martedì 19 febbraio 2008

Lunedì la Seconda "Giornata mondiale della lentezza"

"Appuntalenti" in tutta l'Italia

Idea nata a Pavia, apprezzata all'estero:
dal 25 al 27 "Festival della lentezza" a New York

di ANDREA BETTINI
ROMA - I lunedì non sono tutti uguali. Nel giorno più temuto della settimana a volte si può anche rallentare. Per chi è stressato dai ritmi della modernità, per chi sogna una pausa o per chi, più semplicemente, è convinto che la fretta sia una cattiva consigliera, il prossimo sarà un lunedì speciale: in moltissime città si celebrerà la seconda "Giornata mondiale della lentezza", un'iniziativa nata in Italia lo scorso anno.

Promotrice di questa campagna è l'associazione culturale "L'arte di vivere con lentezza"
, fondata un paio di anni fa a Pavia da alcuni amici, e che oggi può contare su circa 500 aderenti. "Abbiamo iniziato a confrontarci e ci siamo resi conto che c'è un bisogno diffuso di rallentare", spiega il presidente Bruno Contigiani, che lavora come consulente a Milano. "Ridurre ogni tanto la velocità permette di riflettere e di avere più attenzione verso sé stessi e gli altri". Con un pizzico di umorismo hanno anche stilato 21 "comandalenti", piccole regole che permettono di ridurre lo stress, come visitare la propria città per evitare un lungo viaggio verso una località lontana o svegliarsi cinque minuti prima per fare colazione senza fretta.

La Giornata della lentezza, che nella prima edizione ha avuto un grande successo, proporrà quest'anno eventi di ogni genere in Italia ma anche a Londra, Parigi e Lione. Nel ricco programma sono inserite varie iniziative culturali, come una notturna non stop di letture dantesche con Vittorio Sgarbi
al teatro Franco Parenti di Milano. Non mancano le curiosità: in Corso Vittorio Emanuele a Milano saranno scherzosamente multati i passanti frettolosi, mentre a Roma, con partenza alle ore 19 da Piazza Trilussa, si terrà la seconda maratona lenta.

A New York, che nell'immaginario collettivo è la capitale della vita frenetica, i giorni dedicati alla promozione della lentezza saranno addirittura tre. Dal 25 al 27 febbraio, la metropoli americana ospiterà infatti il primo Festival della lentezza. Anche lì si svolgeranno dibattiti e incontri, mentre a Union Square si proporrà ai newyorkesi di partecipare a dei giochi di strada e i "vigili della lentezza" fermeranno i frettolosi.


Sarà, insomma, un'occasione per riflettere su come utilizzare al meglio il proprio tempo. Perché forse la lumaca e la tartaruga, con la tranquillità che le contraddistingue, riescono a gustarsi meglio il paesaggio rispetto a chi sfreccia in autostrada. E adeguarsi al loro passo, ogni tanto, non fa poi così male.

  • Cosa penseresti se un vigile ti fermasse per strada perché cammini troppo velocemente?
  • Pensi che la gente si potrebbe abituare a ritmi di vita e di lavoro più lenti?
  • Cos'è che ci spinge ad andare sempre di fretta?
  • Potresti aggiungere altri “comandalenti” all’elenco?
  • Quale proposta faresti per un "appuntalento" nella tua città?

venerdì 15 febbraio 2008

San Valentino?

7 ragioni (X 2) per detestare San Valentino


Solo un angelo ferito?

Ormai è già andato via e visto che acqua passata non macina più, possiamo parlarne.


Il Times, ha stilato un elenco delle ragioni per le quali odiare una ricorrenza figlia del marketing più che dell’amore o del sesso.

PER LE RAGAZZE

1 – Perché se siete single non vi potete lamentare, fareste la figura della vecchia zitella inacidita...

2 – Perché non c’è niente di più deprimente dell’uomo che avete scelto come futuro marito che esprime le sue romantiche intenzioni con una card di auguri basata su un doppio senso.

3 – Perché con lo stress a livelli siderali per il fatto di dover superare a tutti i costi gli altri in romanticherie varie, il giorno di San Valentino è come un mini-matrimonio (ma nessuno si sposa in febbraio e di sicuro non ogni anno).

4 – Perché fa produrre versi di poesia terrificanti e con rime improbabili.

5 – Perché tutte le immagini di coppie perfettine e precisine servono solo ad aumentare il nascosto sospetto che gli altri siano molto più innamorati di noi e che facciano molto più sesso.

6 – Perché vi ritrovate invischiate in una vera e propria competizione. La vostra migliore amica ha ricevuto il più costoso mazzo di rose mai visto? Poco importa, voi avrete il miglior ristorante della città.

7 – Perchè ci costringe a perdere peso, vista la probabilissima ipotesi che il nostro lui ci regali un completino intimo sexy che altrimenti non riusciremmo nemmeno ad infilare.



PER I RAGAZZI

1 – Perché cadete in depressione se vi siete lasciati da poco.

2 – Perché fa fare agli uomini cose stupide, come accendere le candele, pensando che in realtà questo è quello che vogliono le donne.

3 – Perché è un pessimo affare: tra fiori, cena, regalo... non sarebbe meglio darle i soldi in contanti?

4 – Perchè nelle nuove storie invitarla ad uscire oppure no, o comprarle un regalo, la dice lunga su “a che punto siete”.

6 – Perché basta un periodo di shopping compulsivo l’anno e c’è già Natale.

7 – Perchè non c’è niente di più deprimente della donna che avete scelto come futura moglie che non ride davanti a una card basata su un doppio senso.

Incatenati a vita?

Riadattato da: http://women.timesonline.co.un
20 reasons it's okay to hate Valentine's Day

“The Sunday Times”

Vi piacciono questi giorni in due?

O pensate siano solo trovate per farci spendere?

venerdì 8 febbraio 2008

Pedalare in Italia

Il racconto di Gianluca che ha scelto le due ruote per andare al lavoro ogni giorno: "Pedalare mi fa stare meglio, temo solo gli incidenti". I consigli della Fiab per andare in sicurezza.

"I miei 20 chilometri in bici. Con o senza traffico, stesso tempo".

di VALERIO GUALERZI



ROMA - "La circolazione dei pedoni dei veicoli e degli animali" deve essere organizzata "perseguendo gli obiettivi di una razionale gestione della mobilità, della protezione dell'ambiente e del risparmio energetico". Ad affermare questo principio fondamentale non è il programma di un'organizzazione ecologista, ma l'articolo 1 del Codice della Strada. La realtà, come sappiamo, è molto diversa e spesso chi sceglie di rinunciare all'automobile lo fa con motivazioni profonde e grandi soddisfazioni, ma anche a costo di correre qualche pericolo.

"Faccio ogni giorno circa 20 chilometri in bicicletta, 15 per andare a lavoro e gli altri 5 in giri vari: l'unica nota negativa è il poco rispetto degli automobilisti", racconta Gianluca Torelli, 42 anni. La distanza fissa è quella che conduce Gianluca dal quartiere Trieste, una zona semicentrale di Roma, al km 10 della Salaria, dove sorge la sede Rai presso la quale lavora come programmista. Un percorso misto, tra centro urbano e strada consolare, che Gianluca percorre in 40 minuti. "Ho calcolato - spiega - che impiego solo una decina di minuti in più rispetto al viaggio in auto, ma ho la certezza che con o senza traffico il tempo sarà sempre lo stesso".


Bici pubbliche contro il traffico.

"Inoltre - ricorda ancora Gianluca - so di fare l'unica cosa di buon senso possibile, risparmio soldi (almeno cento euro al mese solo di benzina), faccio del bene all'ambiente e mi tengo in forma. Senza contare che andando in bici in città ho scoperto delle cose che non avevo mai notato". L'unica nota negativa è quella sulla sicurezza. "Le macchine ti sfrecciano accanto a velocità folli, soprattutto sulla Salaria", si lamenta. La Fiab, la Federazione amici della bicicletta, sta facendo da anni campagne affinché le amministrazioni introducano delle semplici regole a tutela dei ciclisti, come le zone con i limiti di velocità a 30 km/h. In attesa che la scarsa sensibilità dei politici migliori, ci sono però degli accorgimenti che ognuno può prendere per ridurre il più possibile i rischi di incidente.

"La due cose fondamentali - spiega Edoardo Galatola - sono la visibilità e la cortesia: vestirsi di colori chiari e muoversi prevedendo le mosse degli altri". Controversa invece l'utilità del caschetto. "Ci aiuta a prevenire traumi nel caso di un nostro errore, se si cade ad una velocità intorno ai 20 km/h, ma - mette in guardia Galatola - serve a ben poco se siamo investiti da una macchina". "In compenso - prosegue - studi hanno dimostrato che gli automobilisti davanti a un ciclista con il casco tendono a non rallentare e a passargli più vicini".


A spasso con i bambini.

Quello delle distanze è un altro aspetto da non sottovalutare. "Il consiglio che posso dare -aggiunge il responsabile sicurezza della Fiab- è di non accostarsi troppo sul ciglio della strada, ma di stare leggermente più in mezzo perché obbliga chi è in macchina a vederci e rallentare. Ovviamente poi bisogna cedere subito il passo, facendoci da parte con gentilezza".
(7 febbraio 2008)

Usate la bicicletta in città?
Quali sono le vostre esperienze?

sabato 2 febbraio 2008

Troviamo il motto italiano!

Un motto per l'Italia!

Gli inglesi, beati loro, sono occupati con una questione splendidamente inutile, quindi piuttosto interessante: definire la "britannicità" in un periodo in cui il Regno Unito viene usato da molti come un'anonima piattaforma internazionale, e rischia di perdere il proprio carattere. Si domandano a Londra (meno ad Edimburgo): gli americani hanno scritto tutto nella Dichiarazione d'Indipendenza, i francesi ripetono "Liberté, Egalité, Fraternité". Perché noi niente?


Lo scrittore giornalista italiano

Della "caccia al motto" ha scritto la "Herald Tribune", ricordando alcuni esiliranti interventi nella House of Lords e un concorso promosso da "The Times". Tra i molti suggerimenti arrivati sono piaciuti "One Mighty Empire, Slightly Used" (Un potente impero, leggermente usato), "We Apologize for the Inconvenience" (Ci scusiamo per il disturbo) e - scelto dal 21% dei lettori - "No Motto, Please, We're British", che ricorda "No Sex, Please, We're British", e non ha bisogno di traduzione.

Voi capite che, di questi tempi, la tentazione è irresistibile. Troviamo un motto per l'Italia! Qualcosa di breve ed efficace, da mettere sotto la bandiera. I vostri suggerimenti mandateli a www.corriere.it. Li pubblicheremo tutti (esclusi quelli volgari, incompatibili col codice penale e, comunque, troppo facili).

Potremmo cominciare con L'ONESTA' E' UN OPTIONAL: mi sembra riassuma bene la condizione di un Paese dove non è ancora vietato (per adesso) essere onesti, ma non è strettamente necessario. Tanto, non succede niente (leggete, vi prego, "Fine pena mai", il libro di Luigi Ferrarella sullo stato comatoso della giustizia italiana).


Severgnini un genuino interista

Una seconda possibilità è NON SI SA MAI. Fossimo fatalisti diremmo "Quel che sarà, sarà", come i sudamericani. Siccome siamo cauti, optiamo per il dubbio civico metodico. NON SI SA MAI rende l'idea di un Paese dove tutto - la protesta, l'indignazione, la reazione col voto - è condizionato dal timore delle conseguenze.

LIBERA CURVA IN LIBERO STADIO Un adattamento calcistico del celeberrimo "Libera Chiesa in libero Stato", ultimamente un po' malandato. Per carità, la libertà dello Stato c'è ancora: vigilata, però.

UNA REPUBBLICA FONDATA SULLO STAGE Lieve aggiornamento dell'articolo 1 della gloriosa Costituzione Italiana (buon compleanno, signora). Un motto che ho proposto proprio qui qualche anno fa, e ha avuto un certo successo (600 citazioni su Google), soprattutto tra i ventenni precari. Meno fra i loro capi.

Il mio motto preferito per l'Italia moderna è però UNO PER UNO, TUTTI DISTRUTTI. Mi sembra perfetto per descrivere i disastri provocati dall'individualismo parossistico. Arrivano le elezioni. Alcuni furbacchioni tenteranno di convincervi che questo è un segno di libertà e autonomia, e ogni tentativo di creare qualcosa insieme è una forma di statalismo mascherato. Storie. La verità è un'altra: fare i nostri porci comodi è facile, ma è stupido. Prima o poi arriva un altro più comodo e più porco di noi. E allora sono guai.

Beppe Severgnini

Alcuni video di Severgnini

Pensate che i motti siano necessari e rappresentino una nazione?
Avete qualche motto da proporre?
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