martedì 4 dicembre 2007

Ancora Bentivoglio

Toni e Peppe Servillo, Lina Sastri, Valeria Golino nel primo lungometraggio dell'attore-regista ispirato ai racconti di Fausto Mesolella, chitarrista della Piccola Orchestra

"Lascia perdere, Johnny!", la musica è il lato ingenuo degli anni Settanta

Fabrizio Bentivoglio ripercorre le origini degli Avion Travel attraverso le vicende di un giovane musicista casertano
di RITA CELI


Fabrizio Bentivoglio

LA CALOROSA accoglienza ricevuta al Torino Film Festival ha dato ragione a Fabrizio Bentivoglio, che ha scelto proprio la platea della rassegna sotto la Mole per presentare il suo Lascia perdere, Johnny!, uno dei cinque film della sezione Panorama italiano. "Sin dall'inizio ho pensato a Torino per presentarlo: non volevamo né lo smoking né il tappeto rosso, ma qualcosa che si avvicinasse al clima familiare del film" ha detto l'attore e autore al suo primo lungometraggio, che arriva diversi anni dopo il suo esordio dietro la macchina da presa nel '99. "Ho dei tempi antidiluviani: per girare i 30 minuti del precedente Tipota ci avevo messo tre anni, qui per un'ora e mezza di film ne ho impiegati nove".

Un film molto ragionato quindi, che però vola leggero senza alcun segno della fatica e dei ripensamenti dell'opera prima, che racconta con semplice sincerità la famiglia, la musica e il lato ingenuo degli anni Settanta attraverso l'educazione emotiva e artistica di un aspirante musicista. Un risultato raggiunto grazie alla complicità degli interpreti, dei fratelli Toni e Peppe Servillo nonché della Piccola Orchestra Avion Travel, molto più che protagonista. Lascia perdere, Johnny!, prodotto da Fandango e distribuito da Medusa, nelle sale da venerdì 30 novembre, è infatti ispirato ai racconti "fatti a tavola" da Fausto Mesolella, da oltre vent'anni chitarra degli Avion Travel, nonché autore delle musiche del film.

"E' una storia di musica, e l'amore per la musica è una parte essenziale della mia vita" ha spiegato Bentivoglio che si definisce adottato dagli Avion Travel, con cui ha suonato, condiviso il palco per l'operina La guerra vista dalla luna, e inciso due dischi. Con la Piccola Orchestra è nata la sua prima esperienza di regista, Tipota. Quel cortometraggio ha segnato anche l'esordio come attore per il cantante Peppe Servillo, che ha poi lavorato ancora con Wilma Labate (Domenica, 2000) e Mimmo Calopresti (La felicità non costa niente, 2003) e che nel film di Bentivoglio si trasforma in un timido crooner, Gerardo Comini in arte Jerry Como.

Il vero protagonista è quindi Faustino (interpretato dall'esordiente Antimo Merolillo), un giovane casertano che a metà degli anni Settanta, "figlio unico di madre vedova", cerca di evitare la leva e sogna di diventare musicista. La sua vocazione lo porta a seguire le orme di insoliti e curiosi maestri: suona la chitarra per l'orchestra di Domenico Falasco (Toni Servillo), trombettista e bidello, la cui tournée finisce però a Roccamonfina. L'impresario truffaldino Raffaele Niro (Ernesto Mahieux) lo mette allora a lavorare come assistente tuttofare di Augusto Riverberi (Bentivoglio), meglio noto come ex amante della Vanoni, in trasferta estiva a Caserta.

"Il nome del personaggio viene da Giampiero Riverberi, arrangiatore storico di Fabrizio De André, e dalla fiamma di Mina, Augusto Martelli" spiega Bentivoglio, "ma con il placet di Ornella Vanoni nel film viene presentato quale suo ex-amante". Tra matrimoni e serate in fatiscenti locali, il maestro si ambienta e mette su la "Piccola orchestra di Augusto Riverberi", con lui al piano, la voce di Jerry Como, cantante confidenziale, e Faustino alla chitarra. Si forma allora una affettuosa compagnia che comprende anche Lina Sastri, nei panni della madre del ragazzo, e Valeria Golino in quelli di una parrucchiera. Un'avventura indimenticabile per il giovane musicista, che arriverà a lasciare la sua città per andare a Milano a raggiungere il maestro.

"Il film può suddividersi in tre capitoli - spiega l'autore - Falasco e l'orchestra a Caserta, che echeggia gli anni 50; Riverberi e i nastri preregistrati degli anni 60; il viaggio di Faustino per Milano, che richiama i 70 con echi dei terribili 80, con un finale che vuole esprimere la nostra difficoltà a diventare padri".

LA SCHEDA DEL FILM - LA VIDEORECENSIONE di P. D'AGOSTINI
LA VIDEOINTERVISTA A BENTIVOGLIO di ARIANNA FINOS

(29 novembre 2007)

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