lunedì 9 giugno 2008

Danimarca, arriva "Miss velo" e scoppia la polemica

La radio di stato danese, Denmarks Radio, ha indetto un concorso per eleggere la più bella tra le donne che indossano il velo. Musulmana o no, per partecipare basta avere più di 15 anni e inviare una foto a Skum, il club giovane di Radio Danimarca che ha lanciato "Miss velo".

In palio un iPod, un foulard disegnato dalla casa di moda Mads Nørgaard e cinque abbonamenti alla rivista per ragazze Muslim Girl, che andranno alle concorrenti selezionate da una squadra di esperti della moda. "Indossare un velo non significa annientare il proprio senso estetico e mortificare la femminilità", sostengono i promotori della competizione.

Non è dello stesso parere Smin Benyrbah, rappresentante della Società islamica danese: "Il velo nasce per nascondere la sensualità della donna, secondo i dettami del Corano. Per questo invito caldamente le donne musulmane a non partecipare al concorso. Non dovrebbero rivelare la loro bellezza".

In ogni caso, non è la prima volta che troviamo delle Miss con il velo, e così Miss Arabia 2007 è proprio una ragazza con il velo.

Dopo il caso delle vignette satiriche su Maometto, il dibattito è acceso in Danimarca, dove è stato vietato per legge alle donne magistrato musulmane di portare il velo islamico durante le udienze e dove si pensa di estendere il divieto anche ad altri settori. Al concorso, intanto, si sono iscritte 46 ragazze e nel nel blog dedicato al concorso sono intervenuti oltre 200 giovani.

domenica 25 maggio 2008

Amore, sesso e sicurezza

Sesso senza amore e anticoncezionali

I dati arrivano dal X Congresso della Società Europea di Contraccezione: in Italia il 60% degli uomini pratica il sesso senza l’amore e il 55% di uomini e donne preferisce far sesso senza protezioni.


sesso senza amore











A discapito dell’ignoranza dei non addetti ai lavori, gli incontri internazionali tra esperti e medici del settore, su sesso e dintorni, sono molti e da essi scaturiscono sempre nuove problematiche. Obiettivi di queste tavole rotonde sono infatti il monitoraggio dei comportamenti sessuali tra le varie popolazioni, l’individuazione conseguente di problemi gravi e meno gravi relativi alla sessualità e a come viene vissuta, la ricerca di eventuali pericoli legati ai comportamenti sessuali in uso ed infine l’individuazione di nuove tendenze.

A essere monitorati sono giovani e adulti e vengono cercate soluzioni per gli uni e per gli altri. Sondaggi, ricerche, osservazione del comportamento di pazienti sono il materiale per le linee guida dei congressi internazionali sul sesso.

Ebbene, dopo l’ultimo congresso della Federazione Europea della Sessuologia tenutosi a Roma il mese scorso, anche i ginecologi europei si sono riuniti a Praga nel X congresso della Società Europea di Contraccezione.


Coccinelle in "amore"


Due dati piuttosto allarmanti sono emersi da questo ultimo congresso, e in particolare da un’indagine su sessualità e contraccezione: il primo riguarda una questione puramente morale e, anche se deludente, non si tratta di un risultato pericoloso; il secondo invece è concreto e preoccupante.

Il sesso come pura ginnastica da camera, senza sentimenti, è ancora appannaggio in maggioranza degli uomini: il 60% dei maschi infatti dichiara di far sesso per puro piacere, senza sentimenti, contro il 27% delle femmine.

coppia














Questo il primo dato, che porta con sé tutta un’altra serie di numeri: l’importanza del sesso nella coppia? Il 78% degli italiani lo ritiene molto importante, il 53% vorrebbe farlo più spesso, mentre il 20% interromperebbe una relazione se il sesso iniziasse a diventare noioso. L’85% dei maschi italiani poi sostiene che la seduzione sia uno degli ingredienti immancabili per una vita sessuale soddisfacente.

Ma ecco il dato veramente allarmante: in Italia il 53% di donne e uomini preferisce fare sesso senza protezione. In prima linea i giovanissimi, col 30% delle ragazze che sfida la sorte non usando nessuna precauzione. Ecco perché cresce in maniera esponenziale tra le adolescenti l’uso della pillola del giorno dopo. Di queste pillole del giorno dopo se ne erano vendute 320 mila nel 2006: nel 2007 sono già diventate 370 mila.

Una media di 1000 confezioni al giorno, comprate per la maggior parte (il 55%) da ragazze con meno di 20 anni. «Un boom sconcertante e preoccupante» commenta Isabella Bertolini, esponente cattolica del Pdl. E aggiunge che «il prossimo governo dovrà impegnarsi in campagne informative per una sessualità più consapevole e responsabile».

Perché non si usano anticoncezionali prima di ricorrere alla pillola d’emergenza? Secondo un sondaggio che ha coinvolto 616 medici della Sigo (Società italiana di ostetricia e ginecologia) e Simg (Società italiana medicina generale) presentato sempre a Praga, il 38% dei giovani non conosce i contraccettivi e il 9% li usa in modo sbagliato.


sesso senza preservativo










Al banco degli imputati la cattiva informazione da parte degli adulti e dei media, e i passaparola simili al telefono senza fili tra i giovani.

Perché le ragazze non prendono la pillola anticoncezionale? La risposta più ovvia e diffusa è che hanno paura di ingrassare. Ma ci sono delle novità consistenti in proposito, che non sono abbastanza divulgate: Rossella Nappi, ginecologa dell’università di Pavia, sostiene che «Oggi, grazie al progestinico di quarta generazione, il drospirenone, il rischio di chili in più è del tutto superato», anzi addirittura il drospirenone, derivando chimicamente da un diuretico, ha un effetto contro la ritenzione idrica. Per contrastare queste tendenze insane e le convinzioni-leggenda, è partito un progetto che si ritiene molto efficace: «Scegli tu» è una campagna informativa a base di opuscoli che quest’anno verranno consegnati a tutti i ragazzi, maschi e femmine, che sosterranno la maturità.

Ma, viste le tendenze odierne, non sarebbe il caso di cominciare anche prima della “maturità”?!?

a cura di Sexyvia



(Maggio 2008)


Avete qualche opinione? Postate i vostri commenti!

domenica 18 maggio 2008

Immigrazione italiana

«L’immigrato? È da sempre capro espiatorio»

Le studentesse del laboratorio di «Giornalismo culturale» hanno realizzato questa intervista con Khaled Fouad Allam, sociologo algerino e editorialista di Repubblica. «È tempo di organizzare un Islam italiano. Ma l’immigrazione è origine della costruzione di uno Stato»


Manifestazione d'immigranti a Roma

L’integrazione tra Islam e Occidente è ancora da costruire. Un processo inevitabile dovuto alla globalizzazione, che richiede coraggio e tempo”. Khaled Fouad Allam, sociologo algerino, editorialista de “La Repubblica”, autore di numerosi libri sul mondo islamico, spiega in un’intervista telefonica la sua idea di integrazione. “Bisogna organizzare un Islam italiano”.

Perché in Italia la parola immigrato è quasi sempre sinonimo di delinquente?
In un certo senso è la condizione dell’immigrato stesso. Anche nella Bibbia spesso questa figura ha la funzione di capro espiatorio: il processo all’immigrato come singola persona è un processo all’immigrazione in generale. L’opinione pubblica tende a generalizzare senza considerare la complessità dei flussi migratori e del rapporto tra immigrazione e sicurezza”.


L'estate è la stagione ideale


Quali potrebbero essere, allora, le politiche per garantire maggiore sicurezza ai cittadini?
Occorre una maggiore presenza in loco e riformulare le politiche a livello territoriale. È necessario pensare a un commissario europeo all’immigrazione. Alla base di questo c’è un patto: abbiamo bisogno dell’immigrazione e l’immigrazione ha bisogno di noi”.

Come ha vissuto l’esperienza dell’integrazione?
L’integrazione è un processo che non finisce mai, che ha a che fare con la vita stessa. In Europa si ha difficoltà a definire vere politiche in materia. L’immigrazione è origine e genesi della costruzione di uno stato. Ci sono vari modelli di integrazione - basti pensare a quello tedesco o a quello francese -, ma credo che bisogna prendere come riferimento quello anglofono”.


Non ci sono più nazioni da costruire in Occidente...


A proposito del dialogo tra religioni ci sarà mai un avvicinamento tra Islam e cristianesimo?
Il dialogo è sempre esistito, ma nell’era globale bisognerebbe costruire ponti tra culture diverse anche se non penso sia facile”.

Si è espresso contro la costruzione della moschea di Colle Val d’Elsa perché “è prematuro avere moschee senza poter controllare gli imam”. Ci spieghi, in sintesi…
Il problema non è essere a favore o contro la costruzione delle moschee. È legittimo che ogni popolo abbia il proprio luogo di culto, ma è necessario al tempo stesso condividere i valori di democrazia e libertà. Si tratta di organizzare un Islam italiano, formando e definendo un personale di culto”.


...nonostante mani ce ne siano sempre


Professore universitario, giornalista, parlamentare. Quale delle tre attività le ha dato di più?
Sono attività complementari. Da parlamentare ho sempre lavorato su Islam e integrazione: naturalmente l’approccio è politico, basato sulla contingenza, mentre quello accademico è metodologico e scientifico. Il punto di vista universitario è indispensabile per affrontare temi complessi come l’integrazione”.

Secondo lei qual è lo stato di salute del giornalismo italiano?
Abbastanza critico. Si sta assistendo a un divorzio pericoloso tra società e cultura. I giornali producono notizie su notizie e tendono così a rendere meno organica la realtà”.


In arrivo al paradiso...


Come ha reagito all’esclusione dalle elezioni politiche del 2008? Pensa abbia influito la sua religione?
Non direi, però il peggiore razzismo è quello che non afferma mai il suo nome. Il PD voleva essere innovativo. In realtà ci sono enormi blocchi”.


A cura di Elisa Avola, Valeria Falsaperla, Giusi Gianfriddo, Rita Giargeri, Perla Maria Gubernale, Ilaria Messina, Adalgisa Francesca ed Elena Scollo


(15 maggio 2008)

Qual è la vostra opinione?
Sapete del battibecco tra i politici italiani e spagnoli a proposito dell'immigrazione?
Che ne pensate?



domenica 11 maggio 2008

Valencia va di moda tra gli italiani

Una nuova città dell'arte e della scienza, capolavoro di architettura, dove a maggio debutta il Festival del Mediterraneo. E poi shopping, movida e ristoranti di pesce.





La Ciutat de les Arts i les Ciències la sera

Era un appartato e sonnolento capoluogo di provincia, pressoché ignorato dal turismo. Oggi Valencia contende a Barcellona il primato di città spagnola più innovativa e vivace: 12 teatri, 30 musei, 1500 ristoranti.

La trasformazione si è compiuta in poco più d’un decennio e ha avuto il suo culmine l’estate scorsa nelle regate dell’America’s Cup. Il tempo di riaprirsi al mare con un porto attrezzatissimo, rilanciare un litorale con oltre 7 chilometri di spiagge e soprattutto far sorgere, nell’alveo prosciugato del fiume Turia, la straordinaria Ciudad de las Artes y las Ciencias, tra specchi d’acqua e giardini. L’ha firmata Santiago Calatrava, autore, con Félix Candela, degli edifici principali: l’Hemisfèric, con il cinema planetario, il super-tecnologico Museo delle Scienze, il Parco Oceanografico (il suo mondo sottomarino surclassa i più famosi acquari) e la serra Umbracle, dove si passeggia tra piante tropicali per un chilometro. Il cuore del complesso è lo spettacolare Palau de les Arts, tra i maggiori teatri musicali d’Europa, con quattro sale per opere e concerti. Il 24 maggio debutta la prima edizione del Festival del Mediterraneo. Assistere a qualcuno degli eventi permette di scoprire la Valencia più innovativa e quella antica, che non manca di fascino.




Movida notturna in plaza del Tossal








Movida notturna alla piazza del Tossal


Nella città nuova, chiusa al traffico, ci si muove a piedi, in bicicletta su piste riservate o con un trenino-navetta. E si attraversa uno scenario magico, architetture aeree e trasparenti che si specchiano nell’acqua, giardini che sembrano disegnati dal pennello di un artista. Bar e ristoranti sono nei punti più panoramici, come la Cafeteria del Museo delle Scienze, il self-service Submarino, accanto all’acquario, e l’elegante buffet al Palau de les Arts, splendida veranda dove cenare dopo gli spettacoli. A pochi passi dal teatro Tapelia è tra le tavole di pesce più rinomate della città.




Il Mercado Central

Anche il centro storico invita a lunghe passeggiate. Attraverso le porte medievali Torres de Quart e Torres de Serranos si entra nel quartiere più antico, fra calle de Roteros, plaza de la Reina, plaza del Carmen e calle de Caballeros. Lungo il cammino s’incontrano la Lonja de Mercaderes (Borsa dei Mercanti), capolavoro del Gotico spagnolo dichiarato dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità, la cattedrale, con le sue forme rinascimentali e barocche, il campanile arabeggiante Micalet, la sontuosa dimora rococò del Marqués de Dos Aguas, oggi museo nazionale.

Ma Valencia è anche una capitale del Modernismo che trionfa nelle facciate borghesi della Gran Via, nella Stazione del Nord e al Mercato Centrale, conservati come gioielli sebbene in piena attività.


Il riso tra le risaie: La Matandeta


Sarebbe un peccato lasciare la città senza aver assaggiato vini e tapas, gustato la un'autentica paella valenciana, sostato in un'Horchatería come El Siglo, che prepara orzate e gelati dal 1836, di fronte alla pasticceria Ramos, imbattibile per i dolci alle mandorle. Per un’idea regalo ci sono gli oggetti d’artigianato scelti al mercatino che si tiene ogni fine settimana in plaza del Carmen.

Gli indirizzi

Luciana Fusi


E voi che altro potete aggiungere?
Invitate i vostri amici a visitarci.

lunedì 5 maggio 2008

Già tornati




Ciao!!!

Eccoci di ritorno!!! Lunghe passeggiate notturne al riparo dei portici bolognesi di ritorno in albergo, una volta chiusi tutti i locali, che siamo riusciti a trovare, e di conseguenza le occhiaie a colazione.



I caratteristici portici a Bologna




Di buon mattino sulla mongolfiera, indovinate quale città abbiamo visto?


E dopo pranzo una panna cotta all'ultima.


Oggi però, tutti al lavoro. Vi aspettiamo nel pomeriggio all'EOI.

Postate i vostri commenti sul viaggio! Il prossimo sarà ancora migliore.
Aspettiamo anche le vostre foto.

venerdì 2 maggio 2008

Operazione Bologna

Dopo un viaggio disastroso... E no, siamo arrivati a Bologna e abbiam ben girato tutto quanto.
Per tre euro, un po' di step e 498 scalini dopo, una bellissima panoramica della città dalla Torre Degli Asinelli.


La Garisenda e Asinelli.


Al ritorno foto da non perdere. Specie quelle di Noelia e Jesus, due esordienti Star della notte bolognese. Tanto sonno quanto passeggiate fatte ad ore piccole.

A presto.

Noelia, Davide, Sergi, Andrès ed Alf.





mercoledì 23 aprile 2008

Che suonano le ragazzze?

“Stiamo sul palco con i nostri microfoni, ma non suoniamo le chitarre“, cantavano le Chicks on Speed, gruppo elettronico tutto al femminile.


Chitarriste?

E che le ragazze non suonino la chitarra sembra essere condizione comune per le giovani musiciste. Una ricerca effettuata dall’Institute of Education britannico riporta risultati inequivocabili: al momento di scegliere uno strumento musicale i bambini e le bambine fanno scelte radicalmente diverse.

Tra chi sceglie di suonare la chitarra o il basso elettrico i maschietti sono ben l’81%, mentre le femminucce dominano tra coloro che iniziano a suonare l’arpa o il flauto (con percentuali vicine al 90%).


Paola e chiara


Sono percentuali che riportano una netta divisione di genere che pensavamo fosse ormai superata, e che conferma come gli stereotipi siano duri a morire.

Perchè, per quanto possa essere influente una sensibilità musicale differente, la ricerca rileva come siano forti le pressioni dei coetanei, che fanno “lobby” a favore di strumenti ritenuti più maschili o più femminili, mentre altre possibili chiavi di lettura (come l’ereditarietà familiare nella scelta dello strumento o la teoria per la quale le ragazze si orientino verso strumenti meno pesanti o ingombranti) risultano avere meno importanza al momento della scelta.





Di stern • 14 Apr 2008 • Categorie Curiosità & Gossip, Primo Piano 2

Questo in Gran Bretagna, e in Italia, en in Spagna?

E voi che strumento preferite?

Pensate che questi stereotipi siano ancora vivi nel nostro paese?

lunedì 14 aprile 2008

Bella ciao, ciao, ciao...

Il brano fu portato in America da un musicista tzigano originario di Odessa

Ne esiste anche una versione operaia cantata dalle mondine dopo la guerra

Da ballata yiddish a inno partigiano il lungo viaggio di Bella ciao

dal nostro inviato JENNER MELETTI


Una prima versione di Bella ciao

BORGO SAN LORENZO - In fin dei conti, svelare un segreto è costato solo due euro. "Nel giugno del 2006 ero al quartiere latino di Parigi, in un negozietto di dischi. Vedo un cd con il titolo: "Klezmer - Yiddish swing music", venti brani di varie orchestre. Lo compro, pagando appunto due euro. Dopo qualche settimana lo ascolto, mentre vado a lavorare in macchina. E all'improvviso, senza accorgermene, mi metto a cantare "Una mattina mi son svegliato / o bella ciao, bella ciao, bella ciao, ciao, ciao...". Insomma, la musica era proprio quella di Bella ciao, la canzone dei partigiani. Mi fermo, leggo il titolo e l'esecutore del pezzo. C'è scritto: "Koilen (3'.30) - Mishka Ziganoff 1919". E allora ho cominciato il mio viaggio nel mondo yiddish e nella musica klezmer. Volevo sapere come una musica popolare ebraica nata nell'Europa dell'Est e poi emigrata negli Stati Uniti agli inizi del '900 fosse diventata la base dell'inno partigiano". E' stata scritta tante volte, la "vera storia di Bella ciao". Ma Fausto Giovannardi, ingegnere a Borgo San Lorenzo e turista per caso a Parigi, ha scoperto un tassello importante: già nel 1919 il ritornello della canzone era suonato e inciso a New York. "Come poi sia arrivato in Italia - dice l'ingegnere - non è dato sapere. Forse l'ha portato un emigrante italiano tornato dagli Stati Uniti. Con quel cd in mano, copia dell'incisione del 1919, mi sono dato da fare e ho trovato un aiuto prezioso da parte di tanti docenti inglesi e americani. Martin Schwartz dell'università della California a Berkeley mi ha spiegato che la melodia di Koilen ha un distinto suono russo ed è forse originata da una canzone folk yiddish. Rod Hamilton, della The British Library di Londra sostiene che Mishka Ziganoff era un ebreo originario dell'est Europa, probabilmente russo e la canzone Koilen è una versione della canzone yiddish "Dus Zekele Koilen", una piccola borsa di carbone, di cui esistono almeno due registrazioni, una del 1921 di Abraham Moskowitz e una del 1922 di Morris Goldstein. Da Cornelius Van Sliedregt, musicista dell'olandese KLZMR band, ho la conferma che Koilen (ma anche koilin, koyln o koylyn) è stata registrata da Mishka Ziganoff (ma anche Tziganoff o Tsiganoff) nell'ottobre del 1919 a New York.


Dice anche che è un pezzo basato su una canzone yiddish il cui titolo completo è "the little bag of coal", la piccola borsa di carbone".
Più di un anno di lavoro. "La Maxwell Street Klezmer Band di Harvard Terrace, negli Stati Uniti, ha in repertorio "Koylin" e trovare lo spartito diventa semplice. Provo a suonare la melodia... E' proprio la Koilen di Mishka Tsiganoff. Ma resta un dubbio. Come può uno che si chiama Tsiganoff (tzigano) essere ebreo? La risposta arriva da Ernie Gruner, un australiano capobanda Klezmer: Mishka Tsiganoff era un "Cristian gypsy accordionist", un fisarmonicista zingaro cristiano, nato a Odessa, che aprì un ristorante a New York: parlava correttamente l'yiddish e lavorava come musicista klezmer". Del resto, la storia di Bella ciao è sempre stata travagliata. La canzone diventa inno "ufficiale" della Resistenza solo vent'anni dopo la fine della guerra. "Prima del '45 la cantavano - dice Luciano Granozzi, docente di Storia contemporanea all'università di Catania - solo alcuni gruppi di partigiani nel modenese e attorno a Bologna. La canzone più amata dai partigiani era "Fischia il vento". Ma era troppo "comunista". Innanzitutto era innestata sull'aria di una canzonetta sovietica del 1938, dedicata alla bella Katiuscia. E le parole non si prestavano ad equivoci. "Fischia il vento / infuria la bufera /scarpe rotte e pur bisogna andar / a conquistare la rossa primavera / dove sorge il sol dell'avvenir". E così, mentre stanno iniziando i governi di centro sinistra, Bella ciao quasi cancella Fischia il vento. Era politicamente corretta e con il suo riferimento all'"invasor" andava bene non solo al Psi, ma anche alla Dc e persino alle Forze armate. Questa "vittoria" di Bella ciao è stata studiata bene da Cesare Bermani, autore di uno scritto pionieristico sul canto sociale in Italia, che ha parlato di "invenzione di una tradizione". E poi, a consacrare il tutto, è arrivata Giovanna Daffini". La "voce delle mondine", a Gualtieri di Reggio Emilia nel 1962 davanti al microfono di Gianni Bosio e Roberto Leydi aveva cantato una versione di Bella Ciao nella quale non si parlava di invasori e di partigiani, ma di una giornata di lavoro delle mondine. Aveva detto che l'aveva imparata nelle risaie di Vercelli e Novara, dove era mondariso prima della seconda guerra mondiale. "Alla mattina, appena alzate / o bella ciao, bella ciao, ciao, ciao / alla mattina, appena alzate / là giù in risaia ci tocca andar". "Ai ricercatori non parve vero - dice il professor Granozzi - di avere trovato l'anello di congiunzione fra un inno di lotta, espressione delle coscienza antifascista, e un precedente canto del lavoro proveniente dal mondo contadino. La consacrazione avviene nel 1964, quando il Nuovo Canzoniere Italiano presenta a Spoleto uno spettacolo dal titolo "Bella ciao", in cui la canzone delle mondine apre il recital e quella dei partigiani lo chiude". I guai arrivano subito dopo. "Nel maggio 1965 - cito sempre il lavoro di Cesare Bermani - in una lettera all'Unità Vasco Scansani, anche lui di Gualtieri, racconta che le parole di Bella ciao delle mondine le ha scritte lui, non prima della guerra, ma nel 1951, in una gara fra cori di mondariso, e che la Daffini gli ha chiesto le parole. I ricercatori tornano al lavoro e dicono che comunque tracce di Bella ciao si trovano anche prima della seconda guerra. Forse la musica era presente in qualche canzone delle mondine, ma non c'erano certo le parole cantate dalla Daffini, scritte quando i tedeschi invasor erano stati cacciati da un bel pezzo dall'Italia". "Una mattina mi sono alzata...". Fino a quando ci sarà ricordo dei "ribelli per amore", si alzeranno le note di Bella Ciao, diventato inno quando già da anni i partigiani avevano consegnato le armi. "Bella Ciao? Forse le cantavano - dice William Michelini, gappista, presidente dell'Anpi di Bologna - quelli che erano in alta montagna. Noi gappisti di città e partigiani di pianura, gomito a gomito con fascisti e nazisti, non potevamo certo metterci a cantare". (12 aprile 2008)


Volete sentirla?
Partigiani, Bella ciao... Alcuni di voi ne saprete qualcosa. Raccontatecelo!