domenica 6 novembre 2011

HABEMUS PAPAM di NANNI MORETTI

L'ultima di Nannni Moretti è una delirante psico-commedia in cui l'attore e regista punta il Vaticano.

I cardinali riuniti in Conclave nella Cappella Sistina procedono all'elezione del nuovo Papa. Smentendo tutti i pronostici viene nominato il cardinale Melville il quale accetta con titubanza l'elezione ma, al momento di presentarsi alla folla dal balcone centrale della basilica di San Pietro, si ritrae. Lo sgomento assale i cristiani in attesa ma, ancor più, i cardinali che debbono cercare di porre rimedio a questo evento mai verificatosi sotto questa forma. Si decide, pur con tutte le perplessità imposte dalla dottrina, di far accedere ai palazzi apostolici lo psicoanalista più bravo per tentare di far emergere le cause che hanno spinto l'alto prelato al diniego e favorirne un ripensamento. Lo psicoanalista fa però un riferimento alla moglie come la terapeuta più brava (dopo di lui). Il portavoce della Santa Sede decide allora di far uscire il Papa dalle Mura vaticane per avere anche un altro intervento che risolva la questione. Che invece si complica perché il Papa, approfittando di un momento di distrazione, scompare per le vie di Roma.


Con Habemus Papam siamo di fronte al film più maturo di un regista che ha saputo conservare intatti il proprio segno inconfondibile e le tematiche che gli stanno da sempre a cuore integrandoli con grande intelligenza e sensibilità a uno sguardo che si allarga a una dimensione che afferma di non condividere ma che qui osserva con la giusta dose di ironia che si fonde con un profondo rispetto.


Non è necessario fare riferimento a La messa è finita per leggere questo film. Erano altri tempi ed altro cinema. Anche per Nanni. Che qui torna con forza sul tema della profonda solitudine dell'essere umano ma sa che non la si può ipostatizzare assolutizzandola. C'è una bellissima scena (che potremmo definire ‘morettiana doc') in cui, mentre sta facendo giocare i cardinali a pallavolo, l'analista afferma che la tremenda verità che Darwin ci ha lasciato è che nulla ha un senso. Proprio in quel momento lui, terapeuta privo dell'augusto paziente, sta cercando di darne uno a quegli uomini che non vengono descritti né alla Dan Brown né ridicolizzati. Si sorride e si ride certo anche delle loro debolezze ma sono e restano delle persone. Il Papa poi (interpretato da un sempre più grande Michel Piccoli) non è un uomo che dubita della propria fede come sarebbe stato facile pensare. Non è Pietro che, invitato da Cristo a camminare sull'acqua per raggiungerlo, affonda perché di fatto non crede al potere del suo Signore. Questo Papa, dallo sguardo intenso e dal sorriso luminoso, non è un pavido ma un umile. Conosce i propri limiti e anche le proprie passioni. Come quella del teatro che ha covato da sempre (qui il rimando, cambiato di segno, a Wojtyla sembra trasparente). È da questa consapevolezza che, progressivamente, gli deriva una grande forza. La forza di chi sa dire di no a Dio non per paura ma perché è convinto di non poterlo servire, attraverso l'umanità, come sarebbe necessario leggendo i segni dei tempi. Il Papa di Moretti si interroga e ci interroga, laici e credenti. Ogni volta che un film ci pone dei quesiti di fondo ci aiuta di fatto a sentirci meno soli e a liberarci, almeno un po', dal più volte citato "deficit di accudimento".

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