venerdì 6 novembre 2009

Pomodori, pomodori...


"Il pomodoro oggi si ritrova in ogni sugo, anche dove non c'entra nulla, come sul pesce o nel nero di seppia. Il pomodoro è il vero simbolo nazionale. Se un italiano ha una macchia sulla camicia, è una macchia di pomodoro". Lo afferma Beppe Severgnini, e infatti ha ragione, in cucina oltre alla pasta, il re è il pomodoro: sulla pizza, con le melanzane, nell'insalata, con la mozzarella... Originario dell'America Latina, fu per molto tempo coltivato a scopo ornamentale visto che si credeva non fosse commestibile.

Conserva di pomodoro

Con l'inizio del 900, iniziò la coltivazione intensiva assieme alla trasformazione e la conservazione industriale. Ormai chi immagina la vita senza i pomodori?

Salsa di pomodoro: la ricetta

3 kg di pomodori perini
8 spicchi d'aglio
10 foglie di basilico
5 cucchiai di olio extra vergine d'oliva
sale


Lavate i perini e metteteli in acqua bollente per 5/8 minuti.
Scolateli e levate loro la buccia.

Tagliateli a pezzetti e metteteli a scolare per un'ora. Io non li passo e non tolgo i semini perché mi non mi piace molto la consistenza da conserva/passata di pomodoro.
Scaldate l'olio e l'aglio in una grande pentola di acciaio e poi versate i pomodori.
Coprite e lasciate cuocere a fuoco bassisimo (meglio ancora se avete un diffusore di calore) per almeno tre ore.
Mescolate di quando in quando. Spegnete il fuoco, unite il basilico (qualche peproncino se vi piace), salate e lasciate lì per una notte. In questo modo la salsa, bella densa, si insaporirà per bene.
Il giorno dopo riportate a bollore e invasate in barattoli caldi e precedentemente sterilizzate (capsule nuove mi raccomando). Girateli, dopo un'ora rimetteteli dritti e copriteli con un canovaccio o con una coperta ... dopo un po' sentirete il clic del sottovuoto.
Se non vi fidate bollite i vasetti come si fa per le marmellate, ma l'acido naturale del pomodoro e la lunga cottura uccidono le spore del botulino.


Nonostante c'è sempre chi "vuo' fa' ll'americano" e ne prescinde, peggio per loro...

Dal film "Un americano a Roma" di Steno, con Alberto Sordi



Splendido Renato Carosone con i suoi ragazzi.

venerdì 30 ottobre 2009

MORTE IN DIRETTA? BASTA!

Diffuso attraverso la rete Internet un video, che riprende l’esecuzione in diretta avvenuta nel quartiere Sanità di Napoli lo scorso 11 maggio 2009.

E’ stato ripreso da una telecamera l’omicidio avvenuto nel mese di maggio che vede coinvolto Mariano Bacio Terracino, fedelissimo rapinatore del clan Misso, accusato sia dell’omicidio di uno dei boss Moccia, che di una relazione con la moglie di un luogotenente di camorra.

Questi, secondo gli inquirenti, le motivazioni che hanno spinto i mandanti a firmare la condanna a morte del Terracino, giustiziato con 3 colpi di pistola alla nuca ed alla testa, da un freddo ed esperto killer, che si dilegua immediatamente dopo l’esecuzione avvenuta in pieno giorno.

Il video, finora a disposizione delle forze dell'ordine, è stato reso pubblico, assieme ad un appello dei carabinieri che chiedono, a tutti coloro sappiano qualcosa, di aiutare ad identificare i colpevoli. Come prevedibile il video in pochissime ore è già spopolato su siti come YouTube e Facebook.

Consapevoli della forte omertà che aleggia a Napoli, gli investigatori sperano di trovare utili informazioni proprio sul social network, all’interno del quale utenti con nome fittizio, potrebbero rilasciare importanti informazioni che possano dare un’importante svolta alle indagini.

Le immagini sono durissime e abbiamo deciso di non mostrarle "in diretta". Potete vederle qui, con un commento di Roberto Saviano. Coraggio!


Che ne pensate?

lunedì 26 ottobre 2009

Ancora Tornatore

Benvenuti a Baarìa, terra “camurriusa”
di Antonia Arrabito Step1, 24 Ott. 2009

Dopo l'omaggio alla XXX Mostra del Cinema del Mediterrani a Valencia, vi proponiamo l'ultimo film di Giuseppe Tornatore, in proiezione in Italia da quasi un mese: “ Baarìa”, il nuovo film di Tornatore candidato all'Oscar riempie le sale cinematografiche ma divide critica e pubblico, “steppini” compresi. Dopo le perplessità, ecco gli elogi
- Tra le tessere di Baarìa


venerdì 16 ottobre 2009

Libro vs ebook

Tano Gullo 15 Ott. 2009

Riprendiamo da Repubblica Palermo la recensione del libro "Potere di Link" di Rosa Maria Di Natale. Il volume sarà presentato a Catania il prossimo 18 gennaio

domenica 4 ottobre 2009

IX SETTIMANA DELLA LINGUA ITALIANA NEL MONDO

L'ITALIANO TRA SCIENZA, ARTE E TECNOLOGIA

Dal 19 al 21 Ottobre 2009

Lunedì, 19 ottobre, ore 18.00, Sala de Juntas, Filologia:
Presentazione e proiezione del film Galileo,
di Liliana Cavani, incentrato sulla figura del
grande scienziato italiano



Martedì, 20 ottobre, ore 18.00, Sala de Juntas, Filologia:
Presentazione e proiezione del film
I colori dell’anima, di Andy Garcia, che
rappresenta la vita del famoso pittore
italiano Amedeo Modigliani



Mercoledì, 21 ottobre, ore 12.00, aula 401, Filologia:
Conferenza su Leonardo da Vinci, tenuta dal
Professor Alessandro Castro, dal titolo
Il Codice Romanoff di Leonardo da Vinci.


Mercoledì, 21 ottobre, ore 18.00, Sala de Juntas, Filologia:
Presentazione e proiezione della pellicola
Il mago delle onde, di Alessandro
Giupponi
, documentario sull’inventore
della radio, Guglielmo Marconi


Siete tutti quanti invitati. Vi aspettiamo!

sabato 3 ottobre 2009

STAMPA E STUDENTI

Ai miei studenti (che non leggono i giornali)
di Grazia Priulla*, Step1, 21/09/09

La manifestazione nazionale per la libertà di stampa si terrà a Roma il 3 ottobre. Un segno di vitalità, un’occasione per capire che i diritti vanno continuamente difesi e protetti. Ma questo messaggio arriverà ai ragazzi di 18 o 20 anni?

mercoledì 23 settembre 2009

CONTRO LA VIOLENZA OMOFOBA

«Sono gay, puoi sorridermi»
di Morgan Caldarera, Step1

Venerdì scorso per le strade di Catania «Una giornata particolare». Una serie di flash mob contro la violenza omofoba che dilaga in Italia e, nel pomeriggio, un lungo bacio in piazza Stesicoro

venerdì 19 giugno 2009

MIA TRISTE ITALIA



Sotto riproduciamo un articolo di Juan Arias pubblicato sul giornale EL PAÍS. Anche se in lingua spagnola e un po' lungo per il nostro formato, pensiamo che meriti esser letto da tutti i magnabloggher.







Un país que fue bandera de libertad y cultura es presidido hoy por un político que censura la información que no le interesa. ¿Qué le ha pasado a Italia? ¿Por qué es tan difícil de reconocer para quienes la aman?

Viví en Italia más que en España: cerca de 50 años. A ese país, que reúne el 36% del arte del planeta según la Unesco, le debo mucho humana y culturalmente. En Italia, donde hice mis estudios, donde respiré por primera vez los aires puros de la libertad -llegado muy joven desde el país de las censuras, de las condenas a muerte arbitrarias, de la inexistencia de partidos políticos-, me dieron la nacionalidad por méritos culturales. Allí voté por primera vez en mi vida. Tenía ya más de 40 años. En España no se votaba, sólo se vivía el terror.

Recordaré siempre aquella mañana en que, por fin, pude introducir mi papeleta en el secreto de una urna. Mi voto, me dijeron, valió miles. Eran unas elecciones en las que los italianos empezaban a cansarse de los políticos, lo que incitaba a no votar. La RAI me entrevistó preguntándome qué sentía un español que podía votar por primera vez. Hablé de mi evidente emoción y me atreví a pedir a los que estaban pensando en no acudir a la cita con las urnas que lo hicieran para resarcir mi pena de no haber podido votar en tantos años. Me llamaron después de la radio para decirme que miles de personas, incluso algunas familias enteras, querían que yo supiera que habían ido a votar por mí.

Italia malata

En Italia pude publicar lo que no podía publicar en mi país. Me abrieron las puertas sus revistas y periódicos. Gocé del privilegio de conocer, tratar y entrevistar a los personajes de la literatura y del arte que hicieron grande en aquel momento al país de Dante y de Leonardo, gente como Fellini, Passolini, Sciascia, Italo Calvino; a estilistas como Valentino, Armani, Missoni; a grandes empresarios como Agnelli o Pirelli; a magníficos editores como Einaudi o Feltrinelli... Y hasta a políticos dignos como Berlinguer o Moro o jueces valientes como Falcone, con quien conversé meses antes de ser asesinado. En mi encuentro con el juez Falcone nos rodeaba una nube de policías armados hasta los dientes y de sirenas desplegadas. "Es todo teatro. Cuando la Mafia lo decida, me matarán igualmente", me dijo el magistrado despidiéndose con una media sonrisa triste. Lo mataron.

Era aquella una Italia que yo amaba apasionadamente y en cuya lengua escribí mis primeros libros. Hasta que llegó Silvio Berlusconi. Lo vi aterrizar en Palermo, capital de Sicilia, corazón de la Mafia, en helicóptero, como un dios pagano. Eran sus primeras elecciones. Pocos creían que aquel histrión, que nunca había estado en la política, en un país tan politizado como lo era Italia, podría ganar. Yo pronostiqué en el periódico que ganaría. Vi aquella mañana en Palermo a casi medio millón de personas levantando los brazos hacia el helicóptero que traía al Salvador.

La Mafia siciliana había cambiado de bandera. Acababa de abandonar a la poderosa Democracia Cristiana, hasta entonces su señora, para ofrecerle el beso y sus votos al empresario del que decían que tenía el arte mágico de crear empleos de la nada. Italia aquel día empezó a entrar en el túnel de la degeneración. Yo me volví a España.

Ahora veo, como en una pesadilla, que los italianos, que a mí me habían otorgado el placer de la libertad de información y expresión, tienen que leer EL PAÍS para poder saber las desvergüenzas cometidas por su Cavaliere. ¿Dónde quedó aquella Italia a la que el mundo amaba y admiraba?

Italia me defendió cuando uno de los Gobiernos de Franco intentó procesarme por un artículo publicado sobre el comportamiento de la Iglesia española durante la dictadura militar. Me convocaron a Madrid. Me recibió el entonces ministro Girón. En su casa. Me contó que un ministro llevó mi artículo a un Consejo de Ministros pidiendo mi cabeza. Franco se limitó al final del Consejo a llamar al ministro Girón y le dijo: "Dejen a ese chico, porque si no lo van a hacer un mártir en Italia. Pero llámele y cuéntele". Era un aviso claramente mafioso. Así era entonces España. Así es hoy, o casi, Italia.

En mis noches sin sueño, me pregunto cómo pudo haberse llevado a cabo tal metamorfosis. Cómo se llegó a esta mi triste Italia actual. Sólo puedo hacerme algunas preguntas tras mi larga experiencia italiana. ¿Por qué ganó Berlusconi por primera vez, cuando ya circulaba un libro sobre sus fechorías e ilegalidades como empresario de la construcción en Milán? ¿Por qué los socialistas de Bettino Craxi, que acabó muriendo en el exilio, buscado por corrupción, cuando llegaron al poder le permitieron a Berlusconi crear su imperio televisivo contra todas las normas de la Constitución? ¿Qué hicieron, o no hicieron, los comunistas, herederos del severo y honrado Berlinguer, cuando después de más de 40 años luchando para llegar al poder lo consiguieron y actuaron tan mal que los italianos volvieron a llamar a Berlusconi? ¿En qué defraudaron a los italianos? ¿Por qué perdieron tan pronto las esencias del que había sido el mayor partido comunista de Europa, el del Eurocomunismo, y que reunía bajo sus alas y protegía de la mediocridad de la derecha a toda la inteligencia, todo el arte y toda la cultura del país? Un partido, insisto, que tenía como líder a un Berlinguer siempre tímido y escondido, como legítimo hijo de la austera Cerdeña, pero recto, digno y tan amado que el día de su muerte se paralizó la ciudad de Roma y dos millones de personas se volcaron en las calles como si su selección nacional hubiera ganado un mundial de fútbol.

Fui en aquella época un crítico severo de la entonces poderosa Democracia Cristiana, que llevaba 40 años en el poder y que acabó barrida al pagar sus escándalos de corrupción. Hoy, a tantos años de distancia, tengo que reconocer que lo que vino después fue peor. Está a la vista de todos. La Democracia Cristiana, profundamente conservadora, poseía, sin embargo, un profundo respeto por la libertad de expresión de los periodistas. Conservo aún algunos tarjetones escritos con la letra grande de Fanfani y la menuda de Andreotti, ambos repetidas veces presidentes del Gobierno. Cada vez que publicaba un artículo crítico sobre uno u otro, llegaba a mi oficina en Roma un motorista llevándome uno de esos tarjetones, en los que me agradecían el haber escrito sobre ellos.

Cuando España estaba para entrar en la Unión Europea, el ministro de Asuntos Exteriores de Italia era Andreotti. En la Embajada de Italia en Madrid, alguien más papista que el Papa decidió hacer un estudio de mis crónicas, concluyendo que era excesivamente crítico con los políticos italianos. Llamaron al embajador de España en Roma y, con evidente cuño mafioso, le recordaron que Italia era fundamental para que España entrara en la Comunidad Europea y que no les gustaban mis crónicas.

La noticia llegó a los oídos de Andreotti, que ignoraba el hecho. Aquella mañana, me llamó para ofrecerme una entrevista. Me recibió con los brazos abiertos. No se habló del asunto suscitado por la Embajada italiana en Madrid. Me contó anécdotas inéditas de sus relaciones con el entonces papa Juan Pablo II. Me dijo que el Papa polaco lo invitaba a veces a comer o a cenar con él y hasta a asistir a la misa en su capilla privada. Antes de despedirme, me autografió un libro con estas palabras: "A mi querido colega periodista Juan Arias, con amistad". Andreotti se jactaba siempre de ser periodista de profesión. Ya en la puerta me dijo: "España va a ser muy importante en la Comunidad Europea. Yo la voy a apoyar". Lo hizo.

Andreotti, no obstante, solía decir que a los políticos españoles les faltaba finezza. Tristemente, esa finezza a quienes les falta hoy es a tantos políticos italianos, empezando por su presidente y su corte faraónica, que tienen horror y pánico de la información libre.

Quizá no sea verdad que a los italianos les guste tanto Berlusconi -no por lo menos a los italianos que yo conozco-, quizá es que tampoco les gustan demasiado los otros políticos. A esos otros, yo les di el primer voto de mi vida. Cosa triste, como diría Saramago.

Juan Arias. EL PAÍS. 15/06/2009