di Gerlandino Messina corrispose alla parallela caduta di Luigi Putrone, altro capomafia operativo in quella zona fino a quel momento, e costretto a lasciare Porto Empedocle nel 1998. Messina è diventato il numero uno di Cosa nostra ad Agrigento dopo l’arresto di Giuseppe Falsone, il 25 giugno scorso a Marsiglia, nel sud della Francia, di cui era fino a quel momento il ‘vice’. E attualmente sarebbe il numero due di Cosa Nostra.

Con l’arresto di oggi si riducono a 16 i latitanti "di massima pericolosità" inseriti nel programma speciale di ricerca della direzione centrale della polizia criminale. L’elenco, che inizialmente conteneva 30 nomi, è stato via via ‘spuntato’ con i 14 arresti avvenuti dal 2008 ad oggi. Tra questi spiccano Giovanni Nicchi (mafia), Giovanni Strangio (‘ndrangheta), Salvatore Russo (camorra). Tra i 16 rimasti da catturare, il più noto è il boss di Cosa Nostra Matteo Messina Denaro.

I COMPLIMENTI DI MARONI - "La cattura di Messina è un colpo mortale per la mafia agrigentina". Con queste parole, il ministro dell’interno Roberto Maroni, si è congratulato con il comandante generale dell’arma dei carabinieri Leonardo. "Con l’arresto di oggi il cerchio attorno a Matteo Messina Denaro si fa sempre più stretto", ha poi sottolineato il ministro Maroni. Messina Denaro, il boss della provincia trapanese, è considerato infatti l'attuale vertice operativo di Cosa Nostra.

IL PREMIER - Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ha chiamato il ministro dell'Interno e il comandante generale dell'Arma dei Carabinieri, Leonardo Gallitelli, e si è congratulato con loro. Il presidente Berlusconi ha sottolineato al ministro Maroni come questa operazione confermi "il successo senza precedenti del Governo nella sua battaglia contro la criminalità organizzata"
Tratto da quotidiano.net 23 ottobre 2010
Carla e James, Studenti Erasmus, Lingua Italiana III

mercoledì 13 ottobre 2010

Pubblicità a lezione

Puglia, pubblicità in classe
per comprare banchi e sedie

La provincia di Barletta, Andria e Trani mette a disposizione di sponsor privati le suppellettili delle sue scuole: 69 euro per apporre il proprio marchio sugli arredi

BARLETTA - Pubblicità a scuola per diminuire l'impegno finanziario a carico dell'ente. Lo ha deciso la neocostituita Provincia di Barletta, Andria e Trani che al costo di 69,80 euro (Iva esclusa) ha messo a disposizione di sponsor privati le suppellettili delle sue scuole. In cambio del denaro le aziende potranno pubblicizzare la propria attività su una placca sistemata sugli arredi. Il bando è stato pubblicato sul sito della Provincia e scade il prossimo 30 novembre.

"E' una idea che abbiamo valutato dal punto di vista tecnico-giuridico e l'abbiamo ritenuta fattibile. Esistevano tutte le condizioni perché questo potesse avvenire". Lo afferma l'assessore provinciale Bat all'Istruzione, Pompeo Camero, che ha avuto l'idea di cercare gli sponsor per le 53 scuole secondarie della provincia. Camero è rappresentante della lista di centrodestra La Puglia prima di tutti.


Pubblicità scuola di karate.


"Ci è sembrato opportuno in una fase in cui stavamo valutando un po' tutte le richieste che ci erano arrivate da parte dei dirigenti scolastici i quali, nel frattempo, avevano i nuovi dati relativi alle iscrizioni delle prime classi. Sono state queste a mandarci un po' fuori programmazione. Così, ci siamo dovuti inventare qualcosa e attraverso il pubblico incanto siamo arrivati a definire il costo di banchi e sedie".

Riguardo alla fattibilità dell'iniziativa, Camero precisa che "è una idea compatibile con la pubblica amministrazione in una visione moderna della stessa. Sicuramente non ci saranno controindicazioni". "Piuttosto - insiste - non deve passare in secondo piano l'attenzione che noi tutti dobbiamo alla scuola. Dovremmo rimetterla al centro degli interessi della nostra società. La scuola non è un incidente di percorso per le famiglie e deve poterle coinvolgere in modo diretto. E quale occasione migliore di potersi sponsorizzare un banco? Ma in questa fase ci rivolgiamo alle aziende".


Quale pubblicità si potrebbe usare?


"Sono un padre anche io e spero di lasciare il segno alle nuove generazioni. Rispetto a loro - conclude - mi ritengo fortunato perché mi sono collocato bene e ho avuto una scuola accettabile. Qui c'è il rischio serissimo che il piano dell'offerta formativa possa degradare proprio perché i soldi sono sempre di meno in tutta la filiera della pubblica amministrazione, quindi nella pubblica istruzione".

Da: La Repubblica.it 5/10/2010

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venerdì 1 ottobre 2010

I NUOVI ITALIANI ALL'ESTERO

"Nessuno" in Patria, "qualcuno" altrove
Gli italiani se ne vanno. Di nascosto

Il fenomeno dei nostri concittadini emigrati è in continua crescita soprattutto tra i giovani. Ma non è per nulla evidente. Pochi s'iscrivono all'Aire (Anagrafe dei residenti all'Estero). Repubblica.it lancia un censimento per conoscere i numeri veri e le loro storie

di CLAUDIA CUCCHIARATO
Una popolazione nascosta. Un profilo, quello degli italiani residenti all'estero, sfuggente, difficile da definire quantitativamente e qualitativamente. L'Italia è uno dei Paesi europei che più esporta laureati: quattro volte più che la Germania, la Francia o il Regno Unito. Allo stesso tempo, però, è tra quelli che meno importano giovani delle stesse caratteristiche. Secondo le stime dell'OCSE, solo un immigrato su dieci in Italia ha un'educazione terziaria: meno della metà degli immigrati in Spagna, un terzo di quelli che si dirigono verso l'Inghilterra, una percentuale inferiore anche a quella di chi migra in Grecia.

Tra il 2000 e il 2010 oltre 300mila persone tra i 20 e i 40 hanno lasciato il nostro Paese e quasi il 60% di loro ha raggiunto un altro Stato europeo. Sono tutti dati forniti dall'Anagrafe degli Italiani Residenti all'Estero (AIRE), e ci dicono che la comunità dei migranti italiani in Europa è la terza più popolosa, dopo la rumena e la polacca, con un totale di 1,3 milioni di unità. Nel mondo saremmo circa 4 milioni.

Eppure, anche i dati ufficiali rappresentano un'enorme sottostima rispetto alle cifre reali. Esiste una numerosa popolazione di italiani, soprattutto giovani e altamente istruiti, stabilmente domiciliati al di fuori dei confini nazionali che né il Ministero degli Esteri né le organizzazioni internazionali riesconoa censire. E infatti, confrontando i dati dell'AIRE con quelli delle città più recentemente prese d'assalto dai migranti italiani, come Berlino, Barcellona, Londra o Parigi, si scopre che il numero degli arrivi degli ultimi decenni non coincide affatto con il numero di espatriati registrato dai consolati italiani a fini statistici ed elettorali.


Nel mio libro, Vivo altrove, pubblicato a maggio (collana "Presente storico" di Bruno Mondadori), metto in luce queste incongruenze. Un fenomeno "nascosto" che si verifica soprattutto in Europa, dove l'apertura delle frontiere, l'introduzione della moneta unica o la proliferazione dei voli lowcost hanno provocato un considerevole e incontrollabile aumento della mobilità internazionale.

Ho cercato di dare una voce all'Italia che vive fuori dall'Italia e che, per convenienza, per distrazione o per scarsa informazione, all'AIRE non si è mai iscritta. Molti dei giovani migranti italiani che ho intervistato mi hanno detto di non sapere nemmeno cosa fosse l'AIRE, né che fosse necessario iscrivervisi per votare in patria. La maggior parte di queste persone, domiciliate da anni e con un contratto di lavoro stabile all'estero, risultano essere ancora residenti in Italia. È per questa ragione che ho pensato di chiamarle "generazione nessuno". Non esistono, sfuggono alle statistiche e all'interesse del Paese d'origine. Erano e sono tuttora "nessuno" per l'Italia, ma proprio essendo "nessuno" all'estero sono riuscite a diventare "qualcuno". Non sono solo "cervelli in fuga", bensí decine di migliaia di persone che ogni anno partono alla ricerca di un'opportunità che qui ritengono irraggiungibile.

Da queste considerazioni e dall'esigenza di dare un numero, un nome o una descrizione a questa "generazione nessuno", nasce l'inziativa che lanciamo oggi in collaborazione con repubblica. it. Dalla necessità di sapere quanti sono e dove stanno gli italiani che hanno da pochi mesi o da anni abbandonato il proprio Paese, nasce la volontà di realizzare un censimento che, per scarso interesse nell'affrontare l'argomento o mancanza di mezzi, finora nessuna delle istituzioni preposte ha voluto portare a termine.

Esistono, e sono molte, le associazioni che si occupano dei nuovi migranti italiani. Sono nate di recente anche alcune iniziative che cercano di riunirli attorno ad un obiettivo. Un esempio è il Manifesto degli Espatriati 3 che i blog di Vivo altrove 4 e La Fuga dei Talenti 5 hanno lanciato, in modo quasi provocatorio, per esprimere uno scontento e aprire un dialogo. Pochi mesi fa è passata alla Camera dei Deputati la proposta di legge nata dal progetto "Controesodo - Talenti in movimento" 6. Un primo, fondamentale passo che vorrebbe non solo incentivare il rientro di lavoratori italiani altamente specializzati, ma anche invogliare i talenti stranieri a trovare un posto nel nostro tessuto industriale.

Per compiere questo passo, però, è necessario prima di tutto sapere di cosa stiamo parlando: numeri, storie, capacità... chi e dove sono gli emigranti italiani di oggi? Se fate parte di questa comunità in costante aumento, o avete intenzione di farlo, introducete i vostri dati. Raccontateci la vostra storia, i motivi che vi hanno spinto all'espatrio, i luoghi in cui avete vissuto, le ragioni per cui avete deciso di rimanere o le motivazioni grazie alle quali fareste possibilmente ritorno in Italia.

Faremo arrivare la vostra voce anche a chi fino ad oggi si è occupato dei Residenti all'Estero solo per capire in che zone del mondo organizzare la campagna elettorale.

Da: La Repubblica.it 1/10/2010

venerdì 17 settembre 2010

BUTTIAMO TROPPO CIBO

Un decalogo antispreco

di Cianciullo e Coppola
Ogni giorno si buttano 4mila tonnellate di alimenti. Ma c'è chi cambia rotta


ROMA — In Italia tra il momento in cui pomodori e zucchine abbandonano i campi e quello in cui finiscono nel nostro piatto si butta una quantità di cibo sufficiente a sfamare tutti gli spagnoli. Non solo: 4mila tonnellate di alimenti vengono acquistati dagli italiani e buttati ogni giorno, 6 milioni in un anno. Non siamo i soli a sprecare. In Gran Bretagna si gettano nella spazzatura 6,7 milioni di tonnellate di cibo all’anno. Nella cultura contadina lasciare un frutto sulla pianta al momento del raccolto era considerato un segno di empatia verso la natura, un sottolineare le radici comuni. La modernità ha trasformato questo atto simbolico in uno spreco colossale. In Italia tra il momento in cui pomodori e zucchine abbandonano i campi e quello in cui finiscono nel nostro piatto si butta una quantità di cibo sufficiente a sfamare tutti gli spagnoli. Non solo: si parla di 4mila tonnellate di alimenti acquistati dagli italiani e buttati in discarica ogni giorno, 6 milioni in un anno. E in questo impegno dissipatorio siamo in buona compagnia. In Gran Bretagna si gettano ogni anno nella spazzatura 6,7 milioni di tonnellate di cibo ancora perfettamente utilizzabile e 10 miliardi di sterline. In Svezia ogni famiglia butta in media il 25 per cento degli alimenti acquistati. Negli Stati Uniti si arriva al 40 per cento. Numeri impressionanti e destinati a salire visto che dal 1974, nel mondo, lo spreco alimentare è aumentato del 50 per cento e continua a crescere.



Per invertire questo trend è partita la campagna «Un anno contro lo spreco 2010», ideata da Andrea Segrè, preside della facoltà di Agraria dell’università di Bologna, e promossa da Last Minute Market con il patrocinio del Parlamento europeo. Gli organizzatori, con il sostegno di Eni e Telecom, premieranno le buone pratiche e organizzeranno a Bruxelles e a Bologna pranzi contro lo spreco basati su un menu prodotto con alimenti di recupero: cibi perfetti sotto il profilo sanitario e organolettico ma in origine destinati alla discarica. E qualcosa si sta già muovendo in direzione di una correzione di rotta. Da uno degli ospedali di Bologna si recuperano ogni giorno 30 pasti pronti presso la mensa,per un valore complessivo di oltre 35 mila euro all’anno. A Ferrara si recuperano, presso le farmacie comunali, farmaci da banco per 11.300 euro all’anno. A Verona otto mense scolastiche recuperano 8 tonnellate all’anno di prodotto cotto che corrispondono a circa 15 mila pasti. «Vogliamo moltiplicare questi casi positivi in tutta Italia», propone Segrè. «Gli sprechi vengono spesso visti a senso unico, guardando solo attraverso la lente etica. Ma non è dando ai poveri gli avanzi dei ricchi che si può pensare di risolvere squilibri sociali che vanno affrontati con altri strumenti.
Da: la repubblica.it.

mercoledì 14 luglio 2010

CAMPEONES, OÉ, OÉ, OÉ...
























La nazionale iberica campione del mondo per la prima volta nella storia: decide un gol del centrocampista nel secondo tempo supplementare. Sul sinistro di Robben due grandissime occasioni nei 90', per l'Olanda continua la maledizione: terza finale persa su tre disputate


JOHANNESBURG, 11 luglio - È rosso il colore della vittoria. Le gambe d'oro, quelle di Iniesta, per la Stella e per la Coppa. Al Soccer City di Johannesburg è spagnolo il sapore della storia, per la prima volta Mondiale. Il centrocampista iberico decide la finale mondiale nel secondo tempo supplementare, al termine di una prestazione mostruosa e di una partita che non sembrava mai sbloccarsi, fino alla zampata del numero 6 che regala la Coppa del Mondo alla Spagna.

LA SPAGNA COMANDA, L'OLANDA PESTA - Inizio marcato Spagna, che fa tremare gli avversari al 5': Xavi pennella su punizione, Sergio Ramos di testa impegna Stekelenburg, poi Piquè viene chiuso sulla ribattuta. La replica oranje è affidata a Kuyt, che approfitta di un errore di Xabi Alonso in posizione di playmaker basso e prova a concludere immediatamente, Casillas attento non si fa sorprendere.La Spagna dirige il gioco e il tititac iberico si avvicina di nuovo a Stekelenburg: all'11' Sergio Ramos salta Kuyt dopo una grande giocata Xavi-Villa-Iniesta, diagonale troppo angolato messo in corner: sugli sviluppi Villa sul secondo palo non inquadra lo specchio e colpisce l'esterno della rete. L'Olanda per ora pesta caviglie e poco più, Van Persie si prende il giallo per un'entrataccia su Capdevila. Puyol non è da meno e al 17' un suo tackle sulla caviglia di Robben pareggia i conti dei cartellini, Sneijder scarica da 35 metri il destro, centrale, Casillas è piazzato.

PIOVONO GIALLI, JABULANI DISPETTOSO - Robben scalda il dribbling, Van Bommel e Sergio Ramos si guadagnano altri cartellini per due entratacce, De Jong alza l'asticella ed entra con un calcio volante dritto sul petto di Xabi Alonso, per Webb è ancora giallo. La noia domina e allora ci pensa lo Jabulani a ravvivare il fuoco del match con un rinvio di De Jong a restituire la sfera alla Spagna, la palla rimbalza male e scavalca Casillas, uscendo di un niente, sfiorando la beffa Mondiale. Robben e Sneijder iniziano a carburare, ma è sul sinistro di Mathijsen, al 37', l'occasione più importante per gli Oranje: il difensore liscia clamorosamente la conclusione in piena area di rigore. L'Olanda chiude in crescendo, è Robben nel recupero a scaricare il sinistro velenoso, deviato in corner da Casillas.

AD UN CALCIO DAL PARADISO - Nel primo quarto d'ora della ripresa Van Bronckhorst porta a sei i cartellini della partita, Xavi prova su punizione ma il match non si sblocca. Heitinga continua la danza dei gialli, poi reclama un rigore (sacrosanto) per una trattenuta di Sergio Ramos ma il difensore oranje era in fuorigioco. Pedro finisce il suo mondiale, Del Bosque lancia Jesus Navas nella mischia. Ma è il 62° il minuto in cui la storia può colorarsi d'arancione: Sneijder pesca Robben in verticale ma l'Olanda si ferma ad un calcio dal paradiso, perché l'ala mancina si fa ipnotizzare da Casillas in un uno contro uno durato due, tre secondi di eternità: deviazione decisiva e palla fuori per la disperazione di sei milioni di tifosi. La partita continua tra un'accelerazione ed un giallo: cartellino a Capdevila, occasionissima per Villa al 70'. Jesus Navas mette al centro un pallone che Heitinga svirgola, Villa può colpire sottomisura ma Heitinga ripara con una scivolata con cui si immola sul diagonale.

SERGIO RAMOS E ROBBEN, CHE CHANCES! - Cambia anche Van Marwijk, fuori uno spossato Kuyt per la freschezza di Elia, l'ennesimo Under 20 di questo Mondiale di giovani. Ma è il momento della Spagna: alla mezz'ora prima Villa di sinistro, poi Sergio Ramos da solo in piena area di testa vanno vicinissimi alla rete. Ancora Spagna, stavolta con Iniesta in piena area che non trova lo spazio per concludere. Ma quando gli iberici salgono in blocco, con la manovra all'interno della metà campo avversaria, l'Olanda si riscopre letale: rilancio dalla difesa, sponda di Van Persie e Robben si beve Puyol, presentandosi di nuovo davanti a Casillas che si guadagna la gratitudine di tutto un popolo bloccando di nuovo l'avversario. L'olandese si infuria per una trattenuta di Puyol e si becca il giallo. A cinque minuti dalla fine Del Bosque getta Fabregas nella mischia per Xabi Alonso, centrocampo della Roja con tutti palleggiatori: il finale, con i 3' di recupero, non lascia spazio che ai supplementari.

OVERTIME, DOMINIO SPAGNA - Fabregas, lanciato da Iniesta, si divora una gigantesca occasione solo davanti a Stekelenburg, con Villa furioso in attesa dell'ultimo passaggio. Sull'altro fronte Mathijsen di testa svetta su Sergio Ramos ma non inquadra lo specchio. Spagna ancora sprecona con Iniesta che gigioneggia troppo in piena area senza lucidità, mentre sull'altro fronte Van der Vaart entra a giocarsi la finale per De Jong, Olanda sbilanciatissima e in balia degli avversari, Van Bronckhorst, poco prima di lasciare il campo per lasciare spazio a Braafheid, salva sul diagonale di Jesus Navas, poi Fabregas prova da fuori ma il suo rasoterra non è preciso.

VILLA OUT, IN CAMPO TORRES - Fuori la Maravilla, dentro il Nino: ecco l'ultima mossa di Del Bosque per giocarsela e magari deciderla prima dei rigori. Heitinga stende Iniesta lanciato a rete, secondo giallo al 5' del secondo supplementare e Olanda in 10. Xavi spreca la punizione ma gli arancioni sono alle corde, Van der Wiel continua la carrellata di ammonizioni e Robben viene graziato da Webb quando calcia a gioco abbondantemente fermo il pallone, sarebbe stato doppio giallo anche per lui.

INIESTA FA LA STORIA AL 117' - Solo questione di tempo, perché all'ultima ripartenza la Spagna finalmente passa: contropiede di Navas, palla a Torres che crossa per Iniesta: sfera intercettata una prima volta, ma nei piedi di Fabregas che serve di nuovo il centrocampista, stavolta il destro non lascia scampo a Stekelenburg. E' doppietta, dopo l'Europeo, per la Spagna, tra le lacrime di felicità di Casillas e quelle di dolore di Torres, per un infortunio. Il calcio mondiale si declina in spagnolo, per l'Olanda continua la maledizione delle finali, tre volte sconfitta all'ultimo atto. Ma è così nella vita e nelle finali: non esiste il pareggio.

domenica 23 maggio 2010

NUMERI DELLA FINALE CHAMPIONS







I numeri che contano

Sono anni che ammiro Beppe Severgnini e il suo umore, puro italiano, e da ieri avrei voglia di salutarlo, perché essendo, lui, interista, son sicuro che oggi sará felicissimo. L'Internazionale di Milano è como dire da noi Atlético de Madrid. Detto questo credo che ci capiamo...

Caro Beppe ti chiedevi, se risvegliato a Madrid oggi, dovevi farti il ciuffo nerazzurro? Credo che in queste occasioni possiamo permetterci qualche pazzia...

20.000.000di euro. Èl’ammontare dell’indotto prodotto per l’Italia dalla finale di Champions League tra Inter e Bayern Monaco(Fonte: Agenzia Agi del 21 maggio 2010)20.000i tifosi interisti partiti dall’Italia per andare a Madrid per la finale di Champions(Fonte: Ufficio studi della Camera di commercio di Monza-Brianza)2.000è la percentuale di aumento del prezzo delle stanze d’albergo a Madrid che in alcuni si è verificata nei giorni precedenti la finale di Champions(Fonte: Agenzia Ansa del 19 maggio 2010)500euro. È il prezzo medio giornaliero di una camera d’albergo a Madrid nei giorni che precedono la finale(Fonte: Agenzia Ansa del 19 maggio 2010)30.000.000.000di euro è il valore in termini di reputazione economica dei brand Inter e Milan per la regione Lombardia(Fonte: Ufficio studi della Camera di commercio di Monza-Brianza)

Letizia Virtuale

sabato 15 maggio 2010

DRAQUILA O L'ITALIA CHE TREMA




















Sabina Guzzanti




"Una mia amica giornalista un giorno mi dice: "Ho conosciuto un signore che racconta storie stranissime su L'Aquila. Non ho capito molto di quello che diceva, ma gli ho detto di parlare con te perché questo è il genere di cose che ti interessano". Non aveva torto. Era luglio, a breve sarebbe iniziato il G8 ed ero decisa a incontrare il signore in questione. Ma in quei giorni la città era sotto assedio e andarci significava farsi fermare dai militari ogni tre metri. Quindi me la prendo comoda, avrei aspettato che i giorni dei grandi della terra fossero passati

Qualche tempo dopo, alla fine di uno spettacolo, io e due amiche ci rimettiamo in marcia verso L'Aquila partendo da Arezzo. Il signore che avrebbe detto delle cose che mi avrebbero impressionato, era di casa in un campo autogestito. È stata una serata bellissima, io lì in mezzo al loro, alcuni ragazzi mi hanno offerto l'imitazione di un loro professore in cambio di un Berlusconi. Poi il clima goliardico della serata è andato sfumando e hanno iniziato a dare spazio ai loro pensieri. La cosa che mi ha colpito è che tutti avevano un'adorazione e una gratitudine sconfinata per i volontari e i vigili del fuoco mentre nei confronti dei dirigenti della Protezione Civile era diffuso un sentimento di diffidenza e di paura.















Ho cominciato ad osservare quello che succedeva.

C'era una popolazione per lo più di anziani e una buona parte di famiglie affrante sì, ma convinta che nella disgrazia non gli poteva andare meglio.
E una popolazione che mugugnava impaurita e sospettosa. Qualcuno di questi partecipava a comitati cittadini e si affannava a parlare nel vuoto.
Alcuni dei ribelli dicevano: "Qui si sta facendo un esperimento. Quello che succede qui è quello che vogliono che succeda in tutta Italia." Mi sono fatta suggestionare e ho provato l'emozione di scoprire dal vivo quello che tutta Italia oggi sta scoprendo sui giornali.

Quello che venivo a sapere sulla Protezione Civile mi sembrava enorme, incredibile. Abbiamo preso atto dell'esistenza di uno stato parallelo che stava crescendo senza che nessuno ne sapesse niente. Si parla molto della censura dell'informazione in Italia. Ebbene la censura copre operazioni come questa. La censura e la costante minaccia della perdita del lavoro per chiunque esprima dissenso. Come mai gli italiani votano Berlusconi?

La violenza della propaganda, l'impotenza dei cittadini, l'economia e i rapporti di forza fondati sull'illegalità e una catastrofe: il terremoto che ha annientato la città de L'Aquila per raccontare come è stata piegata la giovane democrazia italiana".

domenica 9 maggio 2010

I CENTO PASSI DI PEPPINO




La targa di Peppino Impastato
sulla casa dei Cento passi

A Cinisi ospiterà il centro a lui intitolato. Il fratello la visita per la prima volta: riaprite le indagini. Ma è allarme: le mani dei boss sui beni confiscati alla mafia
di SALVO PALAZZOLO

La targa di Peppino Impastato sulla casa dei Cento passi Il fratello di Peppino Impastato saluta il movimento antimafia dal balcone

PALERMO - Quando il sindaco di Cinisi apre la porta di casa Badalamenti, Giovanni Impastato corre su per le scale, fino al grande salone dove un tempo il padrino della Cupola teneva udienza. "Trent'anni ho aspettato - sussurra - in questo salone Gaetano Badalamenti avrà deciso la morte di mio fratello Peppino". E continua a guardarsi attorno, anche se non è rimasto più nulla nel salone delle feste e dei summit: "Mi sembra ancora di vederli - dice Giovanni Impastato - i mafiosi che ridevano al balcone e i politici che arrivavano da Palermo". E mentre lo ripete, va ad aprire le persiane: "Ma adesso la casa di Badalamenti è stata confiscata ed è stata affidata dal Comune all'associazione che porta il nome di Peppino. Qui si trasferirà anche la biblioteca comunale". Dal balcone dove si affacciavano i potenti di Sicilia, Giovanni Impastato guarda adesso cento passi oltre, dove c'è la casa di Peppino: "È come se quei cento passi non ci fossero più - dice - è come se Peppino e nostra madre Felicia fossero qui".

Eccola, la casa simbolo della mafia che negli anni Settanta era già arrivata al culmine del potere. È nella strada principale di Cinisi, corso Umberto 183. Una palazzina a due piani che Falcone e Borsellino avevano sequestrato nel 1985. Ma ci sono voluti altri venticinque anni per la confisca: venerdì, il sindaco Salvatore Palazzolo ha consegnato le chiavi della casa a Impastato. "Segno importante di questi tempi - dice Elio Collovà, amministratore giudiziario di beni sequestrati alla mafia - con la nuova legge c'è il concreto rischio che i padrini possano riacquistare all'asta i propri beni ancora non assegnati". L'allarme è sottoscritto da un gruppo di amministratori siciliani.

Il segno della ricchezza e del potere di don Tano è appena oltre la porta d'ingresso: è la scala in onice che apre al piano nobile. "Ci sono saliti giovani mafiosi come Bernardo Provenzano e Luciano Liggio", ricorda Giovanni. I mobili che arricchivano la casa sono stati portati via quindici giorni fa da alcuni operai che sembravano avere molta fretta. Ma alla fine del trasloco, hanno anche spazzato per terra. Non c'è un solo foglio di carta in giro.

Non c'è neanche la corrente elettrica a casa Badalamenti. Bisogna aprire le finestre per addentrarsi da una parte all'altra della casa. Saranno 250 metri quadrati per ognuno dei tre piani. "Ricordo di averci giocato da bambino in queste stanze - dice Impastato - ci portava nostro padre". In terrazza potevano salire solo in pochi, per assistere alla gara dei cavalli nel corso.

All'ultimo piano, sono rimasti i segni di un inizio di ristrutturazione. Il padrino sperava ancora di ottenere un sconto sulla condanna americana. Erano i giorni in cui accettava di fare un verbale con il maresciallo Antonino Lombardo e ammetteva di essere stato confidente dell'Arma. Il 5 marzo 1995, il maresciallo si è sparato un colpo di pistola. E sono scomparsi i suoi appunti. Badalamenti è rimasto nelle carceri americane, dove è morto nel 2004.

Dice Giovanni Impastato: "Chiedo che le indagini sulla morte di Peppino vengano riaperte. Bisogna fare luce sui depistaggi che hanno favorito Badalamenti". Un'inchiesta de L'Espresso ripercorre in questi giorni le tappe del mistero. Sono racchiuse in una domanda: quali relazioni intratteneva Badalamenti con pezzi delle istituzioni?

Da. La Repubblica.it, 9/5/2010