domenica 23 maggio 2010

NUMERI DELLA FINALE CHAMPIONS







I numeri che contano

Sono anni che ammiro Beppe Severgnini e il suo umore, puro italiano, e da ieri avrei voglia di salutarlo, perché essendo, lui, interista, son sicuro che oggi sará felicissimo. L'Internazionale di Milano è como dire da noi Atlético de Madrid. Detto questo credo che ci capiamo...

Caro Beppe ti chiedevi, se risvegliato a Madrid oggi, dovevi farti il ciuffo nerazzurro? Credo che in queste occasioni possiamo permetterci qualche pazzia...

20.000.000di euro. Èl’ammontare dell’indotto prodotto per l’Italia dalla finale di Champions League tra Inter e Bayern Monaco(Fonte: Agenzia Agi del 21 maggio 2010)20.000i tifosi interisti partiti dall’Italia per andare a Madrid per la finale di Champions(Fonte: Ufficio studi della Camera di commercio di Monza-Brianza)2.000è la percentuale di aumento del prezzo delle stanze d’albergo a Madrid che in alcuni si è verificata nei giorni precedenti la finale di Champions(Fonte: Agenzia Ansa del 19 maggio 2010)500euro. È il prezzo medio giornaliero di una camera d’albergo a Madrid nei giorni che precedono la finale(Fonte: Agenzia Ansa del 19 maggio 2010)30.000.000.000di euro è il valore in termini di reputazione economica dei brand Inter e Milan per la regione Lombardia(Fonte: Ufficio studi della Camera di commercio di Monza-Brianza)

Letizia Virtuale

sabato 15 maggio 2010

DRAQUILA O L'ITALIA CHE TREMA




















Sabina Guzzanti




"Una mia amica giornalista un giorno mi dice: "Ho conosciuto un signore che racconta storie stranissime su L'Aquila. Non ho capito molto di quello che diceva, ma gli ho detto di parlare con te perché questo è il genere di cose che ti interessano". Non aveva torto. Era luglio, a breve sarebbe iniziato il G8 ed ero decisa a incontrare il signore in questione. Ma in quei giorni la città era sotto assedio e andarci significava farsi fermare dai militari ogni tre metri. Quindi me la prendo comoda, avrei aspettato che i giorni dei grandi della terra fossero passati

Qualche tempo dopo, alla fine di uno spettacolo, io e due amiche ci rimettiamo in marcia verso L'Aquila partendo da Arezzo. Il signore che avrebbe detto delle cose che mi avrebbero impressionato, era di casa in un campo autogestito. È stata una serata bellissima, io lì in mezzo al loro, alcuni ragazzi mi hanno offerto l'imitazione di un loro professore in cambio di un Berlusconi. Poi il clima goliardico della serata è andato sfumando e hanno iniziato a dare spazio ai loro pensieri. La cosa che mi ha colpito è che tutti avevano un'adorazione e una gratitudine sconfinata per i volontari e i vigili del fuoco mentre nei confronti dei dirigenti della Protezione Civile era diffuso un sentimento di diffidenza e di paura.















Ho cominciato ad osservare quello che succedeva.

C'era una popolazione per lo più di anziani e una buona parte di famiglie affrante sì, ma convinta che nella disgrazia non gli poteva andare meglio.
E una popolazione che mugugnava impaurita e sospettosa. Qualcuno di questi partecipava a comitati cittadini e si affannava a parlare nel vuoto.
Alcuni dei ribelli dicevano: "Qui si sta facendo un esperimento. Quello che succede qui è quello che vogliono che succeda in tutta Italia." Mi sono fatta suggestionare e ho provato l'emozione di scoprire dal vivo quello che tutta Italia oggi sta scoprendo sui giornali.

Quello che venivo a sapere sulla Protezione Civile mi sembrava enorme, incredibile. Abbiamo preso atto dell'esistenza di uno stato parallelo che stava crescendo senza che nessuno ne sapesse niente. Si parla molto della censura dell'informazione in Italia. Ebbene la censura copre operazioni come questa. La censura e la costante minaccia della perdita del lavoro per chiunque esprima dissenso. Come mai gli italiani votano Berlusconi?

La violenza della propaganda, l'impotenza dei cittadini, l'economia e i rapporti di forza fondati sull'illegalità e una catastrofe: il terremoto che ha annientato la città de L'Aquila per raccontare come è stata piegata la giovane democrazia italiana".

domenica 9 maggio 2010

I CENTO PASSI DI PEPPINO




La targa di Peppino Impastato
sulla casa dei Cento passi

A Cinisi ospiterà il centro a lui intitolato. Il fratello la visita per la prima volta: riaprite le indagini. Ma è allarme: le mani dei boss sui beni confiscati alla mafia
di SALVO PALAZZOLO

La targa di Peppino Impastato sulla casa dei Cento passi Il fratello di Peppino Impastato saluta il movimento antimafia dal balcone

PALERMO - Quando il sindaco di Cinisi apre la porta di casa Badalamenti, Giovanni Impastato corre su per le scale, fino al grande salone dove un tempo il padrino della Cupola teneva udienza. "Trent'anni ho aspettato - sussurra - in questo salone Gaetano Badalamenti avrà deciso la morte di mio fratello Peppino". E continua a guardarsi attorno, anche se non è rimasto più nulla nel salone delle feste e dei summit: "Mi sembra ancora di vederli - dice Giovanni Impastato - i mafiosi che ridevano al balcone e i politici che arrivavano da Palermo". E mentre lo ripete, va ad aprire le persiane: "Ma adesso la casa di Badalamenti è stata confiscata ed è stata affidata dal Comune all'associazione che porta il nome di Peppino. Qui si trasferirà anche la biblioteca comunale". Dal balcone dove si affacciavano i potenti di Sicilia, Giovanni Impastato guarda adesso cento passi oltre, dove c'è la casa di Peppino: "È come se quei cento passi non ci fossero più - dice - è come se Peppino e nostra madre Felicia fossero qui".

Eccola, la casa simbolo della mafia che negli anni Settanta era già arrivata al culmine del potere. È nella strada principale di Cinisi, corso Umberto 183. Una palazzina a due piani che Falcone e Borsellino avevano sequestrato nel 1985. Ma ci sono voluti altri venticinque anni per la confisca: venerdì, il sindaco Salvatore Palazzolo ha consegnato le chiavi della casa a Impastato. "Segno importante di questi tempi - dice Elio Collovà, amministratore giudiziario di beni sequestrati alla mafia - con la nuova legge c'è il concreto rischio che i padrini possano riacquistare all'asta i propri beni ancora non assegnati". L'allarme è sottoscritto da un gruppo di amministratori siciliani.

Il segno della ricchezza e del potere di don Tano è appena oltre la porta d'ingresso: è la scala in onice che apre al piano nobile. "Ci sono saliti giovani mafiosi come Bernardo Provenzano e Luciano Liggio", ricorda Giovanni. I mobili che arricchivano la casa sono stati portati via quindici giorni fa da alcuni operai che sembravano avere molta fretta. Ma alla fine del trasloco, hanno anche spazzato per terra. Non c'è un solo foglio di carta in giro.

Non c'è neanche la corrente elettrica a casa Badalamenti. Bisogna aprire le finestre per addentrarsi da una parte all'altra della casa. Saranno 250 metri quadrati per ognuno dei tre piani. "Ricordo di averci giocato da bambino in queste stanze - dice Impastato - ci portava nostro padre". In terrazza potevano salire solo in pochi, per assistere alla gara dei cavalli nel corso.

All'ultimo piano, sono rimasti i segni di un inizio di ristrutturazione. Il padrino sperava ancora di ottenere un sconto sulla condanna americana. Erano i giorni in cui accettava di fare un verbale con il maresciallo Antonino Lombardo e ammetteva di essere stato confidente dell'Arma. Il 5 marzo 1995, il maresciallo si è sparato un colpo di pistola. E sono scomparsi i suoi appunti. Badalamenti è rimasto nelle carceri americane, dove è morto nel 2004.

Dice Giovanni Impastato: "Chiedo che le indagini sulla morte di Peppino vengano riaperte. Bisogna fare luce sui depistaggi che hanno favorito Badalamenti". Un'inchiesta de L'Espresso ripercorre in questi giorni le tappe del mistero. Sono racchiuse in una domanda: quali relazioni intratteneva Badalamenti con pezzi delle istituzioni?

Da. La Repubblica.it, 9/5/2010