mercoledì 12 marzo 2008

Otto marzo. Tutte d'accordo?

Otto marzo? Anche nove, dieci, undici… Alcuni giorni dopo la tanto discussa festa della donna, abbiamo sentito alcune nostre redattrici per sapere cosa ne pensano di questo giorno e del loro status di “altra metà del cielo”. Mimose, luoghi comuni, voglia di festeggiare e speranza "Non mi pento di niente" (cliccate e guardate il video!) di Rosa Maria Di Natale


L'8 marzo sempre?

Olivia

La mia opinione sull’otto marzo (premettendo che non sono assolutamente femminista)? Pessima. Non c’è festa più degradante per una donna. Non perché in sé non sia “giusta”, ma per l’uso che se ne fa. Non mi sento “donna” solo l’otto marzo. E soprattutto non mi sento donna nel comportarmi per una volta all’anno come la peggiore specie maschile. Quest’anno sono uscita, ma non mi ero nemmeno accorta che era il fatidico giorno. Sono andata semplicemente al cinema. Quello che però ho visto è stato degradante: un’orda di femmine (scusate se le chiamo così) che andavano in massa a vedere spogliarelli nei vari locali. In fondo l’otto marzo serve a ricordare quanto le donne – ancora oggi – siano considerate inferiori. Non mi sento, però, di dare la colpa agli uomini; semmai il contrario: lottare per i propri diritti lo si fa ogni giorno. Se tutte facessimo un po’ di pressione nel nostro quotidiano, forse qualcosa cambierebbe. Mi arrabbio ancora di più quando la donna si definisce del sesso debole ogni volta che le fa più comodo… E’ palese che uomo e donna sono differenti, ma io credo che la debolezza stia soltanto nella volontà del singolo. Esistono e sono esistite grandi donne e in epoche in cui era ancora più difficile essere considerate parte del mondo, queste hanno cambiato radicalmente la storia. A questo punto mi chiedo, siamo veramente il “sesso debole”


Le mimose

Desirée

Vi è mai capitato di sentir dire “le donne sono inferiori agli uomini?” o luoghi comuni come “le donne non sanno guidare non dovrebbero dargli neanche la patente” o ancora “la donna dovrebbe stare a casa ad occuparsi dei figli e del marito, non deve andare a lavorare”? Potrei continuare all’infinito e sicuramente la maggior parte delle donne ha sentito dire queste frasi almeno una volta nella vita. Ancora oggi infatti si crede che la donna debba essere l’angelo del focolare come nei vecchi anni ‘30. Conosco alcuni uomini che addirittura si infastidiscono quando si parla dei diritti delle donne, della parità di trattamento e opportunità ai due generi. Sostengono che facciamo le vittime, che vogliamo ottenere una parità impossibile, perché la natura ci ha fatti con ruoli diversi in base alle nostre capacità fisiche e intellettive, quindi perché noi esseri umani dovremmo cambiare le cose? Anche tra gli animali, sostengono, la donna si occupa del cibo per tutto il nucleo familiare e della crescita dei figli, mentre il maschio si dedica alla sicurezza del territorio e del proprio nucleo familiare. Ma a questo punto mi sorge spontanea una domanda: ma non c’è una differenza sostanziale tra uomini e esseri umani, ovvero la capacità di ragionamento? Se ci paragonassimo agli animali in tutto e per tutto allora perché vivere in casa e non sotto il cielo stellato? Perché cuocere gli alimenti? Perché usiamo anticoncezionali? Perché curarsi? ...

Un altro esempio di come la società in cui viviamo sia misogina è il riaccendersi del dibattito sulla legge 194/78 sull’interruzione di gravidanza. Dibattito che guarda caso è molto sostenuto dagli uomini. Allora mi chiedo: ma con quale diritto gli uomini parlano di un qualcosa che a loro neanche li sfiora? Come possono solo pensare di decidere cosa una donna debba fare con il suo corpo e addirittura spingersi ad etichettare come assassine coloro che decidono di compiere questo difficilissimo passo? Credo che fino a quando le donne non verranno considerate nella loro identità di essere umano la situazione non potrà cambiare. Ma anche che questo cambiamento debba partire dalle donne che devono credere in se stesse cercando di valutare tutte le loro caratteristiche. Certo ci sono delle differenze biologiche tra uomini e donne ma, entrambi siamo dotati di capacità importanti per una migliore sopravvivenza, e la diversità porta il più delle volte ad ottenere lo stesso risultato con metodi e mezzi differenti. Il minimo che una società civile possa fare è dare pari opportunità e pari trattamento indipendentemente dal sesso.


Maria

Ieri era l’8 Marzo? Ah, già, ho ricevuto un mazzolino di mimose. L’ho apprezzato perché è stata un’altra donna a donarmelo. L’aveva tagliata dall’albero di casa, ed il padre aveva aggiunto un rametto di ulivo. Come a significare un augurio di pace tra tutte le donne. Ed è bello pensarla così, quando si tratta del gesto di una collega di lavoro: che non ci sia invidia, gelosia o rivalità, ma che regni l’armonia.

Renata ha portato le mimose a tutte, una cassetta piena. Scherzando si è detto che le avrebbe potute vendere all’angolo e si sarebbe fatta la giornata! Beh, questo è l’epilogo del mio apporto: la tristezza di pensare come questa ricorrenza, così come molte altre che colorano il nostro calendario, siano ormai oggetto di speculazione e commercializzazione. Un pizzico di speranza, tuttavia, lo nutro ancora. Ad esempio, io, da insegnante, cerco di recuperarne e diffondere la valenza storico-culturale, coinvolgendo i miei allievi nella scoperta dell’origine di questa ed altre feste e invitandoli ad una riflessione collettiva.


C'è sempre lavoro per lei...

Agata

Non ho molto da dire se non che mi sono accorta che era la festa della donna a causa di tutte le postazioni abusive di venditori di mimose per strada e di tutti i servizi in ogni telegiornale sulla validità o meno della festa. Servizi inutili esattamente come il dibattito e le motivazioni date da chi non vuole la festa: ci discrimina, ormai c'è la parità e l'uomo la festa non ce l'ha, non si festeggia la donna un giorno solo ma lo si dovrebbe fare tutti i giorni... ma che motivazioni sono? C'è la festa del papà, della mamma e neanche loro dovrebbero essere festeggiati un giorno solo! Vallo a spiegare a questi che la festa è un pretesto per ricordare, per omaggiare, per... insomma, ora ci sarà pure la parità, ma prima non c'era ed è un dato di fatto. Ammesso che - se c'è o no - la festa della donna non ci cambia la vita, perchè accanirsi tanto contro questa ricorrenza? Resta comunque un pretesto per ricordare il passato e le donne coraggiose che hanno cominciato a far cambiare le cose.

Studiare è raggiungre la dignità

Carmen

Solitamente provo un po’ di tristezza quando si avvicina l’otto marzo. Tristezza perché in un giorno si vogliono concentrare tutte le speranze disattese da millenni dalle donne, perché solo per 24 ore ci devono far sentire tutte suffragette, perché si vedono orde di ragazzine che oramai credono che per un giorno all’anno possono avere un’altra occasione per ricevere un fiore – chissà – dal bel giovanotto della classe più in là nel corridoio. Mi sento anche delusa dai discorsi che sento in giro. Donne che per una volta devono affermare la propria autonomia, il proprio diritto di esercitare il libero arbitrio… per uscire per una serata tra amiche, lasciando a casa marito e prole con geni xy. Per sentirmi donna non ho bisogno di una festa sul calendario. Mi sento donna, e anche fortunata, quando posso realizzare quei sogni che a mia madre sono stati negati, quando posso scegliere quali strade seguire nella mia vita. Pazienza se alle volte sento fischiare dietro la mia gonna, se un imbecille deve sorpassarmi per forza in autostrada o se devo fare i conti con un mondo declinato al maschile, che si ricorda di me solo quando ci sono quote rosa da riempire. Io non mi arrendo. Là fuori c’è il posto per tutte noi: basta solo avere il coraggio di combattere per prendercelo.

(10 marzo 2008)

E voi ragazze come la sentite?
L'8 marzo è femminista o machilista?
Inviateci le vostre opinioni!

domenica 2 marzo 2008

Viaggiare con Jovanotti

I paesaggi di Jovanotti

di Ernesto Assante
Il mondo di Jovanotti. Da Londra a New York, a Rio, a Cuba. Le grandi città ma anche la natura. La foresta e i deserti ma anche musei e piccoli mercati.


Jovanotti in Amazzonia?

"VIAGGIARE è come creare". Può sembrare un’iperbole eccessiva, ma se a dirla è Jovanotti, uno dei personaggi più originali e creativi del nostro panorama artistico, vale la pena cercare di farsela spiegare. Anche perché Lorenzo è un viaggiatore straordinario, instancabile, e la dimensione del viaggio è parte integrante della sua esperienza artistica: "È vero, la dimensione del viaggio per me è fondamentale. È come se fosse la parte fisica di quello che mi accade quando faccio la musica. Senza esagerare potrei dire che è una maniera di comporre e scrivere canzoni attraverso i piedi, è una forma di scrittura attraverso il movimento. È come se io intendessi il mondo come una pagina, sulla quale scrivo percorrendola in lungo e in largo".

L'immagine è affascinante. Scrivere viaggiando, comporre il paesaggio, cantare il mondo: "Molto di quello che faccio nasce così. Quindi viaggio senza fare il turista, quando parto io non vado in vacanza. Ovvio che faccio un lavoro privilegiato che mi porta a non sapere cos’è una vacanza, lo dico con certo un senso di colpa, perché sembra sfacciato. La gente ha bisogno di una vacanza per staccare da una vita di routine e doveri, invece io, facendo un lavoro che non ha orari e vincoli particolari se non quelli che mi do io da solo, lo vivo un po’ come se fossi uno studente, un universitario fuori corso. Io accetto questa realtà come un regalo, non posso far finta che non sia così, per cui il viaggio fa parte di questa maniera di intendere la vita che mi è capitata nelle mani".



Spese a Londra

Il primo viaggio che ha fatto? "Certamente, è stato un viaggio a Londra. Avevo quindici anni, partii con un amico facendo un’architettura pazzesca: dicemmo che andavamo in gita con la scuola, ma non era vero. Siamo andati a Londra in un albergo super rimediatissimo, all’arrembaggio. Fu un viaggio meraviglioso e mi comprai lo spray per farmi i capelli blù". La sensazione era quella di essere per la prima volta in un altro mondo? "Si. È stata un’apparizione mi ha segnato tutta una vita, quella sensazione lì è quella che ho ricercato sempre nei miei viaggi successivi". Non è tipo da viaggi organizzati Jovanotti, preferisce la sorpresa e l’inatteso. Ma non è di certo un integralista: «Un viaggio organizzato lo fai perché la maggior parte fa così, ci metti meno tempo, è più comodo, è un industria talmente grande e perfetta che cura ogni dettaglio, dal cibo che mangerai alla durezza del cuscino. Compri un viaggio così come compri una macchina, le scarpe o la tv, è un esperienza che ha a che fare con le tue necessità, è come andare a farsi un massaggio. La cosa più sbagliata è criticare senza motivo, è insopportabile chi ha l'atteggiamento pregiudiziale contro la vacanza organizzata, è una stupidaggine. È come pensare che tutti debbano comporre musica: i dischi la gente li compra perché sono già fatti".

In concerto

Ma davvero Jovanotti non va mai in vacanza? "Beh, proprio mai no. La vacanza con la famiglia c’è naturalmente, la bambina al mare ce la porto anche io, ma è un fatto terapeutico". Si viaggia, si parte e si ritorna, per molti motivi diversi. Per Lorenzo viaggiare ha a che fare con la memoria: "Io in un viaggio provo a cercare di comporre un pezzo della mia vita, della mia memoria. C’è chi dice che si viaggia sempre nei propri ricordi, e io penso che sia vero. In una città del Sudamerica rivedo molto di quando ero bambino, a Rio rivedo situazioni romane; l’Avana negli anni Novanta era come la mia città negli anni Settanta quando c’era l’austerità, e tutto questo porta forti vampate di emozione". E così come è importante il luogo d’arrivo, è fondamentale il luogo di partenza: "Sì, il fatto che vengo da Roma ha un ruolo. Se è vero che tutte le strade portano a Roma è anche vero che portano via da Roma. E Roma è un viaggio di per sé. Perché è un luogo di turismo e di pellegrinaggio, ti permette di vedere pezzi di mondo senza muoverti. Da bambino ero incuriosito dalle targhe dei pullman, mi ricordo che facevo il gioco di capire da dove venivano le persone. È una cosa che ho continuato a coltivare: seguire all’incontrario le strade che portano a Roma".

Farsi sorprendere dai luoghi, al giorno d’oggi, è sicuramente più difficile di un tempo. Il cinema, la televisione, internet, ci rendono familiari posti in cui non siamo mai stati, ce li fanno sentire nostri, vicini, familiari. "L’America
(20 febbraio 2008)

Ancora qualche giorno di vacanza in arrivo...
Avete già pensato a qualcosa?
Cos'è per voi viaggiare?
La gente, il posto, la natura, l'arte, shopping, il dolce far niente...