lunedì 10 dicembre 2007

Serafini e il Codex: arte nuova

Luigi Serafini, l’artista visionario che sogna il cinema e i blog


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Anarcoide e outsider. Luigi Serafini, romano, classe 1949, è un artista senza etichette. Non appartiene a scuole. Non non si è mai legato a critici o curatori alla moda. Non è inserito in nessun salotto buono dell’arte. Ma ha appassionato alcuni tra gli intellettuali più raffinati d’Italia, come Federico Zeri, Leonardo Sciascia, Federico Fellini. Ed è stato il primo artista italiano ad avere una pagina su Wikipedia nella sua versione in inglese. Ora il Pac di Milano gli dedica una grande mostra antologica Luna Pac Serafini, dove è esposta anche la sua opera più celebre, quella che aveva fatto innamorare Calvino e Manganelli, e che ha fatto il giro del mondo. Si tratta del Codex Seraphinianus, un monumentale libro illustrato con migliaia di disegni e con tanto di note esplicative, dove però le forme sono tutte inventate e i testi sono scritti in una lingua immaginaria: un mondo visionario e parallelo.


Il Codex versione franco-spagnola


“L’opera è nata tra il ‘76 e il ‘78, quando non c’era ancora Internet, altrimenti non avrei fatto un libro, ma avrei fatto un blog” spiega Serafini a Panorama.it “In quell’epoca ero reduce da un lungo viaggio in California, dove mi aveva contagiato lo spirito comunitario degli hippies. In Italia volevo fare qualcosa con quello stesso approccio visionario e giocoso, ma che fosse anche qualcosa da far circolare, da diffondere. Mentre realizzavo le tavole del Codex non ho mai pensato che dovessero finire in una galleria per essere vendute punto e basta. Dovevano essere un’opera da condividere. Così ho girato l’Italia a caccia di un editore per farne un libro. L’idea piacque a Franco Maria Ricci che lo editò nel 1981 (ristampato da Rizzoli nel 2006, ndr)”.

Che rapporto c’è tra i blog e l’arte contemporanea?
L’arte è bellezza, che è sempre una questione di relazioni, cioè di rapporto tra le parti. Un blog non è altro che la possibilità di una relazione. A me piace paragonare i blog a un campo di grilli che cantano, che cioè lanciano segnali d’accoppiamento, cercano loro simili con cui entrare in relazione.

Anche il catalogo della mostra è molto simile a un blog.
Io lo definisco un cataBLOGo perché è stato aperto ai contributi più diversi, da quelli di critici come Achille Bonito Oliva a quelli di personaggi sconosciuti al pubblico ma che avevano qualcosa da dire sulle mie opere.























La Rete oggi sembra il contrario del mondo dell’arte: la prima è aperta e in fermento, il secondo è chiuso e governato da meccanismi non sempre comprensibili…

Il problema dell’arte è che non è più umana. Non comunica con le persone. Fa a meno del pubblico. È ormai un discorso soltanto per addetti ai lavori.

Eppure i musei di arte contemporanea nascono come funghi.
È vero, ma questo serve a far vivere l’arte? A me sembra un’arte assistita. Si fa un museo-contenitore, lo si fa diventare prestigioso con qualche operazione di marketing, e poi qualsiasi cosa ci si metta dentro diventa arte contemporanea. Mambo, Macro, Gnam: anche i nomi sono ormai dei brand.

Spettatori clienti e mercato in crescita?
Ma siamo sicuri che il mercato dell’arte funzioni? Ci basta sapere che Sotheby’s ha battuto un’opera a molti milioni di dollari per dire che c’è un mercato diffuso? La verità è che il business non è trasparente, è affidato a poche persone che possono definire le tendenze, anche in chiave di propaganda politica, ma non esiste nessuna Authority, nessuno che verifichi che le aste non siano truccate.

Quali meccanismi dovrebbero cambiare nell’arte?
Mi piacerebbe che l’arte avesse le stesse logiche del cinema. Anche lì ci sono famiglie, cartelli e meccanismi di potere, ma almeno è il pubblico che stabilisce il successo di un’opera. E poi per il cinema non servono architetture avveniristiche per attirare le persone, basta un’insegna luminosa col titolo del film.

Da che cosa dipende la disaffezione del pubblico nei confronti dell’arte contemporanea?
Sarebbe bello chiederlo anche al pubblico stesso, si dovrebbe fare un sondaggio.

Facciamolo: scelga lei due domande…
Eccole.

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Cosa pensi dell’arte contemporanea?

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