'Buried' porta il buio al Sundance 94 minuti di un incubo da cult
di KATIA RICCARDI
PARK CITY - Novantaquattro minuti in una bara. Novanta di ossigeno. Un conto alla rovescia infinito illuminato da un accendino, una candela e dalla luce di un cellulare. Un solo attore sepolto (Ryan Reynolds) e la guerra fuori, sulla terra, nel deserto di un Iraq quasi invitante in confronto al buio. L'idea è del regista spagnolo Rodrigo Cortés, 36 anni, che ha presentato Buried al Sundance Festival di Robert Redford. Il risultato è che il suo film, il settimo della carriera, ha convinto tutti. Di più, ha esaltato critici e pubblico. "Ho pensato. Qual è il film più economico che posso fare con il minor numero possibile di attori e solo una location?", ha detto Cortés prima che la pellicola fosse proiettata. "Ecco. E' stata più o meno questa l'idea che ha portato al concepimento di Buried".
Il critico cinematografico Alex Billington è tornato a casa dopo la prima proiezione notturna di Buried e si è messo a scrivere. La sua recensione è esaltante. Tanto da non voler in alcun modo raccontare lo svolgimento del film. Le sue parole si accavallano emozionate, entusiaste, veloci: "Il film è fenomenale" ha scritto.
Del progetto si parlava da un anno, che il regista riuscisse a realizzarlo però non era scontato. Al contrario, un'ora e mezza in una bara è un'impresa impossibile. Tanto che nessuno in Rete si sta prendendo la responsabilità dello spoiler. Nessuno racconta la trama nei particolari, nessuno rivela il finale. Sarebbe irrispettoso come ai tempi sarebbe stato criminale rivelare il colpevole dei Soliti sopetti o l'ultimo minuto del Sesto senso.
Quello che si sa di Buried è che l'unico attore, Ryan Reynolds (Nines; X men le origini: Wolverine; The proposal; Paper Man ma anche Scrubs, oltre che marito di Scarlett Johansson) è un camionista in Iraq che, attaccato, si risveglia in una bara, sotterrata. Al buio e dopo aver urlato per i primi cinque minuti, trova un accendino e il suo cellulare. Così comincia il film e questo ci è dato sapere.
Ma la sceneggiatura, la regia, la recitazione e la storia promettono di essere già un cult. La critica lo ha definito "incredibilmente intenso" dal primo momento ai titoli di coda. Senza effetti speciali e senza le tre dimensioni, Buried è buio, claustrofobico, illuminato da una fiamma tremoltante e dal display di un cellulare. Minimale, reale e senza blu né salti nel vuoto. Il miracolo di Buried è l'identificazione totale del pubblico nel protagonista. E un finale che rende il film un capolavoro di cui, sostengono gli esperti, sentiremo parlare nei prossimi anni. Prima della visione lo stesso Reynolds ha avvertito il pubblico di Park City: "Spero che a voi questo film piaccia tanto quanto io ho odiato girarlo".
Il critico cinematografico Alex Billington è tornato a casa dopo la prima proiezione notturna di Buried e si è messo a scrivere. La sua recensione è esaltante. Tanto da non voler in alcun modo raccontare lo svolgimento del film. Le sue parole si accavallano emozionate, entusiaste, veloci: "Il film è fenomenale" ha scritto.
Del progetto si parlava da un anno, che il regista riuscisse a realizzarlo però non era scontato. Al contrario, un'ora e mezza in una bara è un'impresa impossibile. Tanto che nessuno in Rete si sta prendendo la responsabilità dello spoiler. Nessuno racconta la trama nei particolari, nessuno rivela il finale. Sarebbe irrispettoso come ai tempi sarebbe stato criminale rivelare il colpevole dei Soliti sopetti o l'ultimo minuto del Sesto senso.
Quello che si sa di Buried è che l'unico attore, Ryan Reynolds (Nines; X men le origini: Wolverine; The proposal; Paper Man ma anche Scrubs, oltre che marito di Scarlett Johansson) è un camionista in Iraq che, attaccato, si risveglia in una bara, sotterrata. Al buio e dopo aver urlato per i primi cinque minuti, trova un accendino e il suo cellulare. Così comincia il film e questo ci è dato sapere.
Ma la sceneggiatura, la regia, la recitazione e la storia promettono di essere già un cult. La critica lo ha definito "incredibilmente intenso" dal primo momento ai titoli di coda. Senza effetti speciali e senza le tre dimensioni, Buried è buio, claustrofobico, illuminato da una fiamma tremoltante e dal display di un cellulare. Minimale, reale e senza blu né salti nel vuoto. Il miracolo di Buried è l'identificazione totale del pubblico nel protagonista. E un finale che rende il film un capolavoro di cui, sostengono gli esperti, sentiremo parlare nei prossimi anni. Prima della visione lo stesso Reynolds ha avvertito il pubblico di Park City: "Spero che a voi questo film piaccia tanto quanto io ho odiato girarlo".
la Repubblica.it 25 gennaio 2010
Nessun commento:
Posta un commento