All’inizio del 2008 erano tra i 3,8 e i 4 milioni gli immigrati regolari in Italia, con una incidenza del 6,7% sul totale della popolazione, leggermente al di sopra della media Ue. È la stima fatta dalla Caritas italiana e dalla Fondazione Migrantes nel XVIII dossier statistico presentato a Roma (qui il .pdf della scheda di presentazione): cifre che sono lievemente superiori a quelle stimate dall’Istat, secondo il quale i cittadini stranieri residenti all’inizio del 2008 erano quasi 3,433 milioni, comunitari inclusi.
La prima collettività, raddoppiata in due anni, è quella romena con 625.000 residenti e, secondo la stima del Dossier, quasi 1 milione di presenze regolari, seguita da quella albanese (402.000) e marocchina (366.000); un poco al di sopra e un poco al di sotto delle 150 mila unità si collocano, rispettivamente, le collettività cinese e ucraina. A guadagnare anche in termini percentuali sono stati gli europei (52,0%), mentre gli africani mantengono le posizioni raggiunte (23,2%) e gli asiatici (16,1%) e gli americani (8,6%) perdono almeno un punto percentuale. Tradotto: sono immigrati una persona ogni 15 residenti, una ogni 15 studenti, quasi una ogni 10 lavoratori occupati; inoltre, in un decimo dei matrimoni celebrati in Italia, è coinvolto un partner straniero, così come un decimo delle nuove nascite va attribuito a entrambi i genitori stranieri.
In cifre, spiega il rapporto, si parla di quasi 800.000 minori, più di 600.000 studenti, più di 450.000 persone nate da noi, più di 300.000 diventate cittadini italiani dal 1996, più di 150.000 imprenditori ed il doppio se si tiene conto anche dei soci e delle altre cariche societarie.
Il dossier analizza anche l’andamento dei flussi nell’ultimo triennio: nel periodo 2005-2007 sono state presentate circa 1,5 milioni di domande di assunzione di lavoratori stranieri da parte delle aziende e delle famiglie italiane. Per la precisione 251.000 nel 2005, 520.000 nel 2006 e 741.000 nel 2007, con una incidenza, rispetto alla popolazione straniera già residente, prima del 10%, poi del 20% e nel 2007 del 25%, ma addirittura del 33% rispetto ai lavoratori stranieri già occupati. I flussi registrati nell’ultimo decennio, spiega la Caritas, sono tra i più alti nella storia d’Italia, paragonabili, se non superiori, al consistente esodo verso l’estero degli italiani nel secondo dopoguerra. L`immigrazione è dunque “sostanzialmente di segno positivo e concorre fortemente a porre rimedio alle lacune del nostro paese”, che sta diventando sempre più vecchio.
Gli immigrati sono una popolazione giovane: l’80% ha meno di 45 anni, mentre sono molto pochi quelli che hanno superato i 55 anni. Inoltre, il tasso di fecondità delle donne straniere è in grado di assicurare il ricambio della popolazione (2,51 figli per donna), a differenza di quanto avviene tra le italiane (1,26 figli in media).
Nel 2007, poiché non è stata integrata la quota iniziale di 170.000 nuovi ingressi, si può ipotizzare tenuto conto delle domande presentate - spiega il dossier Caritas-Migrantes - la presenza di almeno mezzo milione di persone già insediate in Italia e inserite nel mercato del lavoro nero, e a volte sprovviste di permesso di soggiorno. “A regolamentare i flussi in entrata non potranno essere i Centri di identificazione e di espulsione” sostiene la Caritas “e gli interventi repressivi, ma si richiede il supporto di interventi più organici”. Sempre nel 2007 le acquisizioni di cittadinanza sfiorano le 40.000 unità; le nuove nascite sono 64.000; gli studenti aumentano al ritmo di 70.000 l’anno; i minori tra nuovi nati e venuti dall’estero sono più di 100.000; le nuove assunzioni “ufficiali” sono più di 200.000 l’anno; l’aumento minimale della popolazione immigrata si aggira sulle 350.000 unità. Un’elevata presenza si registra presso le famiglie per l’assistenza (le “Sante badanti a cui Panorama ha dedicato un’approfondita inchiesta), nell’edilizia, nelle fabbriche e in determinati servizi ed è riscontrabile una diffusione crescente anche in altri settori: nei trasporti, nei bar, negli alberghi, negli uffici. E gli immigrati hanno un tasso di attività (73%) di 12 punti più elevato degli italiani e sono creatori di ricchezza: concorrono per il 9% alla creazione del Pil (stima Unioncamere), coprono abbondantemente le spese sostenute per i servizi e l’assistenza con 3,7 miliardi di euro utilizzati come gettito fiscale (stima Dossier).
Non solo: crescono anche gli investimenti per l’acquisto della casa: tra gli italiani 8 su 10 sono proprietari di casa, mentre tra gli immigrati lo è solo 1 su 10, ma il divario è in continua diminuzione. Il nostro paese si colloca in Europa tra quelli al vertice per numero di immigrati e la dimensione globale delle grandi città italiane anticipa quello che sarà il futuro nel resto del paese. A Milano l’incidenza degli stranieri è del 14% e 1 ogni 4 è minore (quasi 50.000 su un totale di 200.000), mentre a Roma l’incidenza si attesta sul 10% e l’intera popolazione immigrata raggiunge le 300.000 unità.
La prima collettività, raddoppiata in due anni, è quella romena con 625.000 residenti e, secondo la stima del Dossier, quasi 1 milione di presenze regolari, seguita da quella albanese (402.000) e marocchina (366.000); un poco al di sopra e un poco al di sotto delle 150 mila unità si collocano, rispettivamente, le collettività cinese e ucraina. A guadagnare anche in termini percentuali sono stati gli europei (52,0%), mentre gli africani mantengono le posizioni raggiunte (23,2%) e gli asiatici (16,1%) e gli americani (8,6%) perdono almeno un punto percentuale. Tradotto: sono immigrati una persona ogni 15 residenti, una ogni 15 studenti, quasi una ogni 10 lavoratori occupati; inoltre, in un decimo dei matrimoni celebrati in Italia, è coinvolto un partner straniero, così come un decimo delle nuove nascite va attribuito a entrambi i genitori stranieri.
In cifre, spiega il rapporto, si parla di quasi 800.000 minori, più di 600.000 studenti, più di 450.000 persone nate da noi, più di 300.000 diventate cittadini italiani dal 1996, più di 150.000 imprenditori ed il doppio se si tiene conto anche dei soci e delle altre cariche societarie.
Il dossier analizza anche l’andamento dei flussi nell’ultimo triennio: nel periodo 2005-2007 sono state presentate circa 1,5 milioni di domande di assunzione di lavoratori stranieri da parte delle aziende e delle famiglie italiane. Per la precisione 251.000 nel 2005, 520.000 nel 2006 e 741.000 nel 2007, con una incidenza, rispetto alla popolazione straniera già residente, prima del 10%, poi del 20% e nel 2007 del 25%, ma addirittura del 33% rispetto ai lavoratori stranieri già occupati. I flussi registrati nell’ultimo decennio, spiega la Caritas, sono tra i più alti nella storia d’Italia, paragonabili, se non superiori, al consistente esodo verso l’estero degli italiani nel secondo dopoguerra. L`immigrazione è dunque “sostanzialmente di segno positivo e concorre fortemente a porre rimedio alle lacune del nostro paese”, che sta diventando sempre più vecchio.
Gli immigrati sono una popolazione giovane: l’80% ha meno di 45 anni, mentre sono molto pochi quelli che hanno superato i 55 anni. Inoltre, il tasso di fecondità delle donne straniere è in grado di assicurare il ricambio della popolazione (2,51 figli per donna), a differenza di quanto avviene tra le italiane (1,26 figli in media).
Nel 2007, poiché non è stata integrata la quota iniziale di 170.000 nuovi ingressi, si può ipotizzare tenuto conto delle domande presentate - spiega il dossier Caritas-Migrantes - la presenza di almeno mezzo milione di persone già insediate in Italia e inserite nel mercato del lavoro nero, e a volte sprovviste di permesso di soggiorno. “A regolamentare i flussi in entrata non potranno essere i Centri di identificazione e di espulsione” sostiene la Caritas “e gli interventi repressivi, ma si richiede il supporto di interventi più organici”. Sempre nel 2007 le acquisizioni di cittadinanza sfiorano le 40.000 unità; le nuove nascite sono 64.000; gli studenti aumentano al ritmo di 70.000 l’anno; i minori tra nuovi nati e venuti dall’estero sono più di 100.000; le nuove assunzioni “ufficiali” sono più di 200.000 l’anno; l’aumento minimale della popolazione immigrata si aggira sulle 350.000 unità. Un’elevata presenza si registra presso le famiglie per l’assistenza (le “Sante badanti a cui Panorama ha dedicato un’approfondita inchiesta), nell’edilizia, nelle fabbriche e in determinati servizi ed è riscontrabile una diffusione crescente anche in altri settori: nei trasporti, nei bar, negli alberghi, negli uffici. E gli immigrati hanno un tasso di attività (73%) di 12 punti più elevato degli italiani e sono creatori di ricchezza: concorrono per il 9% alla creazione del Pil (stima Unioncamere), coprono abbondantemente le spese sostenute per i servizi e l’assistenza con 3,7 miliardi di euro utilizzati come gettito fiscale (stima Dossier).
Non solo: crescono anche gli investimenti per l’acquisto della casa: tra gli italiani 8 su 10 sono proprietari di casa, mentre tra gli immigrati lo è solo 1 su 10, ma il divario è in continua diminuzione. Il nostro paese si colloca in Europa tra quelli al vertice per numero di immigrati e la dimensione globale delle grandi città italiane anticipa quello che sarà il futuro nel resto del paese. A Milano l’incidenza degli stranieri è del 14% e 1 ogni 4 è minore (quasi 50.000 su un totale di 200.000), mentre a Roma l’incidenza si attesta sul 10% e l’intera popolazione immigrata raggiunge le 300.000 unità.
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