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domenica 9 dicembre 2012

CAMORRA: UNA VECCHIA STORIA


Cari lettori, vi spiego la camorra
Alexandre Dumas a Gomorra 

Arrivò a Napoli con il suo amico, il generale Garibaldi. Raccontò le gesta dei Mille e quelle degli odiati Borbone. Ma dell'autore de "I tre moschettieri" non si conoscevano questi testi contro "la società segreta a cui non sfugge niente" e che controlla popolo e polizia. Ora vengono pubblicati in Italia e sembrano storia di oggi

di ALEXANDRE DUMAS

Cari lettori, Chi sono i camorristi? mi domanderete. I membri della camorra. Cos'è la camorra? Se foste a Napoli, vi risponderei semplicemente: la camorra è la camorra. Ma siete in Francia, e devo cercare di dirvi cosa essa sia.... La camorra è una specie di società segreta che, come tutte le società segrete, ha finito per diventare una società pubblica... La camorra è l'impunità del furto e dell'omicidio, l'organizzazione dell'ozio, la remunerazione del male, la glorificazione del crimine. La camorra è il solo potere reale al quale Napoli obbedisca. Ferdinando II, Francesco II, Garibaldi, Farini, Nigra, Cialdini, San Martino, La Marmora, tutti costoro non sono che il potere visibile: il vero potere è quello nascosto, la camorra. 

Ogni prefetto di polizia che cerchi di agire a Napoli senza la camorra è condannato in anticipo a cadere nell'arco di quindici giorni: negli ultimi quindici mesi, Napoli ha avuto dieci prefetti di polizia e sette luogotenenti generali. Ma quanti camorristi ci sono a Napoli? mi domanderete. È come chiedere quanti ciottoli ci sono sulla spiaggia di Dieppe. Dire da quindici a trentamila non è dir troppo. Da quali segni visibili li si riconosce? Dai loro abiti di velluto a colori sgargianti, dalla loro cravatta chiara, dalle catene degli orologi incrociate in tutti i sensi sul panciotto cangiante, dalle loro dita cariche di anelli fino all'ultima falange, e dai lunghi bastoni di rattan. Il camorrista un po' agiato presta su pegno alla giornata. Tutte quelle catene, quegli anelli, quei gioielli che gli brillano addosso, sono pegni che restituisce lealmente se il prestito gli viene puntualmente restituito nel giorno stabilito, ma che trattiene se il debitore ritarda. Il camorrista è un monte di pietà vivente. [...]

La camorra, come la Santa Vehme tedesca, ha un proprio tribunale invisibile che giudica e condanna, sia gli stranieri che potrebbero nuocerle, sia i propri membri che non mantengono gli impegni presi al momento della loro iniziazione. Ha tre gradi di punizione: la bastonata, lo sfregio o colpo di rasoio, la coltellata. Con la bastonata si è costretti a letto per quindici giorni, con lo sfregio si resta segnati a vita; la coltellata uccide. Nelle nostre antiche commedie si dice per ridere: "Ti darò una scarica di bastonate", e non le si danno mai. Nelle province meridionali, lo scherzo è più lugubre; dicono: "Ti darò una coltellata", e la danno. A Napoli, l'omicidio è un semplice gesto. E non è stato mai punito con la morte: il boia rovinerebbe la municipalità.
Napoli, 14 marzo 1862

Diamo ora un'idea dell'estensione che ha preso la camorra. Salite su una vettura a noleggio; un uomo che non conoscete e che sembra un amico del cocchiere sale a cassetta con lui. È un camorrista. Il cocchiere gli deve e gli darà il decimo di quanto riceverà da voi, senza essersi dato altra pena che quella di farsi portare in giro sedendo a cassetta, mentre voi vi fate portare in giro in carrozza. Un venditore di frutta entra a Napoli; un camorrista lo aspetta alla barriera, compra la frutta e la valuta: il venditore di meloni, di fichi, di pesche, di pere, di mele o d'uva gli deve il decimo del valore stimato. Napoli, che fece una rivoluzione con Masaniello per non pagare la tassa imposta dal duca d'Arcos sulla frutta, non ha mai pensato di rivoltarsi contro i camorristi [...].

La camorra preleva un diritto su ogni cosa: sulle barche, sulle merci alla dogana, sulle fabbriche, sui caffè, sulle case di tolleranza, sui giochi di carte. Oggi che ci sono i giornali, i suoi diritti si estendono anche a quelli. A Napoli cento chioschi sono rimasti sfitti perché il proprietario non ha potuto mettersi d'accordo con i camorristi: nessuno osa affittare. Alla camorra non sfugge niente, e tuttavia, qual è il re che le ha concesso questa facoltà? Nessuno. [...]
Napoli, 18 marzo 1862



Il denaro della camorra serve anzitutto: a pagare la polizia che la protegge; poi gli ufficiali superiori della camorra che stanno in galera; i capi, secondo il grado che occupano; e prima di tutti, immediatamente dopo la polizia, il generale che riceve quattro parti; i capi camorristi di tutti i quartieri ricevono due parti; i camorristi comuni una parte. L'apprendista camorrista riceve, invece che un grano per carlino, un grano per ducato, finché non viene nominato camorrista proprietario. Ma per arrivare a questo brevetto d'onore deve sottoporsi a una prova. Deve battersi al coltello con il capo. Se questi rimane contento di lui nel duello, scrive al generale che il tal camorrista è degno della sua benevolenza e che crede di poterglielo presentare come meritevole del titolo di camorrista proprietario. Il generale, a seguito di questa presentazione, scrive ai capi del quartiere al quale appartiene l'apprendista camorrista: "Potete accettare come camorrista il tale...". 

Il giorno in cui l'apprendista è accolto come camorrista proprietario è obbligato a prestare giuramento in presenza di tutta la società. Dopo tutti i camorristi mettono mano ai coltelli, li pongono in croce sopra un crocifisso e dichiarano che chiunque tradirà la camorra sarà messo a morte, senza che la polizia abbia nulla da ridire. Fatto il giuramento, fatta quella minaccia, tutti si abbracciano e vanno a pranzo insieme: ma, dal momento che queste assemblee riuniscono solitamente almeno tremila persone, il nuovo camorrista è ammesso al tavolo dei capi immediatamente dopo il generale, gli altri si sparpagliano nella campagna.

L'indomani dell'ammissione il camorrista va presso il commissario del quartiere e, presentatosi a lui, pronuncia le seguenti parole di rito: "Ecco un nuovo operaio che ha ricevuto la proprietà". Quindi il nuovo camorrista dà dieci piastre al commissario del quartiere. Da parte sua il commissario del quartiere avvisa il prefetto di polizia che nel quartiere è stata fatta una nuova nomina. La camorra, per assicurare al nuovo camorrista la protezione del prefetto di polizia, gli dona entro un mese una polizza di cento ducati. 

Napoli, 21 marzo 1862 
Traduzione David Scaffei. © 2012 Donzelli editore, 
Roma
La Repubblica 9/12/12

martedì 6 dicembre 2011

BENIGNI E L'INNO DEL CORPO SCIOLTO

Che dire? Benigni è... sarà sempre Benigni. Questa è la sua ultima. Assolutamente da vedere, ascoltare, cantare. Rilassatevi! Cacate!!! E ripulite questo mondo da concimi: ladri o politici!



Lettera dell'Inno del corpo sciolto 

E' questo è l'inno
del corpo sciolto
lo può cantare solo chi caca di molto
se vi stupite
la reazione è strana
perché cacare soprattutto è cosa umana.

Noi ci si svegliamo e dalla mattina

il corpo sogna sulla latrina
le membra posano
in mezzo all'orto
è questo l'inno, l'inno sì del corpo sciolto.

C'han detto vili

brutti e schifosi
ma son soltanto degli stitici gelosi
ma il corpo è lieto
lo sguardo è puro
noi siamo quelli che han cacato di sicuro.

Pulirsi il culo dà gioie infinite

con foglie di zucca di bietola o di vite
quindi cacate
perch'è dimostrato
ci si pulisce il culo dopo aver cacato.

Evviva i cessi

sian benedetti
evviva i bagni, le toilettes e gabinetti
evviva i campi
da concimare
viva la merda
e chi ha voglia di cacare.

Il bello nostro è che ci si incazza parecchio

e ci si calma solo dopo averne fatta un secchio
la vogl'arreggere
per una stagione
e colla merda poi far la rivoluzione !

Pieni di merda andremo a lavorare

e tutt'a un tratto si fa quello che ci pare
e a chi ci dice, dice
te fa' questo o quello
noi gli cachiam addosso e lo riempiam fino al cervello

Non sono mai stato cosi' giocondo.

Viva la merda che ricopre tutto il mondo:
e' un mondo libero, un mondo squacchera,
perche' spillacchera di qua e di la'.
Cacone, merdone, stronzone, puzzone:
la merda che mi scappa si sparga su di te.

Benigni puro e duro, forever.

E voi cari allievi del NA2, pensate di poter fare qualcosa con questo testo? Dai, un po' d'impegno!!!

domenica 13 novembre 2011

IL BUNGA BUNGA È FINITO: VINCE L'ITALIA


Era ora!!! Berlusconi è andato via. Uno scandalo dopo l'altro ed è stato l'euro a farlo fuori. L'italia in piazza come se fosse un nuovo campionato del mondo.


sabato 29 ottobre 2011

GITE IN CRISI

Addio al rito della gita scolastica restano in classe due studenti su tre

Si dimezzano i viaggi d'istruzione: "Sono diventati troppo costosi". Nello scorso anno scolastico hanno coinvolto760mila ragazzi contro gli inoltre 1,3 milioni di quattro anni fa.

Un tempo c'erano Roma, Firenze, Venezia. Poi Barcellona, Berlino, Praga. Negli anni sono cambiati gli orizzonti, gli studenti, i costi ma nessuno ci ha mai rinunciato. È la gita scolastica, da sempre sospesa tra cultura e vacanza, didattica e divertimento, formazione e svago. Ora però il "viaggio d'istruzione", come viene chiamato nei protocolli del ministero, rischia di sparire.

Addio fuga dalla routine dei banchi, rito indimenticabile per generazioni di studenti. Per l'Osservatorio sul turismo scolastico del Touring Club nella scuola superiore c'è stato un calo netto: nel 2010/2011 le classi in gita sono passate dal 60 per cento al 38, gli studenti da 1,3 milioni a 760 mila, il fatturato da 340 milioni a 215. Nell'ultimo anno, dicono i ricercatori, hanno sicuramente pesato le manifestazioni studentesche contro la riforma, le proteste dei professori contro i tagli, ma da soli non spiegano la riduzione.


Nel 1992, una circolare del ministro Iervolino stabilì che le "visite d'istruzione" dovevano essere a carico delle scuole non delle famiglie. Così non è stato. "Da tempo i professori non hanno più la diaria e non hanno pagate le trasferte ma questo non è la vera causa del calo. Il motivo principale è il forte aumento dei costi. È un peccato, così si perde un'esperienza che può essere ancora formativa", spiega Mario Rusconi, vice presidente dell'Associazione nazionale presidi. "Sono aumentati i prezzi della benzina, degli hotel, degli autisti. Alcune scuole creano un fondo per sovvenzionare gli studenti che non possono pagare. A volte sono anche gli insegnanti, tanto bistrattati, a dare i soldi per chi non se lo può permettere".

Alle classi superiori il costo di una gita si aggira intorno alle 400 euro, una cifra significativa che rischia di creare discriminazioni. "È una bella fetta del reddito che può mettere in difficoltà. La gita va salvata ma deve tornare ad essere legata ad una motivazione culturale, al percorso di apprendimento. Non deve essere un viaggio alla moda". Come a volte è diventato, ma non per tutti. "Nel nostro istituto abbiamo un'adesione che non supera mai il 50%, non abbastanza, occorre un'adesione dei due terzi, quindi rinunciamo", dice Leandro Cantoni, preside dell'istituto professionale Cattaneo di Roma. "Accade nei professionali e nei tecnici, meno nei licei".



La gita è in crisi ma non solo per i soldi. "Negli anni c'è stata un'involuzione consumistica dei modelli educativi", spiega Benedetto Vertecchi, pedagogo. "L'uscita scolastica è un'esigenza legittima che deve essere organizzata sulla base di un percorso cognitivo non può diventare un'attività da agenzia turistica". Pochi fondi e molte critiche, così nella scuola si ridefinisce la rotta e il viaggio se vorrà sopravvivere dovrà cambiare. "Organizziamo ultimamente scambi culturali", dice il preside Rusconi. "Alcuni studenti sono andati ospiti a San Pietroburgo, ora sono venuti da noi i ragazzi russi. Si risparmia e rimane un'esperienza culturale importante per i ragazzi".

Già, i ragazzi. La gita ha accompagnato la vita di generazioni di studenti, per molti è stato il primo viaggio, per tutti occasione di risate, amori e ricordi. Impossibile tornare indietro. "Adesso i contributi scolastici servono per garantire quello che dovrebbe essere la normalità e addio viaggi", dice Sofia della Rete degli Studenti. "Ma partire è importante, rende reale quello che studiamo ed è un'opportunità per stare insieme. Non vogliamo rinunciarci".

Marina Cavallieri, La Repubblica.it 29 ottobre 2011

mercoledì 19 ottobre 2011

E Riccardo Muti parlò...

Sara (NB2 17/19 ore) mi ha fatto notare questo video, che anche se da qualche tempo fa, credo sia sempre attuale. Dovete senz'altro vederlo... Grazie Sara.



giovedì 29 settembre 2011

BAMBINI IN GARA

Olimpiadi del gioco tradizionale: 400 bambini in gara

Eccoci tornati dalla vacanza e ancora all'EOI. Visto che non trovo offerte di viaggi interessanti in questi giorni vi offro una bellissima possibilità per tornare all'infanzia con i giochi popolari in Sardegna.



Questo weekend in Sardegna, a Baradili e Setzu, un esercito di piccoli campioni in costume pronti a sfidarsi in 22 “sport” dei primi del Novecento. Un'occasione per scoprire l'inedito territorio della Marmilla

Lo chiamano distretto culturale “evoluto” e si stenta a credere a questo aggettivo. Invece il territorio della Marmilla, una manciata di paesini da circa 400 abitanti l’uno in provincia di Oristano, è davvero un gradino più su del resto della Sardegna. Radici nel mondo primitivo e un Consorzio, le Due Giare(www.agenziasviluppoduegiare.it), che ha saputo trarre il meglio della vita semplice e ricca di una volta per creare occasioni di crescita e sviluppo culturale, di lavoro e di nuova linfa agli uffici anagrafe. Festival, workshop, sagre, teatro e alla musica ravvivano tutto l’anno, e in particolare in estate, la Marmilla. L’ultimo di questi eventi, last but not least, sono le Olimpiadi del gioco tradizionale della Sardegna, che si tengono sabato 1° e domenica 2 ottobre a Baradili e Setzu. Un viaggio nel tempo, oltre che nello spazio, con 400 bambini da 33 paesi in vestiti d’epoca che eseguono 22 “sport” dei primi del Novecento.


L’occasione è straordinaria – grazie anche ai voli low cost su Cagliari – per visitare questa zona a un’ora dalle spiagge del Sinis, con sabbia di cristalli di quarzo e mare che pare le Maldive, ma con un’offerta gastronomica incomparabile. A Baradili, il comune più piccolo dell’isola, 96 abitanti (60 effettivi) si producono i ravioli della tradizione, quelli senza conservanti, con mandorle, ricotta, spinaci, limone o zafferano nel pastificio Santa Margherita, e si dorme al Vecchio Borgo (tel. 338.6115246, www.ilvecchioborgo.net) che è anche ristorante.

A Nureci, bellissimo paesino di pietra ristrutturato con sapienza, valorizzato da murales di Angelo Pilloni e da sculture di Pinuccio Sciola, si può dormire in una dimora dell’Ottocento ben restaurata, con loggiato e 4 camere: S’omu antiga (tel. 0783.96692). A Morgongiori si mangia divinamente dalla signora Gilda che cantando intreccia la pasta per le lorighittas, sorta di orecchini a spirale da condire con sugo di carne (anche 6 camere, tel. 0783.932117).


Fa parte della stessa rete, “i sapori di ieri”, il ristorante Su Talleri (tel. 0783.990265) a Masullas: un paesino-gioiello anche per il suo convento del Seicento che ospita il nuovo Geomuseo Monte Arci con un’originalissima raccolta di minerali e fossili e ossidiane del vicino Monte Arci.


Susanna Lavazza, Corriere della sera 29/9/11

sabato 12 febbraio 2011

STUDI E PROSTITUZIONE

Prostituzione giovanile: sempre di più per pagare bollette e rette universitarie


E' Sono sempre di più le persone che dicidono di prostituirsi per far fronte al lavoro che non c'è, per pagarsi gli studi o semplicemente per potersi permettere il superfluo. Secondo un'indagine di Studenti.it ancora in corso, per il 30% degli utenti questa è un'alternativa possibile se mancano i soldi per studiare oppure un'occupazione. Il fenomeno non è solo italiano e, con la crisi, potrebbe aggravarsi.

E' il mestiere più antico del mondo e oggi non è più un tabù. I costumi sono cambiati, la comunicazione tra le persone è veloce e a ricorrere a questo espediente sono sempre più persone: giovani che fuggono da lavori sottopagati e dal precariato, donne che non riescono a far quadrare il bilancio familiare, studenti e studentesse che cercano un modo per guadagnare bene ma che non li distolga troppo dalla vita universitaria.


Ma da trasmissioni come Le iene emerge anche il fenomeno delle baby prostitute, studentesse delle scuole superiori che lo fanno per potersi permettere il superfluo, accessori firmati & co.



Il fenomeno non è solo italiano. In Francia una ricerca del 2006 metteva in evidenza che 2 studenti su 100 si prostituivano per potersi pagare gli studi, sempre più cari. Anche l' Inghilterra, nello stesso periodo, aveva visto crescere il fenomeno in seguito al triplicarsi delle rette universitarie.



E in Italia? Un'inchiesta di StudentiMagazine del 2006 ha rivelato che il 21% delle studentesse usa il proprio corpo per pagarsi gli studi. Erano anni lontani dagli attuali tagli sull'università: tagli ai fondi degli atenei ma anche al 95% delle borse di studio. Come reagiranno gli studenti? Il fenomeno aumenterà?

Da : Studenti.it

È giustificabile prostituirsi se non si trova lavoro o non si hanno soldi per studiare?

sabato 15 maggio 2010

DRAQUILA O L'ITALIA CHE TREMA




















Sabina Guzzanti




"Una mia amica giornalista un giorno mi dice: "Ho conosciuto un signore che racconta storie stranissime su L'Aquila. Non ho capito molto di quello che diceva, ma gli ho detto di parlare con te perché questo è il genere di cose che ti interessano". Non aveva torto. Era luglio, a breve sarebbe iniziato il G8 ed ero decisa a incontrare il signore in questione. Ma in quei giorni la città era sotto assedio e andarci significava farsi fermare dai militari ogni tre metri. Quindi me la prendo comoda, avrei aspettato che i giorni dei grandi della terra fossero passati

Qualche tempo dopo, alla fine di uno spettacolo, io e due amiche ci rimettiamo in marcia verso L'Aquila partendo da Arezzo. Il signore che avrebbe detto delle cose che mi avrebbero impressionato, era di casa in un campo autogestito. È stata una serata bellissima, io lì in mezzo al loro, alcuni ragazzi mi hanno offerto l'imitazione di un loro professore in cambio di un Berlusconi. Poi il clima goliardico della serata è andato sfumando e hanno iniziato a dare spazio ai loro pensieri. La cosa che mi ha colpito è che tutti avevano un'adorazione e una gratitudine sconfinata per i volontari e i vigili del fuoco mentre nei confronti dei dirigenti della Protezione Civile era diffuso un sentimento di diffidenza e di paura.















Ho cominciato ad osservare quello che succedeva.

C'era una popolazione per lo più di anziani e una buona parte di famiglie affrante sì, ma convinta che nella disgrazia non gli poteva andare meglio.
E una popolazione che mugugnava impaurita e sospettosa. Qualcuno di questi partecipava a comitati cittadini e si affannava a parlare nel vuoto.
Alcuni dei ribelli dicevano: "Qui si sta facendo un esperimento. Quello che succede qui è quello che vogliono che succeda in tutta Italia." Mi sono fatta suggestionare e ho provato l'emozione di scoprire dal vivo quello che tutta Italia oggi sta scoprendo sui giornali.

Quello che venivo a sapere sulla Protezione Civile mi sembrava enorme, incredibile. Abbiamo preso atto dell'esistenza di uno stato parallelo che stava crescendo senza che nessuno ne sapesse niente. Si parla molto della censura dell'informazione in Italia. Ebbene la censura copre operazioni come questa. La censura e la costante minaccia della perdita del lavoro per chiunque esprima dissenso. Come mai gli italiani votano Berlusconi?

La violenza della propaganda, l'impotenza dei cittadini, l'economia e i rapporti di forza fondati sull'illegalità e una catastrofe: il terremoto che ha annientato la città de L'Aquila per raccontare come è stata piegata la giovane democrazia italiana".

lunedì 18 gennaio 2010

I BAMBOCCIONI

A che età bisogna andare via da casa?
l'espresso 18 gennaio 2010

Infuria la polemica sui "bamboccioni". Per Brunetta a 18 anni bisogna andare a vivere da soli per legge. Peccato che in Italia sia impossibile trovare un lavoro e una casa. Voi a che età avete mollato la famiglia? E che cosa ne pensate?

Il termine lo ha lanciato, quando era al governo, l'allora ministro Tommaso Padoa-Schioppa, che si augurava una legge finanziaria con incentivi per aiutare i ragazzi ad affrancarsi dalla famiglia d'origine, altrimenti diventavano dei "bamboccioni".



Qualche giorno fa la questione è tornata d'attualità per una sentenza con cui il Tribunale di Bergamo ha condannato un artigiano a continuare a pagare gli alimenti alla figlia 32enne, iscritta fuoricorso da 8 anni alla facoltà di Filosofia: aveva smesso di inviarle l'assegno quando lei aveva 29 anni, poiché non si decideva a laurearsi.

Ci ha poi pensato il ministro Renato Brunetta a gettare benzina sul fuoco, augurandosi una legge per «obbligare i figli a lasciare casa dopo aver compiuto 18 anni»: ovviamente si tratta di una boutade, perché nessuno può impedire a un genitore, se vuole, di mantenere il figlio finché gli pare.




Ma il problema, in effetti, esiste. Negli Stati Uniti la maggior parte dei ragazzi se ne va di casa alla fine della high school, quando di solito cambia città per iniziare l'università altrove.


In Europa le cose vanno un po' diversamente, ma in effetti è in Italia che si tende a rimanere in casa il più a lungo possibile. Perché la vita in famiglia è più comoda, certo, ma anche perché il nostro è un paese tutt'altro che friendly con i post adolescenti che vogliono andarsene: prendere un a casa in affitto, anche in condivisione, è una possibilità concessa a pochi privilegiati, e trovare lavoretti anche precari che consentano davvero di mantenersi agli studi è, spesso, altrettanto difficile.

Peter Pan l'eterno bambino
Resta tuttavia anche una "resistenza culturale": da noi i ragazzi hanno molta più paura che all'estero di cambiare casa se non addirittura città. In una società globale sempre più liquida e nomade, siamo uno dei popoli più stanziali e meno aperti "all'avventura" in un'altra città o all'estero. Il che fa male non solo alle giovani generazioni, ma a tutto il Paese e alla sua economia, alla sua apertura, alla sua predisposizione al nuovo.

E voi, a che età siete andati via di casa? Come avete fatto?
E quali provvedimenti pensate che si possano seriamente prendere per incentivare e consentire ai ragazzi di affrancarsi dalla famiglia d'origine e di "volare" da soli?





sabato 23 maggio 2009

Ancora una spinta.

How many times
di Marco Pirrello 23/05/2009

«La mafia è un fatto umano e come tale ha un inizio e avrà anche una fine». Era la convinzione di Giovanni Falcone, ucciso diciassette anni fa a Capaci insieme a Francesca Morvillo, Rocco Di Cillo, Vito Schifani e Antonio Montinaro. Noi li ricordiamo con questo video
- In Piazza Verga, per non dimenticare

sabato 28 febbraio 2009

Raccolta senza pizzo



Contadini per un giorno. Contro il racket
Si ripete anche quest’anno la raccolta delle Arance Pizzo-Free a Palagonia per dare sostegno al signor Carmelo Pappalardo, vittima di usura, estorsione e intimidazioni. Appuntamento sabato 28.


giovedì 30 ottobre 2008

Immigrati, il rapporto Caritas: quasi quattro milioni i regolari

All’inizio del 2008 erano tra i 3,8 e i 4 milioni gli immigrati regolari in Italia, con una incidenza del 6,7% sul totale della popolazione, leggermente al di sopra della media Ue. È la stima fatta dalla Caritas italiana e dalla Fondazione Migrantes nel XVIII dossier statistico presentato a Roma (qui il .pdf della scheda di presentazione): cifre che sono lievemente superiori a quelle stimate dall’Istat, secondo il quale i cittadini stranieri residenti all’inizio del 2008 erano quasi 3,433 milioni, comunitari inclusi.
La prima collettività, raddoppiata in due anni, è quella romena con 625.000 residenti e, secondo la stima del Dossier, quasi 1 milione di presenze regolari, seguita da quella albanese (402.000) e marocchina (366.000); un poco al di sopra e un poco al di sotto delle 150 mila unità si collocano, rispettivamente, le collettività cinese e ucraina. A guadagnare anche in termini percentuali sono stati gli europei (52,0%), mentre gli africani mantengono le posizioni raggiunte (23,2%) e gli asiatici (16,1%) e gli americani (8,6%) perdono almeno un punto percentuale. Tradotto: sono immigrati una persona ogni 15 residenti, una ogni 15 studenti, quasi una ogni 10 lavoratori occupati; inoltre, in un decimo dei matrimoni celebrati in Italia, è coinvolto un partner straniero, così come un decimo delle nuove nascite va attribuito a entrambi i genitori stranieri.
In cifre, spiega il rapporto, si parla di quasi 800.000 minori, più di 600.000 studenti, più di 450.000 persone nate da noi, più di 300.000 diventate cittadini italiani dal 1996, più di 150.000 imprenditori ed il doppio se si tiene conto anche dei soci e delle altre cariche societarie.
Il dossier analizza anche l’andamento dei flussi nell’ultimo triennio: nel periodo 2005-2007 sono state presentate circa 1,5 milioni di domande di assunzione di lavoratori stranieri da parte delle aziende e delle famiglie italiane. Per la precisione 251.000 nel 2005, 520.000 nel 2006 e 741.000 nel 2007, con una incidenza, rispetto alla popolazione straniera già residente, prima del 10%, poi del 20% e nel 2007 del 25%, ma addirittura del 33% rispetto ai lavoratori stranieri già occupati. I flussi registrati nell’ultimo decennio, spiega la Caritas, sono tra i più alti nella storia d’Italia, paragonabili, se non superiori, al consistente esodo verso l’estero degli italiani nel secondo dopoguerra. L`immigrazione è dunque “sostanzialmente di segno positivo e concorre fortemente a porre rimedio alle lacune del nostro paese”, che sta diventando sempre più vecchio.
Gli immigrati sono una popolazione giovane: l’80% ha meno di 45 anni, mentre sono molto pochi quelli che hanno superato i 55 anni. Inoltre, il tasso di fecondità delle donne straniere è in grado di assicurare il ricambio della popolazione (2,51 figli per donna), a differenza di quanto avviene tra le italiane (1,26 figli in media).
Nel 2007, poiché non è stata integrata la quota iniziale di 170.000 nuovi ingressi, si può ipotizzare tenuto conto delle domande presentate - spiega il dossier Caritas-Migrantes - la presenza di almeno mezzo milione di persone già insediate in Italia e inserite nel mercato del lavoro nero, e a volte sprovviste di permesso di soggiorno. “A regolamentare i flussi in entrata non potranno essere i Centri di identificazione e di espulsione” sostiene la Caritas “e gli interventi repressivi, ma si richiede il supporto di interventi più organici”. Sempre nel 2007 le acquisizioni di cittadinanza sfiorano le 40.000 unità; le nuove nascite sono 64.000; gli studenti aumentano al ritmo di 70.000 l’anno; i minori tra nuovi nati e venuti dall’estero sono più di 100.000; le nuove assunzioni “ufficiali” sono più di 200.000 l’anno; l’aumento minimale della popolazione immigrata si aggira sulle 350.000 unità. Un’elevata presenza si registra presso le famiglie per l’assistenza (le “Sante badanti a cui Panorama ha dedicato un’approfondita inchiesta), nell’edilizia, nelle fabbriche e in determinati servizi ed è riscontrabile una diffusione crescente anche in altri settori: nei trasporti, nei bar, negli alberghi, negli uffici. E gli immigrati hanno un tasso di attività (73%) di 12 punti più elevato degli italiani e sono creatori di ricchezza: concorrono per il 9% alla creazione del Pil (stima Unioncamere), coprono abbondantemente le spese sostenute per i servizi e l’assistenza con 3,7 miliardi di euro utilizzati come gettito fiscale (stima Dossier).
Non solo: crescono anche gli investimenti per l’acquisto della casa: tra gli italiani 8 su 10 sono proprietari di casa, mentre tra gli immigrati lo è solo 1 su 10, ma il divario è in continua diminuzione. Il nostro paese si colloca in Europa tra quelli al vertice per numero di immigrati e la dimensione globale delle grandi città italiane anticipa quello che sarà il futuro nel resto del paese. A Milano l’incidenza degli stranieri è del 14% e 1 ogni 4 è minore (quasi 50.000 su un totale di 200.000), mentre a Roma l’incidenza si attesta sul 10% e l’intera popolazione immigrata raggiunge le 300.000 unità.

venerdì 8 febbraio 2008

Pedalare in Italia

Il racconto di Gianluca che ha scelto le due ruote per andare al lavoro ogni giorno: "Pedalare mi fa stare meglio, temo solo gli incidenti". I consigli della Fiab per andare in sicurezza.

"I miei 20 chilometri in bici. Con o senza traffico, stesso tempo".

di VALERIO GUALERZI



ROMA - "La circolazione dei pedoni dei veicoli e degli animali" deve essere organizzata "perseguendo gli obiettivi di una razionale gestione della mobilità, della protezione dell'ambiente e del risparmio energetico". Ad affermare questo principio fondamentale non è il programma di un'organizzazione ecologista, ma l'articolo 1 del Codice della Strada. La realtà, come sappiamo, è molto diversa e spesso chi sceglie di rinunciare all'automobile lo fa con motivazioni profonde e grandi soddisfazioni, ma anche a costo di correre qualche pericolo.

"Faccio ogni giorno circa 20 chilometri in bicicletta, 15 per andare a lavoro e gli altri 5 in giri vari: l'unica nota negativa è il poco rispetto degli automobilisti", racconta Gianluca Torelli, 42 anni. La distanza fissa è quella che conduce Gianluca dal quartiere Trieste, una zona semicentrale di Roma, al km 10 della Salaria, dove sorge la sede Rai presso la quale lavora come programmista. Un percorso misto, tra centro urbano e strada consolare, che Gianluca percorre in 40 minuti. "Ho calcolato - spiega - che impiego solo una decina di minuti in più rispetto al viaggio in auto, ma ho la certezza che con o senza traffico il tempo sarà sempre lo stesso".


Bici pubbliche contro il traffico.

"Inoltre - ricorda ancora Gianluca - so di fare l'unica cosa di buon senso possibile, risparmio soldi (almeno cento euro al mese solo di benzina), faccio del bene all'ambiente e mi tengo in forma. Senza contare che andando in bici in città ho scoperto delle cose che non avevo mai notato". L'unica nota negativa è quella sulla sicurezza. "Le macchine ti sfrecciano accanto a velocità folli, soprattutto sulla Salaria", si lamenta. La Fiab, la Federazione amici della bicicletta, sta facendo da anni campagne affinché le amministrazioni introducano delle semplici regole a tutela dei ciclisti, come le zone con i limiti di velocità a 30 km/h. In attesa che la scarsa sensibilità dei politici migliori, ci sono però degli accorgimenti che ognuno può prendere per ridurre il più possibile i rischi di incidente.

"La due cose fondamentali - spiega Edoardo Galatola - sono la visibilità e la cortesia: vestirsi di colori chiari e muoversi prevedendo le mosse degli altri". Controversa invece l'utilità del caschetto. "Ci aiuta a prevenire traumi nel caso di un nostro errore, se si cade ad una velocità intorno ai 20 km/h, ma - mette in guardia Galatola - serve a ben poco se siamo investiti da una macchina". "In compenso - prosegue - studi hanno dimostrato che gli automobilisti davanti a un ciclista con il casco tendono a non rallentare e a passargli più vicini".


A spasso con i bambini.

Quello delle distanze è un altro aspetto da non sottovalutare. "Il consiglio che posso dare -aggiunge il responsabile sicurezza della Fiab- è di non accostarsi troppo sul ciglio della strada, ma di stare leggermente più in mezzo perché obbliga chi è in macchina a vederci e rallentare. Ovviamente poi bisogna cedere subito il passo, facendoci da parte con gentilezza".
(7 febbraio 2008)

Usate la bicicletta in città?
Quali sono le vostre esperienze?

sabato 2 febbraio 2008

Troviamo il motto italiano!

Un motto per l'Italia!

Gli inglesi, beati loro, sono occupati con una questione splendidamente inutile, quindi piuttosto interessante: definire la "britannicità" in un periodo in cui il Regno Unito viene usato da molti come un'anonima piattaforma internazionale, e rischia di perdere il proprio carattere. Si domandano a Londra (meno ad Edimburgo): gli americani hanno scritto tutto nella Dichiarazione d'Indipendenza, i francesi ripetono "Liberté, Egalité, Fraternité". Perché noi niente?


Lo scrittore giornalista italiano

Della "caccia al motto" ha scritto la "Herald Tribune", ricordando alcuni esiliranti interventi nella House of Lords e un concorso promosso da "The Times". Tra i molti suggerimenti arrivati sono piaciuti "One Mighty Empire, Slightly Used" (Un potente impero, leggermente usato), "We Apologize for the Inconvenience" (Ci scusiamo per il disturbo) e - scelto dal 21% dei lettori - "No Motto, Please, We're British", che ricorda "No Sex, Please, We're British", e non ha bisogno di traduzione.

Voi capite che, di questi tempi, la tentazione è irresistibile. Troviamo un motto per l'Italia! Qualcosa di breve ed efficace, da mettere sotto la bandiera. I vostri suggerimenti mandateli a www.corriere.it. Li pubblicheremo tutti (esclusi quelli volgari, incompatibili col codice penale e, comunque, troppo facili).

Potremmo cominciare con L'ONESTA' E' UN OPTIONAL: mi sembra riassuma bene la condizione di un Paese dove non è ancora vietato (per adesso) essere onesti, ma non è strettamente necessario. Tanto, non succede niente (leggete, vi prego, "Fine pena mai", il libro di Luigi Ferrarella sullo stato comatoso della giustizia italiana).


Severgnini un genuino interista

Una seconda possibilità è NON SI SA MAI. Fossimo fatalisti diremmo "Quel che sarà, sarà", come i sudamericani. Siccome siamo cauti, optiamo per il dubbio civico metodico. NON SI SA MAI rende l'idea di un Paese dove tutto - la protesta, l'indignazione, la reazione col voto - è condizionato dal timore delle conseguenze.

LIBERA CURVA IN LIBERO STADIO Un adattamento calcistico del celeberrimo "Libera Chiesa in libero Stato", ultimamente un po' malandato. Per carità, la libertà dello Stato c'è ancora: vigilata, però.

UNA REPUBBLICA FONDATA SULLO STAGE Lieve aggiornamento dell'articolo 1 della gloriosa Costituzione Italiana (buon compleanno, signora). Un motto che ho proposto proprio qui qualche anno fa, e ha avuto un certo successo (600 citazioni su Google), soprattutto tra i ventenni precari. Meno fra i loro capi.

Il mio motto preferito per l'Italia moderna è però UNO PER UNO, TUTTI DISTRUTTI. Mi sembra perfetto per descrivere i disastri provocati dall'individualismo parossistico. Arrivano le elezioni. Alcuni furbacchioni tenteranno di convincervi che questo è un segno di libertà e autonomia, e ogni tentativo di creare qualcosa insieme è una forma di statalismo mascherato. Storie. La verità è un'altra: fare i nostri porci comodi è facile, ma è stupido. Prima o poi arriva un altro più comodo e più porco di noi. E allora sono guai.

Beppe Severgnini

Alcuni video di Severgnini

Pensate che i motti siano necessari e rappresentino una nazione?
Avete qualche motto da proporre?
Inviateci i vostri commenti!

giovedì 17 gennaio 2008

Ancora il tintore della Fontana di Trevi...

Una pioggia di sfere colorate ha invaso la scalinata di Trinità dei Monti
I vigili hanno fermato Graziano Cecchini, già autore del blitz dello scorso ottobre

Palline di plastica in piazza di Spagna l'autore "colorò" Fontana di Trevi

L'azione "ha uno sponsor" per via del costo, 20.000 euro


Le palline lanciate in piazza di Spagna

ROMA - Cinquecentomila palline di plastica colorate sono state lanciate a Roma da Trinità dei Monti, rimbalzando sulla famosa scalinata, sino ad arrivare ai piedi della "Barcaccia", la fontana di Piazza di Spagna, tra lo stupore di passanti e turisti. Molti di loro hanno raccolto le palline per portarle via come "ricordo indimenticabile di questa vicenda". Autore del gesto, Graziano Cecchini, l'uomo che tinse di rosso l'acqua della Fontana di Trevi nell'ottobre scorso. "E' un'operazione artistica che documenta con l'arte il problema che abbiamo in Italia - ha detto lo stesso Cecchini sul posto - ci raccontano tante bugie che non sono né di destra né di sinistra".

GUARDA LE FOTO - GUARDA IL VIDEO

IL PRECEDENTE: FONTANA DI TREVI

Cecchini è in stato di fermo insieme ad altre tre persone (una delle quali minorenne) con l'accusa di interruzione di pubblico servizio. Domattina sarà processato per direttissima. A bloccarlo sono stati i carabinieri, arrivati in piazza di Spagna immediatamente dopo l'azione rivendicata con un volantino. Sul quale si legge: "Tattarattatà: i fratelli d'Italia si son rotti le palle. Dal rosso Trevi alla quadricromia. Noi futuristi ascendiamo verso le vette più eccelse e più radiose e ci proclamiamo signori della luce perché già beviamo alle vive fonti del sole. Una macchia di colore vi tumulerà. Noi siam da tempo calpesti, derisi, perché non abbiam governi decisi".

Per compiere il gesto, Cecchini si è addirittura procurato uno sponsor: un sito internet di suonerie per cellulari, il cui logo campeggiava sul giubbino che aveva indosso. C'era bisogno di uno sponsor, ha spiegato, a causa del costo elevato dell'operazione ("20 mila euro"), molto di più di quanto "investì" lo scorso ottobre per acquistare il colorante rosso con il quale tinse l'acqua della Fontana di Trevi.

I vigili urbani hanno chiuso la scalinata di Piazza di Spagna e l'area attorno alla fontana per permettere all'Ama di ripulire, un'operazione terminata poco dopo le 14. Cecchini verrà con molta probabilità multato, con "un ammontare variabile come spiegano i vigili. Il Comune ha intenzione di chiedere i danni.

"Un comportamento inaccettabile. Errare humanum est, perseverare è diabolico - ha commentato l'assessore comunale alla Sicurezza, Jean Leonard Touadi - la ricerca di pubblicità a spese dell'immagine di una città non è divertente. Certo, se uno fa le cose una volta e non accade nulla si permette di rifarlo, soprattutto se diventa un eroe e viene accolto in tutte le tv".

(16 gennaio 2008)

Pensate che questo tipo di performance siano delle vere azioni di protesta? Lasciate i vostri commenti!

domenica 30 dicembre 2007

E adesso dimentichiamo 2007!!!


I miei 10 buoni propositi per il 2008


1) Protestare, protestare, protestare quando mi pagano con mesi di ritardo, quando mi fanno lavorare senza firmare il contratto (e dunque in nero), quando mi dicono che mi stanno pagando e poi passano altri mesi.


2) Avere l'idea giusta al momento giusto: sapere scegliere quando dovrò scegliere. Questo potrebbe essere un anno particolare, di rotture o di conferme (in ambito lavorativo, ovviamente!).

3) Riscrivere il mio curriculum e ridurlo nelle pagine in modo che ci stia dentro tutto, ma in maniera più leggibile. Di conseguenza tradurlo in inglese, francese e tedesco. Non si può sapere mai nella vita.


Anno nuovo vita nuova?

4) Riuscire a stampare delle mie foto di vari formati e appenderle a casa mia.

5) Utilizzare al meglio la mia nuova agenda 2008, riuscendo quindi a fare meno confusione con appuntamenti e cose varie e quindi, fondamentalmente, con me stesso.

6) Riordinare i miei cd, comprare una valigetta per mettervi dentro un centinaio di dischi pronti all'uso.

7) Inventare almeno una nuova ricetta ogni mese a seconda della stagione e delle materie prime di quella stagione.



8) Farmi la barba con la schiuma e il rasoio, almeno una volta nel 2008.

9) Litigare un po' più spesso con Laura e farla ingelosire un po' di più.

10) Compiere almeno il 50% di quanto scritto sopra.

Certo, la lista è incompleta: ma 10 è un numero che mi piace e quindi mi fermo qui. Ognuno di questi punti ha un suo "dark-side" e quindi io so che dietro ogni "buon-proposito" ce ne stanno ancora altri, surrogati di quelli visibili. Oppure: sono sicuro che se domani dovessi riscrivere i miei dieci buoni propositi cambierei qualcosa, ma per oggi va bene così.




Ed io aggiungerei: per Capodanno, niente mutande... rosse!!!

giovedì 20 dicembre 2007

È in arrivo!!!

Anche se a me non... ecco ancora il Natale. E certo bisogna dirne quelcosa, e poi ne dirò poco o forse canterò un po'.

L'albero di Natale in Piazza Venezia (Roma)


Ma chiedete ai bambini... Evviva la TV, evviva i regali, evviva la Befana!


La Befana sempre indaffarata


biscotti della befana o befanini

I befaninni o biscotti della Befana

Ingredienti (per 6 persone):

  • Farina: gr. 500
  • Zucchero: gr. 300
  • Burro: gr. 150
  • 4 uova
  • Mezzo bicchiere di latte
  • Una bustina di lievito
  • Un bicchierino di rhum o anisetta
  • Scorza d'arancia
  • Anacini (confettini colorati)
  • Poco sale

  • E per gli adulti magnate e qualche chilo in più...

    Alcune ricette per la Vigilia di Natale
    Il cenone di Natale trascorre in famiglia. Ecco aluni piatti tipici.
    E per il pranzo...

    Come nel caso del cenone, il pranzo di Natale varia secondo le regioni per presenta ricette tradizionali.


    I dolci di Natale:







    Ed infine un classico...

    I nostri migliori auguri per le prossime Feste Natalizie e di Capodanno.